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21 marzo 2012- 27 Adar 5772
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david sciunnach David
Sciunnach,
rabbino 

“L’Eterno chiamò Moshè e gli parlò dicendo…” (Vaikrà 1, 1). Perché il Santo Benedetto Egli Sia fa precedere l’azione del chiamare a quella del parlare? Perché la Torah ci vuole insegnare le buone maniere, su come cioè ci si debba comportare con il prossimo: Nessuno entri mai in conversazione con il proprio compagno, se prima non si è rivolto a lui con atteggiamento cortese.

 Davide  Assael,
ricercatore



davide Assael
Un altro attentato compiuto da un antisemita. Un altro dopo la strage di Oslo, dopo l’orrore di Firenze, dopo gli assalti contro i rom a Napoli, senza dimenticare i fatti milanesi della settimana scorsa. Cominciano ad essere un po’ troppi per catalogarli sotto la voce casi isolati o gesti di un folle. Certo, viene da pensare. Viene da pensare agli effetti concreti della giornata della memoria, a come la Shoah non abbia inciso sulla coscienza collettiva europea, che, invece, si ritrova intrisa di odio contro l’ebreo, senza risolvere il quale, è un mio parere, l’Europa non potrà realizzare un rapporto armonico con l’Alterità. Per questo non sono d’accordo con i toni con cui sono commentati gli attentati di Tolosa: non si tratta di dire, “Ancora nel 2012 siamo costretti a commentare rigurgiti antisemiti…”. Il rischio è che quanto sta succedendo nell’occidente europeo non riveli qualcosa del passato, ma del futuro. 


davar
Qui Tolosa - Il gran rabbino di Francia Gilles Bernheim
invita i politici a evitare qualunque strumentalizzazione
Ogni strumentalizzazione politica e ogni generalizzazione nel giudizio deve essere evitata di fronte alla strage di Tolosa. In una mattinata drammatica, che ha portato a Gerusalemme agli strazianti funerali delle quattro vittime dell'assalto alla scuola ebraica, nel Sud della Francia alle esequie dei militari assassinati precedentemente e nella città di Tolosa all'individuazione del giovane estremista islamico quasi certamente responsabile di entrambe le stragi, il compito più delicato è toccato al rabbino capo di Francia Gilles Bernheim, massima autorità morale dell'ebraismo d'Oltralpe.
Salito all'Eliseo nel corso della mattinata, il rav Bernheim, che aveva a fianco non a caso i leader delle comunità islamiche di Francia e che negli scorsi giorni, in una clamorosa uscita pubblica, aveva chiarito che nessun ebreo francese poteva sentirsi autorizzato a esprimere il proprio voto a favore della candidata della destra xenofoba alle presidenziali Marine Le Pen, ha usato nuovamente parole chiare.
In un messaggio immediatamente rilanciato dalle radio e dalle televisioni che ha raggiunto decine di milioni di francesi, il Rav ha chiarito che “chi attacca dei militari e attacca dei bambini che entrano in una scuola, attacca innanzitutto i valori della Francia. Proprio perché hanno voluto attaccare degli ebrei in quanto ebrei, hanno messo in questione la sicurezza e la dignità nazionale. Per questo la reazione a questi attacchi sarà francese e non sarà limitata a una comunità”. “Il maggiore pericolo – ha chiarito il Rav – è quello di lasciar passare anche al nostro interno le piccole violazioni nei toni e nei comportamenti dei valori che testimoniamo e che ci uniscono: eguaglianza, giustizia, accettazione, rispetto dell'altro, amore del prossimo”. Una ferma messa in guardia, mentre la campagna per le elezioni presidenziali entra nella fase più calda e gli interessi delle diverse parti politiche rischiano di cedere alla tentazione di trarre profitto dell'ondata emozionale suscitata dall'azione terroristica.
In un messaggio rivolto al rabbinato francese, il Rav ha raccomandato per il prossimo Shabbat la lettura dei salmi 90, 91 e 21 prima dell'uscita del Sefer Torah in tutte le sinagoghe della maggiore realtà ebraica europea.

g.v.

“Uniti contro l'odio in qualsiasi forma esso si manifesti”
Il presidente Gattegna risponde al ministro Profumo
Il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna ha appena inviato il seguente messaggio al ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca Francesco Profumo.

Caro Ministro Profumo,

ti ringrazio per la splendida e significativa lettera che mi hai inviato e che è per tutti gli ebrei italiani motivo di grande conforto in queste ore di angoscia per i fatti di Tolosa e per le conseguenze che tali accadimenti possono avere per tutti noi. Trovo inoltre di particolare importanza il fatto che questo scambio di missive avvenga in concomitanza con la Giornata Mondiale contro il razzismo, momento di riflessione internazionale che incoraggia in particolare i nostri giovani a dire no al pregiudizio sotto qualsiasi forma esso si manifesti.
Niente e nessuno riporteranno purtroppo alla vita le quattro vittime di questa infame tragedia perpetrata, come evidenziano le notizie che ci arrivano dalla Francia, nel nome di un odio che sembra difficile da sradicare anche nel cuore dell'Europa. Un odio che è espressione di una galassia articolata di nemici della democrazia che agiscono sotto varie ideologie, spesso inconciliabili se non addirittura antitetiche, ma che trovano un punto comune di lotta nel rancore verso gli ebrei e verso altre identità. Si tratta di una situazione di fortissima criticità che investe anche il nostro paese come hanno dimostrato il recente rogo al campo rom di Torino, fortunatamente senza vittime, e la caccia mortale al senegalese per le strade di Firenze. È poi ancora di pochi giorni fa la notizia dell'arresto di un giovane aspirante terrorista che puntava a compiere un attentato alla sinagoga di Milano e proprio ieri tornava in rete, opera di un gruppo di estrema destra che attinge dal più orrendo frasario nazista, una lista di professori e intellettuali ebrei (o presunti tali) al servizio della cosiddetta “entità sionista”. Sono tutti segnali inquietanti sui quali, in collaborazione con le istituzioni e le forze dell'ordine che non hanno mai fatto mancare il loro supporto, non possiamo e non intendiamo abbassare la guardia.
La battaglia contro i fautori dell'odio, come hai giustamente evidenziato, si combatte soprattutto nelle scuole. Serbo anch'io nel cuore gli intensi momenti trascorsi al tuo fianco e al fianco di centinaia di ragazzi da tutta Italia in occasione dell'ultimo viaggio della Memoria in Polonia, occasione che si rivelò fondamentale per arrivare pochi giorni dopo alla firma di uno storico accordo tra l'UCEI e il Ministero dell'Istruzione per portare la cultura del ricordo in tutte le aule italiane. La grande sensibilità che hai dimostrato proponendo per oggi un minuto di silenzio nelle scuole in memoria delle vittime di Tolosa dimostra ancora una volta la serietà dell'impegno che hai preso con le comunità ebraiche e con tutti i cittadini italiani. Un impegno del quale, oltre a ringraziarti, prendiamo atto come un sicuro punto di riferimento per proseguire la difesa dei valori di libertà e uguaglianza sui quali si fonda il sistema democratico del nostro paese.

Renzo Gattegna, presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane


Ieri, in una lettera privata che ha acconsentito a rendere pubblica, il ministro Profumo si era così rivolto al presidente Gattegna:

Caro Presidente Gattegna,

l'attentato alla scuola ebraica Ozar Hatorah di Tolosa, che ha ucciso quattro persone, tra cui tre bambini con davanti la vita e il futuro, mi sconvolge come uomo e come rappresentante delle istituzioni. Desidero esprimenti personalmente la mia ferma condanna per un crimine tanto mostruoso e inaccettabile, contro vittime innocenti e contro la comunità ebraica, commesso per di più dinanzi al luogo deputato all'insegnamento dei valori di una cittadinanza integrata: il rispetto dell'altro, l'impegno sociale, le regole del vivere civile.
Ho ancora negli occhi e nel cuore i momenti vissuti assieme ad Auschwitz, proprio in compagnia di tanti giovani studenti, dinanzi al ricordo dell'immane tragedia che ha colpito il popolo ebraico nel corso della seconda guerra mondiale. Rimango perciò senza parole e lacerato nell'animo, quando la follia umana e l'antisemitismo si ripresentano con la stessa crudeltà di allora, come se la Storia nulla ci avesse insegnato.
Mi accorgo una volta di più, in un momento tragico e triste come questo, di quanto il solenne “che non avvenga mai più” sia appeso alla fragilità degli eventi e quanto forte e continuo debba essere da parte nostra l'impegno affinché non divenga una semplice frase di maniera.
Sono convinto che dobbiamo impegnarci a fondo, tutti insieme, contro la cultura dell'intolleranza, del razzismo e dell'antisemitismo in ogni sua forma, agendo con attività di prevenzione nelle famiglie, nei contesti sociali, e soprattutto nelle scuole, attraverso la formazione e l'impegno dei più giovani. L'Italia è in questo senso tra i paesi pi attivamente impegnati, e gli eventi di Tolosa – che ricordano tragicamente l'attentato alla sinagoga di Roma del 1982 – costituiscono un monito a non abbassare la guardia.
Con l'auspicio che venga presto fatta luce sui tragici eventi accaduti, esprimo a te, a tute le comunità ebraiche e soprattutto alla famiglia delle vittime, la vicinanza più sentita, mia e di tutto il governo, e ti rinnovo la disponibilità a porre in essere ogni passo utile per combattere l'antisemitismo, a partire dall'educazione scolastica.

Francesco Profumo, ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca


"Mai così uniti, mai così decisi"
L'Italia ebraica continua a raccogliersi nel dolore per i tragici fatti di Tolosa. Numerose cerimonie hanno avuto luogo e altre si svolgeranno ancora, domani tra le tante a Roma e Milano, nelle sinagoghe e nelle varie sedi comunitarie. Questa la testimonianza pervenuta da Mauro Tabor, assessore alla cultura della Comunità ebraica di Trieste.

Un' Anì Ma'amin sentito e partecipato è uscito ieri dalle bocche degli ebrei triestini riuniti in fretta e furia per una funzione corale per ricordare e rispondere con fierezza e commozione al crudele atto perpetrato a Tolosa nei confronti dei nostri fratelli, nei confronti di quei bambini ebrei che sono la speranza per il nostro futuro. L'intento malvagio dei delinquenti che colpiscono i nostri figli nella loro età più spensierata, l'infanzia,  è quello di gettare il popolo ebraico in galut nel panico ma per fortuna la reazione è assolutamente contraria, mai così uniti mai così decisi. Davanti a fatti di questa portata restiamo tutti lacerati e colpiti, proprio questa lacerazione ha portato alla decisione comunitaria di organizzare subito una tefillah ed un incontro a cui tutti hanno risposto. L'Hatikva che ha concluso la preghiera ha visto una comunità compatta, una voce unica. la voce del nostro popolo.


Rav David Prato, un rabbino che sapeva parlare alla gente
Posti in piedi domenica scorsa al Centro Bibliografico dell’Ucei “Tullia Zevi” per il convegno sulla figura di Rav David Prato, rabbino capo di Roma e Direttore del Collegio rabbinico negli anni 1937-38 e 1945-51. Il convegno è stato organizzato congiuntamente dal Centro di cultura della Comunità ebraica di Roma e dal Collegio rabbinico italiano, con il patrocinio della Fondazione Museo della Shoah. Dopo i saluti di Miriam Haiun e di Leone Paserman, gli interventi dei relatori sono stati introdotti ed egregiamente coordinati da Mario Toscano, professore di storia alla Sapienza Università, che ha inquadrato il contesto storico e culturale (il ventennio fascista, il sionismo) in cui Rav Prato si formò e svolse il suo operato rabbinico. Angelo Piattelli, responsabile del Museo di Arte ebraica italiana U. Nahon a Gerusalemme, ha tracciato un dettagliato excursus sulla vita e le opere di Rav Prato, nato a Livorno nel 1882 e trasferitosi giovanissimo a Firenze alla scuola di Rav Margulies, di cui raccolse l’ultimo respiro il giorno di Purim del 1922. Piattelli ha accompagnato l’intervento con decine di fotografie del rabbino e della moglie Corinna Servi e dei figli in diverse comunità ebraiche del Mediterraneo e proprio di queste ha parlato Simonetta Della Seta, Consigliere per gli Affari culturali dell’Ambasciata d’Italia in Israele, che ha descritto il periodo in cui Rav Prato fu Gran Rabbino ad Alessandria d’Egitto (dove c’era una folta comunità ebraica in buona parte italiana) e Direttore del Collegio rabbinico di Rodi (che dal 1912 era sotto il dominio italiano). In entrambi i luoghi Rav Prato diede una sferzata all’educazione ebraica, nelle scuole e nelle comunità in generale.
Dopo il coffe break, Anselmo Calò, in qualità di vicepresidente, ha portato i saluti dell’Ucei, e ha stimolato i relatori a riflettere sulla fuga precipitosa di Rav Prato dall’Italia fascista nel 1938 per rifugiarsi in Eretz Israel, da dove sarebbe tornato solo a guerra finita per riprendere le redini della Comunità stravolta dalle persecuzioni, le deportazioni e le tragiche vicende interne. Su questo periodo si è incentrato l’intervento di Rav Riccardo Di Segni, attuale Rabbino capo di Roma e Direttore del Collegio rabbinico, che ha presentato diversi documenti tratti dai verbali del Collegio e dall’Archivio storico della Comunità di Roma, oltre che riportare memorie della sua stessa famiglia. Particolare impressione ha suscitato nell’affollata sala la lettera di Rav Prato all’esattoria delle tasse che continuava insistentemente a chiedere un pagamento a Laura Prato, figlia del rabbino: ma Laura era stata ammazzata ad Auschwitz e la sua casa di Firenze era andata completamente distrutta. “Che cosa si vuole di più? E che cosa si vuole da me o dalle due minorenni orfane rimaste sfornite di tutto?”, scriveva il rabbino nella lettera.
Rav Amedeo Spagnoletto, presente virtualmente grazie a un filmato registrato, ha parlato dei Sifrè Torah di Roma, il cui restauro fu realizzato per iniziativa di Rav Prato, e della storia del Sefer Torah donato alla Comunità ebraica di Addis Abeba (ma che a quanto pare non ci arrivò mai). L’ultima parte del convegno è stata dedicata alle testimonianze dirette di parenti, allievi e conoscenti, seguite con molto interesse. Per primo ha parlato il nipote di Rav Prato, che porta il suo stesso nome, David Prato, avvocato in Israele, arrivato apposta per il convegno insieme alla sua famiglia, che ha ricordato con commozione gli anni in cui visse a Roma da bambino (“Davidino briccolino”, era chiamato) e di quando riceveva la berakhà sotto al talled del nonno al Tempio Grande. Ha proseguito poi Rav Alberto Piattelli, che di Rav Prato fu giovane allievo, ricordando il giorno della morte, l’8 marzo 1951, e la profonda partecipazione che tutta la comunità manifestò per il proprio rabbino. Natan Orvieto, di famiglia toscana come Rav Prato, ha sottolineato la voce lirica, armoniosa e vibrante del rabbino, che in gioventù era stato primo chazan al tempio di Firenze. Fortunata Di Segni ha parlato anche lei di ricordi di famiglia e ha ricordato il sorriso che Rav Prato aveva sempre per tutti. Dopo alcuni interventi dal pubblico (Giorgio Sestieri, in qualità di presidente dell’Ose, il cui asilo verrà intitolato alla figura di Rav Prato, Giuliana Piperno Beer, Claudio Fano), ha concluso la densa mattinata Rav Vittorio (Chaim) Della Rocca, che ha parlato dell’affetto che Rav Prato aveva per gli orfani della comunità (Rav Prato stesso divenne orfano in tenera età) e di come proprio grazie all’intervento di Rav Prato il giovane Chaim iniziò la sua lunga carriera di chazan e poi di morè e rabbino. Tutte le testimonianze hanno tracciato una figura rabbinica le cui “parole toccavano il cuore della gente… un rabbino che sapeva mantenere il contatto con la sua gente ed esprimerne le emozioni” (dall’autobiografia di Amos Luzzatto, Conta e racconta, Mursia 2008, pp. 45-46).

Il convegno si è concluso con le note dell’Hatikvà cantata da rav Prato. Da brividi: sentire per credere clicca qui la registrazione audio/video dell’intero convegno sarà disponibile nel sito moked.it/cultura/collegio rabbinico e gli atti saranno pubblicati da La Rassegna Mensile d’Israel.

rav Gianfranco Di Segni, coordinatore del Collegio rabbinico italiano

pilpul
La vergogna d'Europa 
Francesco LucreziL’orrenda strage di Tolosa cade in uno dei momenti forse più brutti e inquietanti che il popolo ebraico abbia mai vissuto, dalla fine della seconda guerra mondiale. I segnali di odio e disprezzo contro gli ebrei si moltiplicano non solo nei Paesi musulmani, ma – basti pensare al sinistro fenomeno del dilagante antisemitismo via web – in tutta l’Europa, in Italia come in Francia, nel Regno Unito come in Olanda e Polonia; la ‘primavera araba’ ha rapidamente gettato la maschera, scoperchiando il vaso di Pandora di masse fanatiche, eccitate dall’idea dell’eterna guerra contro l’eterno “nemico sionista”; Paesi che ci eravamo abituati a considerare “amici freddi”, come l’Egitto e la Tunisia, tornano a occupare la loro tradizionale posizione di nemici, “senza se e senza ma”; la lenta marcia dell’Iran verso il nucleare pare vicina al termine, col mondo che sta a guardare e non fa che raccomandare a Israele – vittima sacrificale designata – di non muoversi, di non fare nulla; i luoghi simbolo dell’ebraismo, sinagoghe e ambasciate, tornano a essere presi d’occhio da assassini di varia formazione ideologica, le cui piattaforme ideologiche appaiono spesso ignote, o confuse (islamici? neonazisti? terzomondisti?), ma i cui obiettivi di morte risultano, invece, di assoluta chiarezza.
Talora – come pochi giorni fa, a Milano – gli attentatori vengono neutralizzati prima che siano riusciti a colpire; altre volte, i loro colpi vanno a segno. Come a Tolosa, lunedì. Un fatto che ricorda molto da vicino l’attentato che fu portato dinanzi al Tempio Maggiore di Roma, nel 1982, e che costò la vita al piccolo Stefano Taché. Anche in quei giorni, in tutta Europa, soffiava un furioso vento antisemita per le strade europee (come è triste e avvilente dovere sempre ripetere le stesse cose!), acceso – come pretesto, s’intende - dalle vicende del Libano, e anche allora gli ebrei erano nel mirino, lasciati soli di fronte ai loro nemici; anche allora molteplici segnali di allarme erano stati sistematicamente ignorati dalle autorità competenti, che invece parvero affrettarsi a portare la loro tardiva solidarietà alle vittime. A Roma, nell’82, tale contrasto fu tanto stridente, che la Comunità Ebraica decise di non volere nessun rappresentante delle Istituzioni alla cerimonia funebre; e fu solo una telefonata personale del Presidente Pertini al Rabbino Capo Toaff – lo racconta lo stesso Toaff, nel suo libro di memorie “Perfidi giudei fratelli maggiori” – a far desistere da tale proposito). Soprattutto, a Tolosa nel 2012, come a Roma nel 1982, non si tratta di gesti isolati di individui fuori di senno. Quelli di Roma furono individuati, qualcuno fece perfino un po’ di galera, si trattava di militanti palestinesi, sorretti da forte sostegno politico e finanziario. Ora si parla di un folle neonazista. Certo, attribuire il gesto ai nazisti è più comodo e tranquillizzante, quelli sono i ‘cattivi’ per definizione; magari è vero, ma ha poi tanta importanza? È evidente, comunque, anche in questo caso, che si tratta di professionisti, dotati di ampi appoggi e di una preparazione di tipo militare.
Mentre, comunque, il mondo si interroga sull’accaduto (diviso, come di consueto, nei tre gruppi di sempre: gli ebrei colpiti; i nemici compiaciuti; “il resto del mondo” oscillante tra solidarietà, preoccupazione, imbarazzo, indifferenza, fastidio), un giovane padre - di trent’anni - e tre bambini – di tre, cinque e dieci - hanno concluso la loro esistenza. Lo hanno fatto sulle soglie di un luogo, la sinagoga, deputato, da millenni, a insegnare i valori del timor di Dio, della tolleranza, del rispetto, dell’amore per il prossimo. Tutti, in tutto il mondo, in questi giorni avranno modo di ricordare, per l’ennesima volta, che quei valori, tanto cari ad alcuni, sono invece tanto odiati da altri, da molti. E, come tante altre volte, le giovani, sante vittime avranno ulteriormente cementato, col loro sacrificio, un patto di fedeltà che nessun odio mortale potrà mai incrinare.
Una parola, per concludere, sulle ripugnanti parole della responsabile Esteri dell’Unione Europea, Catherine Ashton, che, paragonando le vittime di Tolosa ai bambini palestinesi uccisi a Gaza, si è di fatto allineata alle posizioni dei terroristi assassini. Vergogna. Se questa è l’Europa, non vogliamo appartenervi. Condividiamo in pieno l’auspicio formulato dal Presidente dei Giovani Ebrei d’Italia, Daniele M. Regard, affinché il Governo italiano chieda ufficialmente la rimozione della Signora dal suo incarico.

Francesco Lucrezi, storico

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Liste dell'odio, nuove reazioni
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Molte reazioni nel mondo ebraico e in quello istituzionale a seguito dell'ennesima pubblicazione di liste antisemite sul web. “Bisogna applicare la legge Mancino che punisce l'odio razziale e le discriminazioni” chiede la storica Anna Foa, che pur colpita da questo ennesimo episodio di odio che la vede coinvolta (è numero 66 della lista) dice di non sentirsi “particolarmente esposta”. “Altri – afferma la professoressa – sono i canali da cui arrivano le vere minacce, vedi quello che è successo a Tolosa.

 

Dove vai, ancora una volta, Europa? La baronesa inglese (già, inglese...) Catherine Ashton, ministro degli esteri dell'Europa, paragona la "sparatoia" di Tolosa a quelle della Siria, della Norvegia e di Gaza! Non è certamente casuale se lady Ashton, della quale si conosce bene il pensiero personale nelle questioni che riguardano Israele, ha "dimenticato" di citare, ad esempio, anche i bambini di Israele uccisi in anni di terrorismo; mi permetta il lettore di ricordare qui, al posto del ministro, tra tutti questi, i tre bambini di Itamar uccisi nella loro casa dall'odio antisemita più vergognoso.

Emanuel Segre Amar











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