Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui        14 Gennaio 2020 - 17 Tevet 5780
PAGINE EBRAICHE - L'INTERVISTA A ROSY RUSSO, IDEATRICE DI PAROLE O_STILI

"Lotta alle parole ostili, una sfida educativa"

“Noi nasciamo con quest’inclinazione ad essere feroci: i social amplificano. Ma la nostra è una sfida educativa. Se tu insegni che certe cose non si fanno, allora non si fanno”.
È con queste sue parole che il Corriere della Sera presenta Rosy Russo, inserita tra le Cinquanta donne del 2019, insieme a scienziate del calibro di Amalia Ercoli Finzi e alla Testimone della Shoah e senatrice a vita Liliana Segre, per restare in Italia, o alla presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen, al premio Nobel per la letteratura Olga Tokarczuk o Greta Thunberg. Come quest’ultima Rosy Russo è definita “attivista”, e non sarebbe possibile una definizione più appropriata per questa triestina quasi cinquantenne che, dal nulla, ha creato Parole O_Stili.
Un po’ movimento dal basso, un po’ community online, Parole O_Stili è un progetto che ha l’ambizione di ridefinire lo stile con cui stare in rete, nato dall’esasperazione di una grande sognatrice che non pare capace di concepire che i suoi sogni possano restare incompiuti. Tenace, determinata, pragmatica, Rosy Russo con il suo Manifesto ha l’obiettivo di responsabilizzare ed educare gli utenti del web. Vuole portarli a scegliere forme di comunicazione non ostile, organizzando iniziative di sensibilizzazione e formazione che si rivolgono a tutti, partendo dall’idea che “virtuale è reale”: che l’ostilità in Rete ha conseguenze concrete nella vita delle persone. Era poco prima di ferragosto, tre anni e mezzo fa, e Rosy Russo ne aveva abbastanza dell’aggressività che vedeva montare in rete. Per una persona che si autodefinisce “Consulente di comunicazione, creativa dalla testa ai piedi, un po’ copywriter, un po’ social media manager, un po’ docente, un po’ consulente” lo spazio digitale è lo spazio del quotidiano, un luogo dove abitare bene è essenziale.
Starci male impensabile.

Quindi hai provato a cambiare le cose.
No, non subito, in realtà. Sono quotidianamente esposta a parole ostili per il lavoro che facciamo in agenzia (è fondatrice di SpazioUAU, agenzia di comunicazione e marketing) e quell’anno era davvero troppo. Così ho pensato di provare a chiedere ad alcuni amici se ero solo io a non poterne più di quel modo di vivere la rete o se anche loro facevano fatica. Ho scritto a una settantina di persone, sotto ferragosto, subito prima di staccare e andare in vacanza.

E cosa è successo?
Al rientro mi sono resa conto subito che la risposta era stata tale da non poter restare nell’ambito della conversazione privata, tra amici e colleghi. Uno soltanto mi aveva scritto di non essere interessato, e avevo ricevuto invece grandi confidenze su quanto soffrissero anche loro sul tema del digitale.

Avete deciso subito di attivarvi?
C’è stato un fittissimo scambio di mail, telefonate, messaggi… sino a quando ho lanciato la richiesta di segnalarmi tre cose da cui ripartire per vivere meglio la rete. Poi noi, in agenzia, abbiamo fatto la sintesi. Ne sono nati nove principi, ma abbiamo pensato che se doveva essere un progetto per la rete non potevamo non costruirlo con la rete. Così abbiamo aperto una pagina su Facebook. Pubblica, aperta a tutti, dove abbiamo presentato ciò a cui eravamo arrivati.

La risposta è stata positiva?
Più che positiva: abbiamo ricevuto in poco tempo migliaia di contributi. Con una ulteriore sintesi siamo arrivati a 24 principi. Era la fine dell’anno.
A gennaio li abbiamo rimessi in rete per farli votare, e abbiamo salvato i primi dieci.

Il manifesto…
Sì, e il 17 febbraio abbiamo presentato i nostri dieci punti, il nostro Manifesto della comunicazione non ostile. Abbiamo voluto farne un grande evento, e anche se non avevo mai gestito prima cose di quelle dimensioni siamo riusciti ad avere con noi diversi personaggi di peso, che ci hanno aiutati moltissimo ad attirare l’attenzione su quello che stavamo facendo.

Ada Treves, Pagine Ebraiche Gennaio 2020

L'INTESA FIRMATA DAL MEMORIALE DI MILANO, DI PARIGI E CDEC 

Dall'Italia alla Francia, un impegno comune
per la didattica e la ricerca sulla Shoah   

Un percorso di collaborazione nel segno della ricerca e della didattica della Shoah avviato da tempo e ora suggellato da un'intesa. Il Memoriale della Shoah di Milano, il Memoriale della Shoah di Parigi e il Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano hanno messo nelle scorse ore nero su bianco questo impegno comune, firmando una convenzione che creerà ufficialmente una partnership internazionale tra questi tre enti. A siglarla, il direttore del Memoriale di Parigi Jacques Fredj, il presidente del Memoriale di Milano Roberto Jarach e il presidente del Cdec Giorgio Sacerdoti. “La condivisione delle nostre esperienze è fondamentale: dalla formazione dei formatori, degli insegnanti, delle guide al lavoro di educazione dei giovani contro l'antisemitismo e le intolleranze”, ha sottolineato il presidente del Memoriale milanese Roberto Jarach, spiegando come stiano proseguendo i lavori per ultimare il progetto della struttura di piazza Edmond Safra – dove si è svolta la firma - che nel prossimo futuro accoglierà il Cdec. Un momento, hanno sottolineato in passato Jarach e Sacerdoti, che renderà il Memoriale sempre più snodo centrale per tutto ciò che concerne la didattica della Shoah e della ricerca sul fenomeno dell'antisemitismo. Uno snodo con un collegamento diretto con Parigi.

LE NUOVE PIETRE D'INCIAMPO

Roma e i segni delle ferite del nazifascismo

Salvatore Canalis nacque nel 1908 a Tula, un piccolo centro della provincia di Sassari. Ben presto si trasferì a Roma dove, dopo la Laurea in Lettere Classiche, lavorò come insegnante di Latino e Greco presso vari licei (Virgilio, Mamiani, Nazzareno e Convitto Nazionale) finché non diventò docente di ruolo presso il Liceo della Scuola Militare. A Roma fu felicemente sposato con una giovane fiamminga, dalla quale ebbe due figli. Dopo l’8 settembre 1943 si iscrisse al Partito D’Azione e svolse attività antifascista scrivendo per un giornale clandestino. La sera del 14 marzo 1944 quattro agenti della banda Koch lo prelevarono dalla sua abitazione. Dapprima fu portato in Questura, dopodiché alla Pensione Oltremare di San Gregorio al Celio, famigerato luogo di tortura. Il 24 marzo 1944 fu trasferito al carcere di Regina Coeli e infine alle Cave Ardeatine, dove fu trucidato.

LE NUOVE PIETRE D'INCIAMPO 

Torino, la Memoria fissata in strada 

A Torino la posa delle Stolpersteine di Gunter Demnig è ripresa per il sesto anno con ampia partecipazione dei giovani studenti delle scuole, che hanno ripercorso le vicende delle famiglie coinvolte. Questo evento dà il via al programma del Polo del ’900 e dei suoi enti partner per il Giorno della Memoria 2020.
Una giornata che si è aperta sul quotidiano La Stampa con numeri inquietanti di un’indagine sull’antisemitismo in Italia realizzata da Euromedia Research su incarico dell’Osservatorio Solomon: “L’1,3% (circa 700 mila italiani maggiorenni) pensa che la Shoah sia una leggenda e come tale mai esistita” ha sottolineato in un breve intervento il presidente della Comunità ebraica di Torino Dario Disegni. “I numeri della ricerca – ha poi aggiunto – ci portano a parlare di un antisemitismo non più latente, ma esplicito, che permane e si stratifica. Questo rende ancora più urgente il coinvolgimento delle giovani generazioni e della cittadinanza tutta ad iniziative come questa, che cerca di ripartire dalle microstorie per rendere più accessibile e fruibile la Storia nel suo insieme”.

Alice Fubini

LA RICERCA SUL PREGIUDIZIO 

Antisemitismo, numeri allarmanti

Suscitano allarme i numeri di una ricerca sull’antisemitismo condotta da Euromedia Research su incarico dell’Osservatorio Solomon. Mille gli intervistati nell’ambito di questa indagine, di cui sono stati diffusi in queste ore i risultati. Come emerge dal lavoro svolto da Euromedia Research l’1,3% degli italiani crede che la Shoah sia una leggenda, il 10,5% pensa che il dato consuntivo delle vittime (6 milioni di ebrei) sia in realtà assai inferiore e il 49% sostiene che gli ebrei siano una potenza finanziaria.

QUI ROMA - LA PROIEZIONE DEL FILM 

Jojo Rabbit, satira sul nazismo sul grande schermo 

“Sapevo di non voler fare un film drammatico sull’odio e sul pregiudizio perché siamo troppo abituati ormai a quel genere. Ho sempre creduto che la commedia sa il modo migliore per far sentire il pubblico a suo agio. Perciò, in Jojo Rabbit, coinvolgo il pubblico con la risata, e una volta che ha abbassato la guardia, inizio a inserirci piccole dosi di dramma che assumono un peso più rilevante”.
Taika Waititi presenta così Jojo Rabbit, il film Disney candidato a sei Premi Oscar, di cui è regista. Una strepitosa parodia del nazismo, dei suoi meccanismi e delle sue parole di odio, che si candida ad aprire una nuova strada nel racconto e nella trasmissione del valore della Memoria. Una favola nera, che ha per protagonista Jojo e il suo amico immaginario Adolf Hitler. Sostenitore fanatico del dittatore, Jojo farà poi una incredibile scoperta: sua madre nasconde una giovane ebrea perseguitata. E inizierà a ripensare molte cose.
Prolungati applausi ieri sera al Cinema Quattro Fontane, nel corso della proiezione in anteprima organizzata insieme alla Fondazione Museo della Shoah di Roma.

QUI ROMA - L'INIZIATIVA AL CONVITTO NAZIONALE

Dalla letteratura all'arte, strumenti di Memoria 

Tra gli istituti tradizionalmente più attivi in questo ambito, il Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II di Roma ha ospitato un evento dedicato al Giorno della Memoria che ha portato sul palco testimonianza, ricostruzione storica, ma anche il linguaggio della letteratura, dell’arte, della musica. Sul palco Tatiana Bucci, sopravvissuta ad Auschwitz assieme alla sorella Andra, che ha ricordato la sua drammatica esperienza ma anche rinnovato il suo messaggio di vita e speranza. Con lei anche lo storico Umberto Gentiloni e gli studenti che nelle diverse classi hanno sviluppato specifici progetti legati al 27 gennaio.

INFORMAZIONE - INTERNATIONAL EDITION

In viaggio per la Memoria

A vent’anni dalla prima edizione del Giorno della Memoria, tante le iniziative e le occasioni per mantenere vivo il ricordo della Shoah e promuovere la consapevolezza della devastazione causata da intolleranza e persecuzioni. Così l’ultima uscita di Pagine Ebraiche International Edition si apre con la notizia del viaggio organizzato dal Ministero dell’Istruzione in collaborazione con l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane che ha condotto oltre cento ragazzi delle scuole in Polonia accompagnati tra gli altri dal ministro Lucia Azzolina, dalla Presidente UCEI Noemi Di Segni e dal vicesegretario del Consiglio Superiore della Magistratura David Ermini. 
Torna poi anche quest’anno l’appuntamento con la Run For Mem, iniziativa sportiva non competitiva che mira a raccontare la storia locale durante gli anni del fascismo e della Seconda Guerra Mondiale con un percorso che ne tocca i luoghi salienti in ciascuna città: dopo Roma, Bologna e Torino, l’iniziativa sbarca quest’anno a Livorno, dove prenderà il via da Piazza Benamozegh il 26 gennaio.


Rassegna stampa

“Lotta alle parole dell’odio,
lavoriamo nelle scuole” 

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Speriamo nel contagio 
La foto di universitari iraniani che si rifiutano di calpestare l'immagine della bandiera israeliana dipinta sulla pavimentazione, frustrando così i desideri del regime, provoca un inatteso tuffo al cuore. Dunque, autarchia politica e culturale e sovranismi di varie specie soccombono di fronte all'intelligenza e al coraggio della gente comune. Ogni tanto, per fortuna, cade la maschera e mette a nudo il volto demagogico della politica.  
Intelligenza, autonomia di pensiero e coraggio. Speriamo nel contagio.
Dario Calimani
Una rettifica necessaria
Il 16 maggio 1967, il presidente egiziano Gamal Abdel Nasser ordinò, senza alcuna giustificazione, l’evacuazione dalla penisola del Sinai della Forza di Pace ONU, l’ONU ubbidì e Nasser impose un blocco navale. L’Egitto strinse un patto militare con Giordania, Irak, Algeria, Arabia Saudita, Libia e Marocco.
I media egiziani e non solo, esultarono per la prossima fine d’Israele. “Distruggeremo Israele ed i suoi abitanti, dichiarò il leader dell’OLP, Ahmed Shukeiri e “nei riguardi dei superstiti, se ve ne fossero, sono pronte le navi per deportarli”. Nei parchi di Gerusalemme si prepararono tombe collettive e molti soldati che andavano al fronte diedero pillole di cianuro alle mogli per il caso di sconfitta. 
Emanuele Calò
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Una pietra per Marisa
Marisa Ancona (1926-1945), dai banchi del Ginnasio Liceo “Cavour” di Torino a Bergen Belsen. Davanti al Liceo Classico Cavour di Corso Tassoni 15 oggi è stata posata una pietra d’inciampo a suo nome, nello stesso giorno in cui a Torino altri Stolpersteine sono stati posti da Gunter Demnig in memoria di Alessandro Colombo, Elena Colombo, Wanda Debora Foà Colombo, Francesco Staccione, Tranquillo Sartore.
Mi soffermo sulla storia di Marisa perché all’origine di questo piccolo grande gesto di ricordo c’è una ricerca d’archivio iniziata nell’anno scolastico 2017-18 da alcuni miei studenti della sezione musicale. Insieme alla collega Paola Picotto e a sei entusiasti alunni dell’allora III B cominciammo a sfogliare i registri delle iscrizioni al Regio Liceo-Ginnasio Camillo Benso Conte di Cavour del 1936-37, 1937-38, 1938-39, 1939-40.
David Sorani
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