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10 aprile 2012 - 18 Nisan 5772
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Roberto Della Rocca
Roberto
Della Rocca,
rabbino

La conta dell'Omer, da Pesakh a Shavuòt, è la metafora di una progressiva ascesa verso la definizione  di un'identità. Eppure nel conteggio indichiamo i giorni passati anziché quelli che mancano all' atteso appuntamento. Come se in una scalata di montagna piuttosto che mirare il rifugio da raggiungere e chiederci con ansia quanta strada manchi al traguardo preferissimo voltarci indietro e contemplare la salita percorsa. Una modalità di conteggio che ci insegna come  la vita non sia una gara. Anziché diventare ostaggi di méte - che forse non riusciremo neppure a raggiungere - si può acquisire maggior forza nel voltarci indietro e rinfrancarci per la strada percorsa e per i risultati raggiunti con fatica e sacrificio.

Dario
 Calimani,
 anglista



Dario Calimani
Ho appena difeso Tabucchi dall’accusa di antisemitismo, e ora tocca a Gunther Grass, che non merita difesa visto che per attaccare Israele non si perita di sostenere l’Iran. Ma non sarà Grass a renderci disonesti, e persino con uno come lui sarebbe bello frenare certi eccessi di emotività. La sua posizione, per quanto fastidiosa, è politicamente legittima, al pari di qualsiasi altra posizione contraria. Ciò che non è legittimo è che un intellettuale tedesco, che per anni ha nascosto il suo passato di giovane nazista, dispensi verità moralistiche sulle ‘riparazioni’ tedesche a Israele, dopo che il paese della cui cultura egli è alto – se pur discusso - rappresentante ha depredato i beni degli ebrei prima di diligentemente massacrarli. Una riparazione materiale (e parziale) dunque, non una riparazione morale. E tuttavia non si può impedire a Grass di dire la sua su Israele, anche se si vorrebbe che lo facesse con un po’ di coscienza della storia e delle responsabilità morali. Ma riconosca, Grass, che le conseguenze di una catastrofe come la Shoah si protraggono purtroppo ben oltre i suoi confini storici. E riconosca anche che l’Occidente, Germania compresa, ha spesso usato Israele come baluardo a garanzia del proprio equilibrio politico. Dunque, o Gunther Grass è ingenuo o è in mala fede, contagiato dal virus del pregiudizio. E tuttavia non si possono contestare le sue critiche dichiarandolo semplicemente antisemita. La sua invettiva è impoetica, in cerca di una pubblica scena, il suo stile da vate profetico è esaltazione narcisistica, ma l’accusa di antisemitismo che gli si fa è una brutta forzatura, ed è indice della pigrizia mentale di chi, invece di smontare con equilibrate verità la sua denuncia delirante, ricorre alla delegittimazione personale, come se bastasse zittirlo con l’accusa di antisemitismo per veder riconosciuta la giustezza delle proprie idee. Quando poi Israele lo dichiara ospite sgradito non solo non lo rende meno fazioso, ma dà a se stesso l’immagine incongrua di un regime autoritario. In conclusione, uno come Grass spinge a usare la pancia, e invece si dovrebbero smontare le sue insulsaggini con la verità ragionata. 

davar
Contando l'Omer - "La misura delle necessità quotidiane"
La radice da cui deriva la parola 'omer indica l'ammucchiare, il compattare; in forma riflessiva (lehit'amer) significa schiacciare, esercitare violenza (la violenza proibita nei confronti di una donna che ha già subito violenza in Deut. 21.14). Nell'ebraico biblico 'omer indica un mucchietto di cereali raccolti e per traslato una misura precisa di volume di solidi. La prima volta che si usa questa parola nella Torà è a proposito della manna. Ciascuno ne poteva raccogliere quotidianamente solo la misura necessaria ai pasti quotidiani, e questa misura viene indicata come un 'omer a testa (Es. 16:16). Con queste premesse, l'omer rappresenta la misura delle necessità quotidiane e l'idea che comunque i nostri alimenti siano un dono dal cielo.

rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma

Gerusalemme - "Il comune impegno contro l'odio" 
Il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna ha dichiarato: 

Intervenendo ieri mattina allo Yad Vashem e al Tempio italiano di Gerusalemme il presidente del Consiglio, professor Mario Monti, ha utilizzato parole molto belle e significative per descrivere il contributo dato dagli ebrei italiani al processo di unificazione del paese e alla resistenza al nazifascismo evidenziando, nel solco dei  festeggiamenti appena conclusi per i 150 anni di Unità nazionale, come tale apporto si sia rivelato decisivo per la formazione di una società democratica, libera e inclusiva. Dal presidente del Consiglio, che ha parlato negli stessi luoghi visitati un anno fa dal presidente della  Repubblica Giorgio Napolitano, sono poi giunte alcune importanti considerazioni sulla lotta al razzismo, alla xenofobia e all'antisemitismo. Un impegno, come ha scritto sul libro degli ospiti del Memoriale al termine di una visita da lui stesso definita “commovente” e  “sconvolgente”, che intende incentivare tenendo viva nella società civile determinati valori e consapevolezze. Come ebrei italiani, come identità fortemente radicata nel territorio  e impegnata nell'incontro tra popoli e culture, lo ringraziamo per il suo intervento e da questo prendiamo spunto per ravvivare la fiamma del comune impegno nella lotta ai fautori dell'odio. Chiunque essi siano e contro chiunque essi scaglino le loro velenose invettive.  

Sulla visita del presidente del Consiglio in Israele è tra gli altri intervenuto anche il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici, che ha sottolineato come Monti abbia appropriatamente rimarcato il ruolo degli ebrei italiani non soltanto come storica minoranza religiosa “ma anche per il grande apporto dato all'unificazione del Paese”. Un tema sul quale, annuncia il leader degli ebrei capitolini, “bisogna tornare in maniera più approfondita, anche per dare iniezioni di identità italiana”. L'auspicio di Pacifici è infatti quello che la storia ebraica italiana venga raccontata non solo attraverso vicende di persecuzione e annientamento (“per quanto fatti tragici e importanti”) ma anche e soprattutto facendo emergere gli aspetti positivi e l'apporto dato da questa identità alla lotta risorgimentale. “Sia nei moti risorgimentali sia nell'opera di emancipazione – conclude Pacifici – ci sono nomi e storie che vanno messi in giusta evidenza: basti pensare all'opera del sindaco Ernesto Nathan, al sacrificio degli ebrei italiani, al pari dei loro concittadini, nellla prima guerra mondiale, fino alla lotta nella Resistenza e al contributo dato alla Costituente''.


Gerusalemme - “Un ponte tra Italia e Israele”
In occasione della visita del presidente del Consiglio Mario Monti al Tempio italiano di Gerusalemme il professor Sergio Della Pergola, docente all'Università Ebraica di Gerusalemme ed esponente di spicco della comunità degli Italkim (gli italiani residenti in Israele), ha pronunciato le seguenti parole:



Signor presidente del Consiglio, senatore e professor Mario Monti
Signora Elsa Antonioli Monti,
Signor ambasciatore d'Italia in Israele Luigi Mattiolo, amico di lunga data della signora
Signor console generale d'Italia a Gerusalemme Giampaolo Cantini,

A nome della comunità degli italiani in Israele e delle sue istituzioni rappresentative, e in particolare la Hevrat Yehudè Italia, Irgun Olè Italia e il Comites, sono onorato e lieto, signor presidente, di darle il benvenuto in occasione della sua visita al Tempio italiano e al museo di arte ebraica italiana a Gerusalemme. Tra i presenti a questo incontro salutiamo anche l'onorevole Fiamma Nirenstein, vicepresidente della Commissione Esteri della Camera dei Deputati.
Come lei ha potuto constatare, signor presidente, ci troviamo qui nel centro maggiormente significativo di una presenza che da molti decenni onora i nostri due paesi, l'Italia e Israele. In questo luogo abbiamo cercato di ricostruire la sintesi migliore tra le due grandi forme di cultura: la tradizione religiosa e spiriturale dell'ebraismo che trova i suoi massimi simboli qui nel cuore dell'antica capitale di Gerusalemme, e la tradizione umanistica e civile dell'Italia risorgimentale e democratica nella quale molti di noi si sono formati.
In questo nostro edificio noi cerchiamo di rafforzare e consolidare questa sintesi di valori perché sempre meglio noi possiamo svolgere la nostra funzione a beneficio della comunità degli Italkim e della società israeliana in senso lato.
La comunità degli italiani in Israele non è numerosissima ma è in costante aumento e ha portato un contributo altamente qualitativo alla vita di questo paese. Nelle attività accademiche e professionali, nel servizio pubblico, nell'industria, nell'agricoltura, nel volontariato. Gli italiani in Israele sono uno dei gruppi che hanno dato di più e hanno chiesto di meno nella crescita rapidissima e non sempre facile della società dello Stato di Israele.
Gli Italkim hanno voluto e saputo svolgere una funzione essenziale di ponte tra i due paesi, legati da molti anni da forti vincoli di amicizia e di collaborazione. Con grande soddisfazione possiamo testimoniare che oggi l'immagine dell'Italia è ben alta nella percezione collettiva degli israeliani. Come lei certamente sa, signor presidente, da questo osservatorio noi seguiamo con grande attenzione le vicende politiche dell'Europa e a volte notiamo con apprensione l'insorgere di forme vecchie e nuove di intolleranza e di antisemitismo. Queste si manifestano talvolta attraverso tragici atti di aggresione. Più frequentemente dobbiamo constatare l'espressione di pregiudizi e di allusioni dai contenuti negativi e l'uso di due pesi e due misure nella descrizione pubblica di circostanze legate alla realtà dello Stato di Israele o delle Comunità ebraiche in Europa.
Desideriamo dare pienamente e volentieri atto al governo da lei presieduto e al Parlamento italiano per l'azione insistente che hanno svolto in questi ultimi anni al fine di arginare e di impedire questi fenomeni negativi e pericolosi e di sensibilizzare l'opinione pubblica di fronte a questi rischi.
La ringraziamo personalmente per il suo impegno in tal senso che sappiamo essere vigile e determinato.
La salutiamo dunque nuovamente e sinceramente per la sua visita qui, signor presidente, e le porgiamo un fervido augurio di massimo successo nell'adempimento della sua non certo facile missione in Italia e all'estero.

pilpul
Patriarchi
Tobia Zevi«E basta con questi patriarchi più o meno rincoglioniti» ha sintetizzato Massimo Cacciari. La letteratura rimane letteratura anche se militante. Ci ricordiamo la descrizione del potere spagnolo (austriaco) fatta da Manzoni più facilmente del saggio di uno storico, e se dovessimo spiegare a un giovane la condizione operaia del Dopoguerra prenderemmo «Memoriale» di Paolo Volponi, forse la «Chiave a stella» di Primo Levi, ritenendo che questi libri siano più efficaci di un rapporto Istat. Non è solo questione di leggibilità: la funzione della letteratura, della buona letteratura, è far comprendere situazioni complesse grazie all’interazione tra personaggi, intrecci, descrizioni. Tanto più nel caso della poesia, che aspira a una maggiore immediatezza per via della brevità del verso. A mio parere la letteratura va giudicata internamente, cioè per il risultato che costituisce in sé. Al massimo va letta nel confronto con altre opere letterarie presenti e passate. Poco devono interessare la biografia dell’autore – su cui peraltro si può esprimere qualsiasi giudizio – o le polemiche politiche che dal testo possono scaturire.
E dunque la poesia di Gunter Grass su Israele va giudicata con un metro letterario. Potrebbe essere una bellissima poesia – a mio giudizio non lo è – anche se esprime posizioni politiche assurde sull’Iran e su Israele. E potrebbe essere una bellissima poesia nonostante Grass sia stato una giovane SS. Il problema è un altro. È proprio Grass a dettare la critica meschina per promuovere una poesia mediocre. Perché scrivere, altrimenti, «Il verdetto “antisemitismo” è d’uso corrente»? O «La mia origine / gravata da una macchia incancellabile»? O infine «Come tedeschi con sufficienti / colpe a carico»? Vi pare che un grande poeta si occupi di questa minutaglia? Questa è polemica giornalistica, e della più corriva. Alla quale, purtroppo, spesso si risponde senza aver letto il testo.


Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas

Storie - Un condominio e la Memoria difficile
La memoria difficile. La memoria scomoda. A Roma, tra il gennaio e il giugno 1944, durante il periodo “nero” – in tutti i sensi – dell’occupazione nazista, tre appartamenti dello stabile di via Principe Amedeo 2, nel cuore della capitale, vennero requisiti e adibiti a carcere della “banda Koch”, reparto speciale della polizia fascista di Salò, così chiamata dal nome del suo capo, il tenente Pietro Koch.
Nella famigerata Pensione Oltremare di via Principe Amedeo vennero rinchiusi, interrogati e seviziati numerosi patrioti antifascisti, partigiani della Resistenza, militari e poliziotti, come Pilo Albertelli, Eugenio Colorni, Franco Calamandrei, Carlo Salinari, Luigi Pintor, Maurizio Giglio e Luchino Visconti. Molti di essi vennero poi fucilati a Forte Bravetta o alle Fosse Ardeatine. La banda fascista di Koch, come ricostruito da Massimiliano Griner nel suo documentatissimo saggio (Bollati Boringhieri, 2000), collaborò anche col comando delle SS di via Tasso, diventando lo strumento operativo di irruzioni nelle sedi della Chiesa, alla ricerca di antifascisti, ebrei e militari ribelli, come l'assalto al Seminario Lombardo di Santa Maria Maggiore, nella notte tra il 21 e il 22 dicembre 1943, che portò all’arresto del comunista Giovanni Roveda e di vari ebrei, e l’assalto al convento annesso alla Basilica di S. Paolo, nella notte tra il 3 e il 4 febbraio 1944, che portò all'arresto di 67 persone fra ebrei, renitenti alla leva, ex-funzionari di polizia e alti ufficiali. Alcuni degli ebrei arrestati, consegnati alle SS tedesche, finirono poi ad Auschwitz. Koch inoltre procurò a Kappler diversi nominativi da inserire nella lista dei condannati a morte per rappresaglia alle bombe di via Rasella. Negli ultimi due anni il circolo romano dell’Anpi dell’Esquilino, intitolato a don Pietro Pappagallo, ha chiesto ripetutamente con sit in ed altre azioni di sensibilizzazione l’apposizione di una targa commemorativa presso lo stabile di via Principe Amedeo. La proposta dell’Anpi è stata recepita dal consiglio della I Circoscrizione, che nel gennaio 2010 ha approvato all'unanimità una mozione di appello al sindaco Gianni Alemanno. A seguito di queste iniziative, gli uffici dell’Assessore alla Cultura di Roma Capitale, Dino Gasperini, hanno chiesto al condominio l’autorizzazione. Tutto era già stato predisposto, il testo della targa e il punto di apposizione. Ma qualche giorno fa, proprio all’approssimarsi dell’anniversario delle Fosse Ardeatine, l’assemblea condominiale del palazzo, a maggioranza, ha deliberato di opporsi alla richiesta. Può un condominio impedire alla città di ricordare? E il comune di Roma può accettare di dimenticare?

Mario Avagliano

Monti, i negoziati e il nodo Gerusalemme
Oltre alle commoventi parole espresse dal Presidente del Consiglio in visita allo Yad Vashem e al Tempio Italiano di Yerushalaym, e' opportuno non dimenticare la posizione del governo italiano, cosi' come sintetizzata sul "Corriere della Sera":
"Al termine degli incontri con Lieberman e Mazen, Monti, in conferenza stampa, ha sottolineato come «la questione palestinese vada risolta al più presto» e che l'Italia in Medio Oriente sostiene la soluzione di «due Stati» separati per israeliani e palestinesi che vivano «in pace l'uno accanto all'altro». Questa soluzione è da raggiungersi attraverso «il negoziato».
Monti schiera saldamente l’Italia sulle posizioni europee, correggendo appena il governo Berlusconi, che stava nella scia di Israele e degli Stati Uniti.
«L’Italia, come la Ue, non riconoscerà modifiche dei confini del ’67 diverse da quelle concordate dalle parti». Con la guerra del ’67 Israele conquistò terreno a est, Gerusalemme e oltre, in Cisgiordania, territorio palestinese. La richiesta dei palestinesi è il ritorno ai confini del ’67 e la posizione europea, espressa da Monti è che solo le parti – israeliani e palestinesi – possono, assieme, segnare confini diversi. La questione è complessa, perché continuano in quella direzione gli insediamenti israeliani, ormai i coloni a est sarebbero circa 500 mila e tornare indietro pare impresa impossibile. La strada, delineata più volte negli anni scorsi, ma mai concretizzata, è quella di una compensazione, per i palestinesi, con territori a sud e un allargamento della Striscia di Gaza. Il nodo più duro da sciogliere resta quello di Gerusalemme, per Israele unica capitale possibile e indivisibile.

Sandro Natan Di Castro, Haifa

notizie flash   rassegna stampa
Musica - Bono Vox a Tel Aviv
  Leggi la rassegna

A beautiful day, si potrebbe affermare citando il testo di una delle sue canzoni più celebri. Passeggiata lungomare con famiglia e amici, cena in un noto locale della movida, un brindisi come suggello finale: questo in sintesi il lunedì israeliano di Bono Vox, storico leader degli U2, che ha scelto Tel Aviv per trascorrere alcune ore in relax lontano da una quotidianità, tra concerti e impegni benefici, notoriamente molto intensa.





 

Due eventi, entrambi assai presenti nella rassegna stampa, mostrano una prevenzione di buona parte degli intellettuali europei contro Israele, che si ammanta di nobili ragioni, ma è così singolare, fuori misura e ostinata da non potersi spiegare se non con l'antisemitismo.
 

Ugo Volli




















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