se non visualizzi correttamente questo messaggio, fai click qui

11 settembre 2012 - 24 Elul 5772
linea
l'Unione informa
ucei 
moked è il portale dell'ebraismo italiano
 
alef/tav
linea
Roberto Della Rocca
Roberto
Della Rocca,
rabbino

Sabato scorso a Milano tornando a casa dal bet hakeneset ho registrato un profondo malessere in due miei amici attivisti  in passato del movimento HaShomer Hatzair. Il motivo di questo sofferto disagio era il non aver  potuto partecipare, con i loro figli,  a una gita fuori porta organizzata da ex shomrìm  in occasione dei vari festeggiamenti  legati al centenario del movimento. L'unica "colpa" di questi due esclusi, ma forse ce ne saranno stati altri, quella di essere osservanti dello shabbat. Sorgono  spontanee due domande: perché non organizzare queste iniziative di domenica? Perché un movimento che fa del socialismo e del pluralismo i suoi baluardi, i fondamenti della sua esistenza, si ritrova a emarginare? Per distrazione? O per pure questioni ideologiche? In un ebraismo italiano composto da tante persone che accampano sempre più sfacciatamente presunti diritti e  calpestano i propri doveri, la sensibilità e il rispetto per coloro, che seppur in minoranza, hanno scelto di percorrere una strada connotata dall'anticonformismo e dalla controtendenza, dovrebbe essere non solo garantita, ma rispettata e tutelata con orgoglio. E' triste e paradossale che un ebreo debba sentirsi emarginato da altri ebrei in ragione del suo sforzo di aderire ai fondamenti della propria tradizione e cultura. Mi chiedo con preoccupazione se queste scelte, anche se fatte in buona fede e per leggerezza, non costituiscano per i nostri figli un esempio di settarismo e discriminazione ideologica piuttosto che di quella solidarietà tanto invocata a parole. Si dovrebbe tornare a riflettere sulle discussioni dei primi sionisti, che si batterono, affinchè, in seno al nascente stato d’Israele, plurale e variegato, prevalesse il rispetto per la dignità e le scelte di ognuno. David Ben Gurion, nonostante fosse un convinto laico - seppur con una solida e vasta cultura ebraica -  in una delle più animate sedute della Keneset negli anni 50 in cui si discuteva  quali scelte avrebbe dovuto operare il nuovo Stato ebraico, disse che se in una caserma ci fossero stati 99 soldati che non mangiavano kasher e  uno solo che  avrebbe  invece mangiato kasher, tutta la caserma avrebbe dovuto essere kasher!

Dario
 Calimani,
 anglista



Dario Calimani
Epigoni della giornata sullo humour ebraico: Il governo israeliano sta dibattendo i gravi problemi, soprattutto economici, in cui si sta dibattendo il paese e non sa come uscirne. A un certo punto, un ministro prende la parola e dice: “Ho un’idea: dichiariamo guerra agli Stati Uniti. Risolveremo tutti i nostri problemi.” Tutti gli altri ministri lo guardano increduli: “Sei matto? Ci fanno fuori in mezz’ora.” “Esattamente”, risponde lui. “Così, come fanno sempre con quelli che sconfiggono, ci ricostruiscono il paese: strade, porti, ospedali; aiuti economici, assistenza tecnica, aiuti alimentari. Essere sconfitti dagli Stati Uniti è una vera manna!” Silenzio di tomba: tutti stanno pensando seriamente alla proposta. Poi, un ministro osa: “Sì, ma… supponi che vinciamo?” Mutatis mutandis: attualità dello humour. Persino il mondo del witz contempla le infinite possibilità del reale. Regaliamo un po’ di spazio alla ragione, e alla fantasia!

davar
Terremoto - Il formaggio perduto (e forse ritrovato)
Quando la scorsa estate il terribile sisma ha colpito l’Emilia Romagna e parte della Lombardia, le gigantesche forme di Parmigiano Reggiano precipitate dagli scaffali dei caseifici hanno fatto il giro del mondo: un potente simbolo della forza della natura capace di ridurre in briciole il frutto dell’ingegno umano, ma anche, grazie a una straordinaria mobilitazione di associazioni e catene di distribuzione per vendere il formaggio perduto mitigando il danno economico, un emblema della straordinaria voglia della gente emiliana di superare le difficoltà.
Eppure, se oggi non è più possibile trovare un singolo pezzo di Parmigiano kasher in tutto il mondo, la colpa non è del terremoto.
Il Parmigiano è uno dei più rinomati alimenti made in Italy, e gode di una certificazione di origine protetta a tutela del suo straordinario processo di produzione. Le tecniche sono tramandate di generazione in generazione fin dal Medioevo e devono essere rispettate rigorosamente per ottenere il marchio dal Consorzio del Parmigiano.
Qual è dunque l’ostacolo a una produzione kasher? Naturalmente il caglio, che deve essere di vitello. La questione è delicata non per il problema di mischiare carne e latte, perché “dal momento in cui la sostanza viene estratta dallo stomaco dell’animale a quello in cui viene utilizzato per produrre il formaggio, il caglio subisce tante e tali trasformazioni da non essere più considerato di carne” spiega il presidente dell’Assemblea dei rabbini d’Italia Elia Richetti. Tuttavia, essendo un ingrediente fondamentale per creare il Parmigiano, non è possibile che provenga da qualcosa che all’origine non era permesso mangiare. Pertanto è necessario usare un vitello macellato secondo le regole della kasherut. E i produttori di Parmigiano sono restii ad accettare un ingrediente che non arriva da fornitori di fiducia e di cui non possono controllare fino in fondo la qualità. Problema cui si aggiunge la necessità di predisporre impianti utilizzabili solo per la produzione kosher che rendono la stessa particolarmente costosa.
Ciononostante, il caseificio Fanticini di Reggio Emilia diversi anni fa accettò di mettersi in gioco. “La mia famiglia era nel settore dall’inizio del secolo scorso – racconta Irma Fanticini, 96 anni – Mio figlio Piero rappresenta la terza generazione di professionisti dell’arte casearia. Fu lui a decidere di produrre il Parmigiano kasher, ma quando è andato in pensione abbiamo venduto il caseificio e i nuovi proprietari hanno cessato la produzione”.
Fortunatamente per gli amanti del buon formaggio esiste un’alternativa di tutto rispetto al Parmigiano: il Grana Padano, che si differenzia dal primo solo per un regolamentazione leggermente più permissiva per l’alimentazione delle mucche che producono il latte da utilizzare e per i tempi di invecchiamento. Il Grana Padano viene prodotto kasher sotto la supervisione di rav Shalom Elmaleh “Vado al caseificio una volta al mese con il caglio di vitello kosher che mi fornisce specificamente un produttore privato. Le tecniche produttive per il resto sono identiche, altrimenti il consorzio del Grana Padano non ci concederebbe il marchio”.
 
Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked

Qui Roma - Yoram Kaniuk: “Così è nata Israele”
La guerra d'indipendenza di Israele, il dolore incolmabile per la perdita di un amico in battaglia, il valore della Memoria, il senso più profondo e personale dell'identità ebraica. È uno Yoram Kaniuk straordinario, commovente ma anche capace di far sorridere con battute di sferzante ironia, quello di cui ha potuto godere ieri sera il pubblico del Festival Internazionale di Letteratura e Cultura Ebraica di Roma. Ospite d'onore della quarta giornata di incontri al Palazzo della Cultura uno dei padri nobili della letteratura israeliana, il poeta che nel suo ultimo romanzo 1948, da questa estate in Italia grazie alla casa editrice Giuntina, racconta con magistrale incisività le vicende colme di dramma, pathos e tensione che portarono alla nascita dello Stato di Israele. Un momento storico che lo vide tra i protagonisti. Lui, soldato appena adolescente, pioniere quasi inconsapevole di un nuovo Stato e di una nuova avventura che avrebbe commosso il mondo. Per usare le sue parole: “Un bravo ragazzo di Tel Aviv finito in mezzo a un bagno di sangue”.
È il dolore, la sua terribile ineluttabilità e la capacità di saper convivere con le sfide e le asprezze della vita, il filo conduttore dell'intensa conversazione che Kaniuk avrà con Elena Loewenthal, che dello scrittore israeliano ha curato la traduzione per Giuntina. “Un libro scritto 'con la pancia', un modo per dare sfogo alle mie emozioni di allora – spiegherà l'autore – ed è forse questo il motivo per cui piace a così tanti giovani”. Ieri a rendergli omaggio erano in moltissimi. Giovani e meno giovani, in fila per un autografo sulla copertina di 1948. Lui sorridente e commosso, mentre la moglie gli teneva stretta la mano e alcune lacrime rigavano il suo volto.

a.s. - twitter @asmulevichmoked

Clicca qui per leggere l'intervista di Daniela Gross a Yoram Kaniuk sul numero di giugno di Pagine Ebraiche

Qui Mantova - Quando Gerusalemme è un fumetto
Cronache di Gerusalemme del canadese Guy Delisle è il libro più bello che ho letto quest'estate, e non sono ancora nemmeno riuscito a collocarlo in un genere. Aiutami tu, Guy: che cosa fai? Sono fumetti? E' un blog, un diario? O forse è una cartolina, come quelle che un tempo ti mandavano gli amici dalle vacanze? Sì, può essere una cartolina, lunga e bella...
Così inizia l'incontro tra Massimo Cirri, conduttore radiofonico, e il fumettista canadese Delisle, protagonista, oltre che autore, della graphic novel Cronache di Gerusalemme, edita nell'aprile 2012 da Rizzoli Lizard e discussa a Mantova durante la giornata conclusiva di Festivaletteratura. E' abbastanza singolare, in effetti, che un fumetto varchi le sacre soglie di un evento che sembra prendere in considerazione solo libri senza figure. L'autore stesso racconta di essere stato sorpreso dall'invito, poiché, mi spiega, in Italia la graphic novel è un genere che ancora fatica a conquistarsi un posto nella letteratura.
Delisle ha trascorso un anno a Gerusalemme, il 2008, accompagnando la sua compagna, che lavora come coordinatrice per Medici senza frontiere. “Durante quell'anno, racconta, prendevo appunti continuamente, ho annotato tutto quello che vedevo e sentivo, giorno per giorno, dall'attentato del bulldozer su Jaffa road all'operazione militare 'piombo fuso', fino alla routine più quotidiana, che, strano a dirsi, si crea comunque perfino in un luogo straordinario come quello, in particolare viaggiando con due bambini piccoli. Una volta tornato a casa ho iniziato a scegliere le storie delle quali volevo parlare, e soltanto allora le ho disegnate. Avevo prima bisogno di lasciar sbiadire nella memoria l'enorme quantità di informazioni che avevo riportato con me. Sapevo troppo. Invece è proprio il distacco ironico che mi ha consentito di trovare la giusta prospettiva per raccontare la quotidianità surreale di Israele. Partendo per Gerusalemme immaginavo che saremmo andati ad abitare in un quartiere antico e pieno di charme, con graziose pasticcerie come quelle di Rue des Rosiers, il quartiere ebraico di Parigi. Pregustavo la carne affumicata e i bagels, come nei kosher Delis di Montreal. Invece sono arrivato a Beit Hanina, nella zona est della città, dove l'atmosfera è decisamente diversa... Certo, humus e falafel non mi hanno deluso, ma per il resto la vita là è davvero complicata. Nei miei libri non svolgo un lavoro da antropologo, e nemmeno da giornalista. Anche questa volta sono partito senza sapere che cosa cercavo. Io lavoro così: mi trovo in un posto esotico e interessante grazie al lavoro di mia moglie e se trovo cose che colpiscono la mia fantasia le uso, se no no. A volte sono solo dettagli, come per esempio i libri lasciati dalla famiglia che ci ha preceduti nell'appartamento dell'organizzazione, oppure la gestione dei rifiuti a Beit Hanina: potrei parlarne per ore, ma solo descrivendone molti piccoli dettagli, non mi interessa analizzare cause e conseguenze. Non vado mai a cercare storie pericolose, sto lontano quanto posso da guerra e pericoli perché non è il mio mestiere stare a guardare gente che soffre, oppure fotografarla. Uso invece testi e immagini per raccontare quello che ho visto perché mi servono entrambi: a volte è più diretto l'uno, a volte l'altro”.
Nel suo libro Delisle racconta i checkpoint e la guerra, ma anche l'asilo dei figli e le lunghe ricerche prima di scoprire un parco dove possano giocare. Esilarante è l'episodio in cui il protagonista cerca urgentemente dei pannolini per la figlia e si trova in pieno conflitto morale tra emergenza e ideologia: è venerdì e i negozi arabi sono chiusi. Le organizzazioni internazionali sconsigliano di supportare l'economia degli insediamenti, ma il centro commerciale dei coloni è l'unico aperto: il nostro eroe suda freddo, la bambina minaccia altri liquidi.. Chi vincerà?

Miriam Camerini

Expo e cooperazione nel viaggio del sindaco Pisapia
Prosegue il viaggio del sindaco di Milano Giuliano Pisapia in Israele e nei Territori palestinesi. Dopo aver aperto la visita al Tempio italiano di Gerusalemme, Pisapia ha incontrato Victor Batarseh, sindaco di Betlemme, città con cui Milano è gemellata dal 2000 e incontrerà oggi il sindaco di Tel Aviv Ron Huldai. In un’intervista concessa al quotidiano israeliano Yediot Ahronot, Pisapia ha definito Israele un paese leader nel campo della tecnologia e innovazione, nonché in quello dell’agricoltura, particolarmente importante in chiave Expo. Al centro del colloquio di Betlemme i progetti di cooperazione già avviati dalla città di Milano e dal governo italiano nell’area, tema affrontato anche durante un tavolo tecnico con il sindaco di Ramallah Janet Michael.
Ad accompagnare Pisapia anche i consiglieri comunali Fabrizio De Pasquale e Ruggero Gabbai, presidente della commissione Expo, e poi il presidente della Comunità ebraica di Milano Walker Meghnagi e il responsabile dei rapporti istituzionali Daniele Nahum.

pilpul
Zerotondo
Tobia ZeviVe la ricordate Treviso, una delle città più ricche e razziste d’Italia? Possiamo dimenticarci le bravate del suo ex-sindaco Giancarlo Gentilini, celebre per creatività in tema di ordinanze xenofobe e discriminatorie? Ebbene, forse sarebbe il caso di rivedere un po’ le nostre opinioni (un’impressione che ho ricavato anche grazie a un soggiorno recente).
Leggo infatti sul Corriere della Sera di oggi che un’azienda del trevigiano, l’Astoria Vini di Paolo e Giorgio Polegato, sta per lanciare sul mercato “Zerotondo”, un prodotto tecnologicamente avanzato ricavato da mosto non fermentato. In pratica un vino analcoolico. Perché un’impresa che fonda la sua fortuna sul Prosecco e sul Valdobbiadene si inventa una cosa del genere? Molto semplice: l’idea è quella di varare una bevanda simile allo spumante ma halal, cioè permessa dalle norme alimentari islamiche. Un modo per aprirsi nuovi mercati, a partire da Malesia, Ghana e Nigeria. Mi pare, inoltre, interessante che la trovata sia sbocciata nel corso di una degustazione multietnica organizzata insieme alla comunità araba di Treviso. Non proprio un sintomo di esclusione e separazione tra autoctoni e immigrati. Un’occasione come ce ne sono tante – e spesso sono eventi melensi e abborracciati – dall’esito imprevedibile e probabilmente assai fecondo. Insomma, alla faccia della teoria, sia quella di stampo solidaristico sia quella di stampo xenofobo, l’integrazione cammina sulle sue gambe e sul dinamismo messo in moto dalla crisi. In quella fabbrica, di sicuro già cospicuamente abitata da operai stranieri, sarà più difficile essere razzisti, sapendo che parte del proprio stipendio proviene da paesi musulmani, e che la collaborazione con la comunità islamica è fondamentale per mandare avanti il businness. Solo un po’ più difficile. 

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas - twitter @tobiazevi

Storie - La menorah di Fiuggi 
Fiuggi riscopre la sua anima ebraica. Il recente ritrovamento, lo scorso 25 luglio 2012, in via del Macello, a ridosso del Ghetto ebraico di Anticoli (l’antico nome della cittadina laziale, famosa per le sue terme), di una pietra incisa raffigurante una menorah, dovuto ai ricercatori della “Biblioteca della Shoah – Il Novecento e le sue Storie”, istituita a Fiuggi dallo storico Pino Pelloni, ha confermato dal punto di vista storico la presenza in loco di una fiorente comunità ebraica. L’incisione è di fattura catalana, il che fa ipotizzare la sua datazione alla fine del XV secolo.
L’antico Ghetto di Anticoli, denominato più propriamente la Casa degli Ebrei dallo storico Angelo Sacchetti Sassetti, autore di un saggio intitolato Storia di Alatri, si estende nel secolo XII in maniera circoscritta tra via della Portella e via del Macello, occupando nei secoli XV  e XVI anche gli insediamenti compresi tra via della Piazza e via Giordano.
Oggi di quel quartiere sono visibili la Menorah di via del Macello; il Mercato, posto dinanzi la chiesa di San Pietro costruita nel 1617; il Portico e la Corte ebraica in via della Portella; un Forno in via del Macello dove sono stati rinvenuti attrezzi in ferro per la lavorazione del vetro. Nel sottoportico della parte bassa di via della Portella  è stata ipotizzata la presenza di una Sinagoga (con il ritrovamento di due vasche rituali) e  di una sala adibita a scrittura e probabilmente a banco di prestito.
I primi documenti storici che parlano di un insediamento ebraico in Anticoli risalgono al 1183 e tracce della presenza degli ebrei in città si ritrovano anche nei secoli successivi. Poi nel 1555 Paolo IV, al secolo Giovanni Pietro Carafa, emanò la  bolla Cum nimis absurdum che creava il Ghetto di Roma e prevedeva una serie di restrizioni per gli ebrei, costringendo anche molti di quelli residenti ad Anticoli a fuggire verso sud, nel Regno di Napoli.
Attraverso carte conservate nell’archivio privato di don Celeste Ludovici, lo storico Pelloni e i suoi collaboratori hanno ricostruito l’aiuto dato alla fine del XVI secolo dagli ebrei di Anticoli alla popolazione e alla Chiesa Anticolana durante i periodi di carestia. La solidarietà della comunità ebraica verso gli anticolani  si manifestò anche durante i terremoti del 12 marzo 1617 e del 24 luglio 1654. Di contro, a seguito delle leggi razziste del 1938 e soprattutto dopo la razzia nel Ghetto di Roma del 16 ottobre del 1943, numerose famiglie di ebrei romani  trovarono rifugio ed ospitalità presso famiglie anticolane e dei vicini paesi di Acuto e Trivigliano. Il rapporto tra Fiuggi e l’ebraismo negli ultimi anni si sta consolidando, grazie all’estro e alla competenza di Pino Pelloni e alla sua attivissima Biblioteca della Shoah, che promuove convegni, incontri e ricerche storiche, spesso aventi ad oggetto la cultura ebraica.
Il 2 settembre anche Fiuggi ha partecipato, insieme a 64 città italiane, alla XIII Giornata Europea della Cultura Ebraica. Molte persone hanno visitato la menorah di via del Macello ed un pubblico attento e curioso ha seguito l'incontro svoltosi nel pomeriggio presso il giardino del Bar Due P, dedicato all'Umorismo Ebraico.
Sempre su iniziativa della Biblioteca della Shoah, ogni venerdì pomeriggio, fino ad ottobre, sono organizzate visite guidate al Ghetto di Anticoli, con l’accensione dei lumi di Shabbat e la degustazione di vino rosso e dolci ebraici. Un modo per riavvicinarsi all’ebraismo.
 
Mario Avagliano

notizie flash   rassegna stampa
Israele - Boom di turisti
  Leggi la rassegna


Da gennaio ad agosto 2012 i turisti verso Israele sono aumentati del 7 per cento rispetto al 2011 (+5 per cento sul 2010), toccando quota 2,3 milioni di persone. Israele, spiega il ministero del Turismo, continua così a macinare record in questo settore. Oltre l'80 per cento dei turisti (1,9 milioni) si sono fermati nel Paese per più di un giorno.
 


 


Oggi è l'undicesimo anniversario dell'attentato alle Twin Towers di New York: una data da ricordare, perché ci insegna la vulnerabilità delle nostre societrà risapetto al terrorismo. 


Ugo Volli twitter @UgoVolli

















L'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti che fossero interessati a offrire un proprio contributo possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it  Avete ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo e-mail, scrivete a: desk@ucei.it indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”. © UCEI - Tutti i diritti riservati - I testi possono essere riprodotti solo dopo aver ottenuto l'autorizzazione scritta della Direzione. l'Unione informa - notiziario quotidiano dell'ebraismo italiano - Reg. Tribunale di Roma 199/2009 - direttore responsabile: Guido Vitale.