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22 febbraio 2012- 29 Shevat 5772
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david sciunnach David
Sciunnach,
rabbino 

“…internamente ed esternamente…” (Shemòt 25, 11). La Torah  prescrive che l’Aron ha-Brit – l’Arca dell’Alleanza, doveva essere ricoperta d’oro sia internamente che esternamente. Alcuni commentatori associano l’Aron – l’Arca, all’ebreo che deve essere d’oro sia al suo interno sia al suo esterno, perché come l’Arca, l’ebreo è preposto per custodire dentro se stesso tutta la Torah. Rabbenu Bechayè commentando un passo del Talmud (Yomà 72b) sostiene appunto che il carattere dello studioso di Torah deve riflettere la sua apparenza:“se egli pare d’oro all’esterno, deve esserlo anche all’interno”.

 Davide  Assael,
ricercatore



davide Assael
Dal momento che molti di noi hanno preso posizione contro i pigiami di Auschwitz indossati dai “coloni” davanti all’esercito israeliano durante il ritiro dagli insediamenti, credo non si debba rimanere silenti di fronte alle bandiere con le svastiche esposte durante le proteste greche in funzione anti Germania. E dove sarebbe il crimine nazista tedesco? Nel non voler pagare i debiti di chi ha truccato ripetutamente i bilanci pubblici? O di chi mandava in pensione i lavoratori a meno di sessant’anni, salvo categorie come i barbieri che ci andavano a cinquanta perché sottoposti a lavori usuranti in quanto maneggiano sostanze chimiche come le tinture per capelli? Oppure, nell’aver accettato livelli di evasione fiscale e corruzione da record mondiale? Credo che la crisi attuale debba richiamare le società civili, compresa quella italiana, alle proprie responsabilità e alle proprie funzioni di controllo nei confronti delle classi dirigenti. Queste banalizzazioni del nazismo altro non fanno che mostrare come l’Europa non abbia fatto i conti con la propria storia.


davar
Qui Milano - Francia e controinformazione al Benè Berith
Una serata per parlare di Francia, di Israele, degli equilibri strategici del Mediterraneo. Nell’incontro organizzato da Benè Berith e Comunità ebraica di Milano interverrà per discuterne Philippe Karsenty, giornalista francese, già direttore di Media Ratings (organizzazione che si occupa di monitorare il modo in cui la stampa d’oltralpe riporta le notizie da Israele), nonché fresco candidato alle prossime elezioni per la circoscrizione estera che comprende Italia, Israele, Grecia, Turchia, Malta e Cipro.
Nato da una famiglia di origine algerina, il quarantottenne ebreo parigino fu protagonista nel 2004 di una forte polemica con il canale televisivo France 2 a proposito del servizio su Muhammad al-Dura, il ragazzino palestinese la cui presunta uccisione da parte di soldati israeliani divenne uno dei simboli della seconda Intifada nel 2000. Karsenty asserì che il filmato non fosse autentico e che il dodicenne non potesse in alcun modo essere stato ucciso dall’esercito dello Stato ebraico e fu per questo portato in tribunale da France 2 con l’accusa di diffamazione. Accusa per cui fu inizialmente condannato, poi assolto in appello portando ulteriori prove a sostegno della sua tesi, tra cui la perizia balistica e filmati provenienti da altre fonti. Oltre al quadro politico francese, al centro del dibattito della serata sarà dunque il modo di fare informazione e controinformazione, con la proiezione di un filmato dedicato agli sviluppi del caso al-Dura.
“Ricordo quando Karsenty partecipò a un nostro convegno due anni fa, con un intervento in stile CSI che spiegava come fosse arrivato a capire che il servizio di France 2 fosse un falso - racconta Claudia Bagnarelli, presidente del Benè Berith Milano - Siamo molto contenti di averlo di nuovo con noi. Io poi, essendo anche cittadina francese, ne approfitterò per farmi un’idea su come andranno le cose alle prossime elezioni”.

Rossella Tercatin


Delizie kasher? Ci pensa il Personal Chef
Vogliono sterminarci, con l’aiuto di Dio ci salviamo, festeggiamo mangiando: Pesach, Hannukkah, Purim... Sembra proprio che il convivio faccia parte del nostro Dna. Forse è in questa chiave che si può interpretare la diffusione, anche all’interno del mondo ebraico, di un mestiere che attira sempre di più: il Personal Chef. In Italia sono più di duecento a essere iscritti alla Federazione nazionale e si tratta di cuochi professionisti che cucinano a casa del cliente, accordando le ricette alle sue esigenze. È diverso da un catering: tutto viene preparato al momento e non per forza su larga scala. Da poco è possibile avere questo servizio anche nel pieno rispetto della kasherut. 2chefs4u nasce dalla collaborazione di tre chef italiani - Daniela Di Veroli, Alberto Anticoli (nelle immagini in alto) e Michela Ghiorzi (nell' immagine a destra) - che hanno come autorità di riferimento l’Assemblea dei rabbini d’Italia. Questa iniziativa si rivolge soprattutto alle piccole Comunità ebraiche che non hanno al loro interno un servizio di ristorazione kasher strutturato. “Ho scelto di fare questo lavoro per passione: rendere felici le persone attraverso il profumo e il sapore del cibo”. È così che Daniela Di Veroli vive quest’avventura. Ebrea romana, i piatti tipici della sua città l’accompagnano fin dall’infanzia. Per aprire i suoi orizzonti anche alla cucina ebraica internazionale si è rivolta a maestri d’eccezione. “Per imparare a fare le mafrume mi sono fatta adottare da una mamma tripolina”, racconta a Pagine Ebraiche. In più, cerca di reinterpretare la cucina italiana e regionale all’interno dei vincoli della kasherut. Il segreto di Daniela è l’amore per la sperimentazione di nuovi sapori per arricchire il suo menù, caratterizzato da un vivacissimo eclettismo in grado, nel corso di una sola cena, di far volare i palati dalla Libia alla Persia e di nuovo all’Italia. Perché questo è il bello della cucina: gustare un piatto non è solo un’esperienza sensoriale ma significa calarsi nel mondo e nei valori che esso rappresenta. E proprio in questo senso Daniela intende sfruttare le sue “radici lavorative”, che consistono nelle lezioni di ebraismo ai visitatori della sinagoga prima di Roma, oggi di Milano. Dall’abbinamento delle sue due passioni trae origine il suo nuovo progetto: tour cultural-gastronomici dell’Italia ebraica. Una nuova attività sospesa fra il piacere di gustare manicaretti e la scoperta di nuove culture. Forse, le parole più giuste per descriverla le ha trovate il topolino Remy, geniale protagonista del film Disney Ratatouille: “Se è vero che siamo ció che mangiamo, io voglio mangiare solo cose buone”.

Francesca Matalon, Pagine Ebraiche febbraio 2012

pilpul
Memoriae
Francesco LucreziTra le varie manifestazioni svolte, in tutto il Paese, per  il Giorno della Memoria – ampiamente illustrate e commentate su questo portale -, ci si permetta di segnalare ancora, per la particolare ricchezza di contenuti e la vastità di soggetti coinvolti, la catena di iniziative intitolata “Memoriae. Una settimana per non dimenticare”, promossa dal Comune di Napoli, dall’Associazione Valenzi e dall’Associazione Libera Italiana, di concerto con numerosi partner (Prefettura, Questura, Esercito Italiano, Ferrovie dello Stato, CCIAA Benevento, Comesvil, Confartigianato, Edizioni Cento Autori, Emeroteca-Biblioteca Tucci, La Casa dell’Architetto B&B) e col patrocinio di svariate Associazioni, Istituzioni ed Enti (Comunità Ebraica, Ufficio Scolastico Regionale, Arcigay, Associazione Italia-Israele, Associazione Nazionale ex Internati, ANPI, Fondazione Polis, Libera, Opera Nomadi).
Il progetto – come espresso dal titolo – ha inteso andare al di là della celebrazione di una singola Giornata, coinvolgendo la cittadinanza – caso, a quanto risulta, finora unico – in un’intera settimana di riflessione (dal 23 al 30 gennaio), scandita da una nutrita serie di conferenze, dibattiti, concerti, mostre, tutti incentrati sul tema della memoria, intesa come imperativo legame di solidarietà tra le generazioni e collante morale della comunità civile. Il plurale “memoriae”, inoltre, ha inteso dare l’idea di una commemorazione della Shoah ‘naturalmente’ destinata ad espandersi, ad apparentarsi con la solidarietà verso le vittime di altre forme di soprusi e ingiustizie.
È noto che la salvaguardia della specificità della Shoah rappresenta un valore da difendere con attenzione, soprattutto di fronte ai ricorrenti rigurgiti negazionisti o revisionisti, e ai frequenti tentativi di banalizzazione, tesi, più o meno consapevolmente, a fare sbiadire il ricordo dell’Olocausto nel generico calderone delle umane violenze e cattiverie. Il rischio che tale valore – ossia la consapevolezza dell’unicità, della peculiarità della Shoah – possa essere scalfito, attraverso i reiterati accostamenti ad altre esperienze, certamente, esiste, ma non si può non affrontarlo, in quanto è lo stesso valore pedagogico della memoria che sollecita – sul piano culturale, etico, civile – un dovere di “vigilanza totale”, a 360° gradi, contro il male, la sopraffazione. I ragazzi a cui si racconta di Auschwitz pretendono di sapere in che modo, qui ed ora, essi possono mettere a frutto la lezione appresa. E sono estremamente recettivi nei confronti di chi indichi loro delle frontiere di impegno possibili, attuali: accanto, per esempio, alle vittime odierne della camorra, del razzismo xenofobo, dell’omofobia, di ogni discriminazione. Anche piccola, minuta: i giovani sanno ben capire la differenza tra un semplice insulto razzista, magari dato nella foga di una partita di pallone, e la morte in una camera a gas. Ma, proprio perché lo capiscono, capiscono anche che è più facile intervenire al primo segnale, al primo sintomo della malattia.
La settimana napoletana – un cui consuntivo è stato tracciato in un pubblico incontro nei locali della Comunità Ebraica di Napoli, lo scorso mercoledì 15 febbraio, alla presenza, fra gli altri, di Nico Pirozzi (principale ideatore e animatore dell’iniziativa) – ha dimostrato, senza dubbio, una grande sensibilità sul tema da parte della cittadinanza, e una pressante richiesta di conoscere, sapere, capire. Anche se ha riproposto, contemporaneamente, la difficoltà di farlo, la sostanziale incomunicabilità dell’esperienza estrema che ha segnato il secolo scorso. Un sentimento, credo, diffuso tra coloro che osservavano il carro bestiame, donato dalle Ferrovie dello Stato, esposto a piazza del Plebiscito, adibito, appena 68 anni fa, a fare la spola tra la stazione Tiburtina di Roma, il binario 21 della stazione di Milano, e la ‘Bahnrampe’ di Auschwitz-Birkenau. Una grande folla ammutolita ha partecipato, innanzi a tale terribile monumento, al kaddish officiato, il pomeriggio di venerdì 27 gennaio, dal Rabbino Capo di Napoli e dell’Italia meridionale, Scialom Bahbout. Gli occhi di tutti erano fissi sul sinistro contenitore: una grossa scatola di legno, ben chiusa, con delle ruote di ferro, atte a farla camminare. Un oggetto semplice, funzionale. Insieme facile e impossibile da comprendere.

Francesco Lucrezi, storico

notizieflash   rassegna stampa
Qui Roma - Le catacombe ebraiche
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Di accresciuto interesse in questi anni lo studio della Comunità ebraica romana in età antica, in particolar modo, oltre alla sinagoga di Ostia quello sulle catacombe ebraiche. Proprio a conferma di questo interesse è l'uscita in libreria in questi giorni del libro di Elsa Laurenzi, Le catacombe ebraiche - Gli ebrei di Roma e le loro tradizioni funerarie  edito da Gangemi, che punta l'obiettivo sulle catacombe di Vigna Randanini. Il volume sarà presentato oggi a Roma alle 17 nella sala convegni della Gangemi Editore editore, in via Giulia 142.

 

Nella giornata odierna si deve considerare che sia il conflitto tra Israele ed Iran l'argomento al centro dell'attenzione per i principali commentatori. Andrea Wilbur firma un interessante articolo su Europa, ma bisogna ricordarsi sempre quanto sia impossibile, su una questione strategica come questa, avere la conoscenza di quanto si dice davvero nelle stanze dei bottoni.

Emanuel Segre Amar











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