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LA PRIMA SOMMINISTRAZIONE AL LONG ISLAND JEWISH MEDICAL CENTER 

Al via la vaccinazione anti-Covid negli Usa
"Luce in fondo al tunnel, ma è ancora lunga" 

Sandra Lindsay, infermiera di terapia intensiva del Long Island Jewish Medical Center di New York, è la prima persona negli Stati Uniti a ricevere il vaccino contro il coronavirus. “Mi sento benissimo. Mi sento sollevata. Spero che questo segni l'inizio della fine di un periodo molto doloroso della nostra storia. Voglio infondere nell'opinione pubblica la fiducia che il vaccino è sicuro”, ha dichiarato Lindsay dopo aver ricevuto il vaccino Pfizer-BioNTech. “Siamo in una pandemia, quindi tutti dobbiamo fare la nostra parte”, ha aggiunto Lindsay in diretta televisiva. “Abbiamo visto ben oltre 100mila pazienti affetti da Covid-19, e a un certo punto, in aprile, ne avevamo più di 3.500 nei nostri ospedali. - ha dichiarato il direttore della struttura Michael J. Dowling - siamo il più grande sistema sanitario di New York. E siamo molto, molto orgogliosi del nostro personale che è in prima linea e, naturalmente, del personale in prima linea di tutti gli ospedali e di tutte le strutture della regione. Il loro lavoro è spettacolare. Sono loro i veri eroi”. “Quando usiamo la parola eroi - ha aggiunto il governatore di New York Andrew Cuomo, assistendo in diretta alla vaccinazione - non la intendiamo con leggerezza, ma in modo profondo e sincero. Quello che fate, presentarvi ogni giorno in prima linea, siete davvero eroi”.
Ci vorranno mesi prima che il vaccino raggiunga la massa critica, ha aggiunto Cuomo parlando delle dosi necessarie per vaccinare l'intera popolazione. “Questa è la luce alla fine del tunnel, ma il tunnel è ancora lungo”, ha sottolineato il governatore, ricordando al pubblico di continuare a seguire le linee guida di distanziamento sociale.
Fondato nel 1949, il Long Island Jewish Medical Center fa parte della rete sanitaria Northwell Health e rappresenta uno dei complessi ospedalieri più importanti dell'area di New York. Non solo, sin dalla sua nascita è diventato un modello di integrazione e lotta contro ogni discriminazione. Come racconta un saggio sulla storia del Long Island Jewish Medical Center, la sua realizzazione fu la naturale risposta alla crescita della Comunità ebraica nell'area di New York. Ma anche “un modo per contrastare la discriminazione decennale contro studenti di medicina e i medici ebrei durante la prima metà del XX secolo”. 

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JCIAK - IL FILM ORA DISPONIBILE ANCHE IN STREAMING

Mank, anticonformista alla conquista di Hollywood

Nel 1971 la critica cinematografica Pauline Kael annunciò sul New Yorker che Orson Welles non meritava alcun credito per la sceneggiatura di Quarto potere. L’autore era invece Henry J. Mankiewicz, che solo dopo una penosa controversia aveva ottenuto di essere menzionato come coautore. L’articolo di Kael, così lungo e dettagliato da uscire in due puntate, ebbe l’effetto di resuscitare un vecchio vespaio e le polemiche esplosero furibonde. Cinquant’anni dopo il sapore acre di quella storia torna a noi in Mank di David Fincher, con Gary Oldman, Tom Burke e Amanda Seyfried, da qualche giorno su Netflix dopo una distribuzione limitata nelle sale. Il regista, già autore di classici come Seven, Fight Club, Zodiac e Social Network, si basa sulla sceneggiatura scritta dal padre Jack Fincher che ricrea la traiettoria umana e professionale di Mankiewicz a partire dal saggio di Pauline Kael – nel frattempo screditato dagli studiosi e dagli amici di Welles, in primis il regista Peter Bogdanovich. 
Il film, girato in uno luminoso bianco e nero, ripercorre in un flashback i travagli che segnarono la genesi di Quarto potere (1941) e gli scontri fra Mankiewicz e Welles dopo l’unico Oscar assegnato al film – quello, neanche a farlo apposta, per la sceneggiatura. A raccontare la storia è lo stesso Mank, che con una gamba in gesso lavora allo script in un ranch isolato con l’aiuto di una segretaria (Lily Colllins) che fra le varie mansioni ha quella di tenerlo lontano dall’alcol. Sul filo del ricordo l’uomo torna all’amicizia con il magnate dell’editoria William Randolph Hearst e con il produttore Louis B. Mayer, alle notti di Hollywood e alla sua straordinaria carriera. 

Daniela Gross

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PAGINE DI STORIA CON ANNA FOA 

Adam Michnik e le ferite aperte della Polonia

Il direttore della Gazeta Wyboewza Adam Michnik, storico polacco, dissidente negli anni della dittatura comunista, nel 2007 uscì con il libro Il pogrom (Bollati Boringhieri), dedicato alle terribili violenze del 4 luglio 1946 a Kielce. Un libro di denuncia che parla di Polonia, di antisemitismo, della reazione complice della chiesa polacca al pogrom, di responsabilità impunite e di ferite ancora vive; un libro scelto dalla storica Anna Foa per l'ultima puntata di pagine di storia. “Kielce, città importante in Polonia in quel momento, prima della Shoah aveva 24mila ebrei. Dopo lo sterminio, gli ebrei scompaiono completamente e dopo la guerra ne ricompaiono circa 100-200. - racconta Foa - In parte vogliono emigrare in Palestina; in parte pensano invece di rientrare nelle proprie case. E questo, nella Polonia di quegli anni, scatena delle violenze terribili. Per gli ebrei chiedere di tornare nella casa che avevano avuto prima della Shoah e in cui si sono installati dei polacchi equivale praticamente a una condanna a morte. È un periodo questo, tra il 1945-46, di grandi violenze”, spiega Foa. Un periodo passato un po' sotto traccia, che Michnik avrà il merito di riportare sotto la lente della storia, di ricostruire passo dopo passo, denunciando responsabilità, complicità e silenzi.

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QUI CASALE MONFERRATO

Chanukkah, l’arte porta nuova luce

Prima domenica di Chanukkah: da vent’anni a Casale Monferrato una grande festa, cui partecipano centinaia di persona, porta un momento di luce anche nel segno delle nuove lampade destinate a entrare nella collezione, unica al mondo, del Museo dei Lumi.
Una tradizione rimodulata al tempo del Covid con un evento online lo stesso molto seguito. Le nuove lampade ci sono infatti anche quest’anno: otto bellissimi candelabri simbolo di questa festa illuminano la Sala Carmi. Sette sono destinati ad arricchire la straordinaria collezione del Museo. Una, antica, farà bella mostra di sé al museo degli argenti.
“Stiamo facendo una cosa insolita per una situazione insolita” ha spiegato Elio Carmi, presidente della Comunità ebraica casalese, che ha anche citato una riflessione del rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, sulla religione chiamata a “illuminare” e non a “bruciare” il mondo. 

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SEGNALIBRO

Origini e identità, la ricerca di Laura

Laura Forti è una nota drammaturga, tra le più rappresentate all’estero. Ma è soprattutto una scrittrice formidabile. Già ne aveva dato prova nel suo libro d’esordio, L’acrobata, dedicato alla figura di un cugino che fu eroe dell’opposizione cilena a Pinochet e che pagò quel coraggio con la vita.
Forse mio padre è un libro se possibile ancora più emozionante, che parte da una dolorosa presa di coscienza. La confessione resa dalla madre dell’autrice in punto di morte: l’uomo che l’ha cresciuta non è il suo padre biologico. Un sospetto diventa quindi certezza e l’inizio di un viaggio, fisico e interiore, che la porta a confronto con tutti i risvolti di questo non detto.
Con l’impossibilità di abbracciare il suo (forse) padre, ormai da tempo scomparso, ma anche con l’urgenza ormai diventata improcrastinabile di riempire il vuoto. Gli anni della guerra, le scelte del dopo tra speranze, rimorsi e frustrazioni, il complesso equilibrio tra identità e mondi diversi destinato drammaticamente a infrangersi. 

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OTTO GIORNI OTTO LUMI / 6

Studiare, fatica necessaria

Rabbì Chaim (Ha-Levi) Soloveitchik, noto anche come Chayym di Brisk (1853-1918), in riferimento al racconto talmudico del miracolo dell’olio, sostiene che non si sarebbe usciti d’obbligo dal dovere dell’accensione della Menorah (nei sette giorni in cui si è sviluppato il miracolo) perché fu usato “olio prodotto dal miracolo” e non olio prodotto dalla prima pigiatura a mano delle olive come indicato dalla Torah. L’olio prodotto dal miracolo non è il risultato della fatica dell’uomo e l’olio per la Menorah richiede questa fatica. Questo vale anche per lo studio della Torah. Infatti, il Gaon di Vilna (Rabbì Eliyahu ben Shelomò Zalman; 1720-1797) non voleva ricevere i significati profondi della Torà dai “Maghidim”, voci celesti che trasmettono a persone speciali i segreti della Torah, ma raggiungerli con la propria fatica nello studio.

Rav Adolfo Locci, rabbino capo di Padova 

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La schiena dritta
Dobbiamo ammetterlo: non ci siamo abituati. Corrado Augias rinuncia alla Legion d’onore per protesta contro il conferimento dello stesso titolo al presidente egiziano Al-Sisi, un dittatore che copre mafiosamente i suoi assassini di stato.
La Francia ha uno strano codice d’onore e uno strano senso della giustizia e dell’etica della democrazia. E la cosa sorprende perché, in effetti, avrebbe una bella storia alle spalle. Ma avevamo già avuto modo di sorprenderci, negli anni, quando aveva offerto asilo a perseguitati ‘politici’ quali Toni Negri e, vicenda tristemente recente, al terrorista e assassino confesso Cesare Battisti. A dimostrazione del fatto che anche la democrazia è soggetta a travisamento e a degrado.
Dario Calimani
L’unicità della Shoah
In un recente video apparso sul sito di un importante quotidiano si critica Yad Vashem perché considera giusti soltanto coloro che hanno aiutato gli ebrei durante la Shoah. Ho reperito un articolo di Yehuda Bauer su Haaretz, del 2016, che replica allo storico israeliano Daniel Blatman, il quale (sempre su Haaretz) aveva criticato pesantemente Yad Vashem accusandola di non occuparsi dei genocidi in generale, ma di concentrarsi sul solo genocidio del popolo ebraico.

Emanuele Calò
Nedelia e i giovani
Se n’è andata in punta di piedi, quasi all’improvviso, alla Casa di Riposo della Comunità ebraica torinese nella notte tra venerdì e sabato scorsi. Con la sua presenza sicura e gentile, con la sua opera sapiente e stimolatrice di insegnante, con la sua testimonianza intelligente ha significato molto per la Scuola ebraica e per tanti studenti delle scuole del Piemonte ai quali raccontava la sua vicenda di adolescente travolta dalle leggi razziste e dalla guerra. Da qualche anno Nedelia Lolli Tedeschi aveva lasciato il suo impegno di osservatrice critica di un’epoca, e certo si sentiva la mancanza del suo intervento sempre volto a coinvolgere e a far comprendere dall’interno. 
David Sorani
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