se non visualizzi correttamente questo messaggio, fai  click qui

29 gennaio 2012 - 4 Shevat 5772
linea
l'Unione informa
ucei 
moked è il portale dell'ebraismo italiano
 
alef/tav
linea
Benedetto Carucci Viterbi Benedetto
Carucci
Viterbi,
rabbino

"E sarà per te come ricordo tra i tuoi occhi" abbiamo letto ieri nella parashà di Bo in riferimento ai tefillin. A volte una memoria esterna aiuta a non intasare eccessivamente quella interiore. E lascia spazio ad una molteplicità di ricordi.



David
Bidussa,
storico sociale delle idee


David Bidussa
Alle volte le parole sembrano incomprensibili, poi la realtà ci fornisce esempi significativi e pregnanti e così ciò che prima era oscuro diventa chiaro. Per esempio si prenda l’espressione “banalizzatore della storia". Lo definisco così:; il banalizzatore è colui che degrada un fatto storico, lo spoglia di ciò che esso ha di particolare e di rilevante, in modo da occultarne la complessità e dunque alla fine contribuendo al suo annullamento. Forse è ancora oscuro. Allora faccio una proposta: prendete la prima pagina de “Il Giornale” di venerdì scorso, 27 gennaio 2012, leggetela e riflettete sul titolo che il suo direttore ha dato al suo editoriale e la banalizzazione della storia la avrete davanti. Non è in discussione se quella fosse l’intenzione. Quello comunque è stato l’effetto. Ed è ciò che rimane.

torna su ˄
davar
Memoria - Combattiamo i balordi che negano i fatti,
ma anche le manovre di chi nega le responsabilità

Lo Shabbat è il momento giusto per ragionare e questa settimana ho trovato di che tenere impegnata la testa. Appena terminato l'insieme di cerimonie, commemorazioni, incontri e convegni dedicati al Giorno della Memoria, siamo entrati in uno Shabbat dove credo molti ebrei italiani avranno riflettuto sugli avvenimenti e i discorsi. Per quanto mi riguarda ho tentato di fare un inventario delle idee destinate a restare e a lasciare il segno. I momenti di importante riflessione e conoscenza erano molto numerosi, credo che resteranno le parole pronunciate al Quirinale dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che assieme al presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna e al ministro dell'Istruzione Francesco Profumo ha tenuto, sotto lo slogan “Un filo spinato non può fermare il vento”, con tantissimi studenti la cerimonia ufficiale in memoria della Shoah. Credo che resterà una nuova consapevolezza della necessità di combattere con vigore il negazionismo, una coscienza che va crescendo anche grazie all'accorato appello contenuto nel libro di Donatella Di Cesare “Se Auschwitz è nulla” (il Melangolo edizioni). Per quanto mi riguarda resterà il momento in cui, solo pochi giorni fa, circondato da centinaia di giovani giunti da tutta Italia, il rav Alberto Funaro ha lacerato con il suono del suo Shofar il cielo grigio di Auschwitz di cui il lettore trova una commovente testimonianza fotografica nella fotonotizia di Pagine Ebraiche attualmente in distribuzione. Eppure, subito prima di questo Shabbat, due fatti di segno opposto hanno contrassegnato la giornata. È utile metterli a fuoco, perché credo siano destinati a lasciare, ciascuno a suo modo, un segno profondo. Il primo lo si trova nelle parole con cui il ministro Profumo ha concluso il suo intervento al Quirinale rispondendo al presidente Gattegna. Un alto rappresentante della Repubblica si è scusato esplicitamente riconoscendo senza mezzi termini le responsabilità italiane, dalle leggi razziste alla collaborazione nazifascista, che trascinarono gli ebrei nella Shoah e l'onore nazionale nel fango. Rileggiamole assieme, prendiamo buon nota del coraggio di chi le ha pronunciate: “Oggi, insieme a tutti gli insegnanti, i dirigenti scolastici, gli studenti e i genitori al di fuori di questa solenne Aula, chiedendo perdono per il male che gli italiani di allora fecero o non seppero impedire, onorando in modo particolare i nostri concittadini ebrei, che più di tutti patirono la tragedia delle persecuzioni, solennemente ci impegniamo a operare sempre più per realizzare gli obiettivi che il Giorno della Memoria ci indica”.
Il secondo fatto sta stampato sulla prima pagina del quotidiano Il Giornale di venerdì. Il collega Alessandro Sallusti, che lo dirige, per rispondere alla antipatiche critiche elevate dal settimanale tedesco Der Spiegel riguardo al naufragio all'isola del Giglio, ha pensato bene di titolare “A noi Schettino, a voi Auschwitz”. Se si trattasse solo di uno sberleffo di cattivo gusto, di una mancanza di rispetto ai sentimenti delle vittime della persecuzione, di una sbadata stupidità, non ci sarebbe forse nemmeno da voltarsi indietro. Purtroppo è ben di peggio e anche in questo caso mi sembra opportuno valutare attentamente la situazione. L'operazione di Sallusti, infatti, non consiste unicamente nel maneggiare con disinvoltura a proprio comodo i simboli della Shoah, ma condotta sotto la copertura dell'idea di risvegliare l'orgoglio nazionale tenta di negare le responsabilità del fascismo e dell'Italia di allora.
Questo non è il negazionismo di chi nega la realtà dei fatti, dei balordi contro i quali, come ha ricordato il collega Paolo Mieli in un recente lucidissimo intervento, rischia di essere persino troppo facile, se non controproducente, scagliarsi. Questo è il negazionismo di chi riconosce i fatti, per negarne le responsabilità. Nel nome dell'orgoglio nazionale si tenta di circoscrivere ai tedeschi in quanto tali la responsabilità della persecuzione e dello sterminio e di accreditare all'Italia di allora meriti che, come ha ricordato anche il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici, purtroppo non possono essere vantati, nonostante i gesti di coraggio espressi da una ristretta minoranza di eroi.
Il fine è chiaro: giocando sulle emozioni e usando un ipocrita tono di amicizia nei confronti degli ebrei, si tenta di evitare proprio il passaggio più imbarazzante: fare i conti con la propria storia. Ma questo non giustifica una campagna come quella scatenata da Sallusti e atta a negare le responsabilità italiane. E non giustifica nemmeno l'indecorosa raffigurazione di un Gianfranco Fini cui si rimprovera il capo coperto da una kippà, finito nel mirino di Libero apparso sabato mattina. Sono comportamenti che vanno denunciati e su cui sarebbe meglio ragionare.
Come pure sarebbe utile ragionare sugli effetti di due importanti uscite televisive avvenute in parallelo sempre in occasione del 27 gennaio. In un'analisi apparsa su l'Unione informa di venerdì abbiamo già presentato i contenuti e la differenza di modelli fra un Porta a porta di Rai Uno (dove Bruno Vespa ha avuto ospiti i Testimoni Edith Bruck e Sami Modiano, il ministro della Cooperazione e dell’integrazione Andrea Riccardi, il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici, il Consigliere UCEI delegato alla Memoria Victor Magiar, lo storico Marcello Pezzetti, la filosofa Donatella Di Cesare e Roberto Olla, autore del filmato Le non persone) e un Otto e mezzo (Auschwitz e la memoria corta”) di La7 dove Lilli Gruber ha invitato il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni e la filosofa del linguaggio e semiotica Valentina Pisanty, autrice di “Abusi di memoria. Negare, banalizzare, sacralizzare la Shoah” (Giorgio Mondadori editore). Ci si sarebbe potuti attendere che un numero maggiore di telespettatori seguisse più facilmente il grande contenitore Rai, che per quantità di ospiti, varietà del materiale filmato e maggiore immediatezza degli argomenti trattati poteva sembrare più adatto alla sensibilità delle masse. Ci si sarebbe potuti immaginare che il lavoro della Gruber, più denso, più attento ai problemi che alle emozioni, avrebbe coinvolto solo pochi appassionati. Ma al termine di questo Shabbat, dati alla mano, abbiamo imparato qualcosa di nuovo. Porta a porta ha avuto un milione 181 mila spettatori. Otto e mezzo, che pure va in onda nella fascia oraria in cui la concorrenza fra le reti è più intensa, 1.426.272. La trasmissione ha aperto il dibattito sulle mistificazioni e i rischi di una religione della morte che minaccia di inquinare la religione di vita tramandata dagli ebrei di generazione in generazione, raggiungendo, mentre il rav Di Segni e la professoressa Pisanty denunciavano precisamente questi pericoli, 1.849.102 spettatori e ha raccolto complessivamente quasi 3,6 milioni di contatti. A quanto pare agli italiani non dispiace ragionare. E il nobile messaggio del ministro Profumo è un segno di conferma. Non resta che sperare che anche il collega Sallusti ne possa prendere atto al più presto possibile.

Guido Vitale

Qui Milano - Omaggio a Weisz, la Memoria entra in campo
C’erano il Capitano dell’Inter, il Mister, la Signora: Javier Zanetti, Claudio Ranieri, Milly Moratti. C’era l’assessore allo sport del Comune di Milano, Chiara Bisconti, i consiglieri Ruggero Gabbai ed Elisabetta Strada, Matteo Marani che ne ha scritto la biografia dopo tre anni di appassionate ricerche, “Dallo Scudetto ad Auschwitz” (Aliberti, 2007), il Console generale d’Ungheria Istvan Manno. C’era Roberto Jarach, presidente della Comunità ebraica di Milano e appassionato interista, insieme a un piccolo drappello di iscritti alla Comunità più che mai orgogliosi della propria fede nerazzurra. Tutti insieme per rendere omaggio, nel Giorno della Memoria, a un grande personaggio della storia dello sport, nerazzurra, cittadina, nazionale: Arpad Weisz, allenatore ebreo ungherese che dopo i grandi successi con l’Inter (allora Ambrosiana) e con il Bologna, che portò addirittura sul tetto d’Europa, nel Torneo dell’Esposizione Universale, antenato dell’odierna Champions League, nel 1938 fu costretto a lasciare l’Italia in seguito alle leggi razziste, e nel 1944 fu deportato dall’Olanda ad Auschwitz, dove fu ucciso insieme a tutta la sua famiglia.
“La cultura dello sport è prima di tutto rispetto e tolleranza - ha messo in evidenza l’assessore Bisconti - Milano vuole rinnovare ancora una volta il suo ‘no’ alla violenza e il suo ‘sì’ alla convivenza tra identità e culture diverse, per costruire una città di pace. È la grande lezione dello sport. Figure come quella di Arpad Weisz ci spingono a rinnovare insieme, ogni giorno, questo impegno”.
Una targa posata nel foyer della tribuna rossa di San Siro, lo stadio dedicato proprio a quel Giuseppe Meazza che Weisz fece debuttare a 17 anni in Coppa Volta, ricorderà infatti per sempre ciò che l’allenatore fece per l’Inter e per lo sport italiano, e ciò che fu capace di infliggergli il nazifascismo. “È un onore per me essere qui a ricordare un grande uomo, parte della famiglia Inter e dei valori che spero possano essere d’esempio per tutti i giovani” le parole del capitano Zanetti. “Mi ha fatto impressione leggere che Weisz fu il primo allenatore a mettersi una tuta e scendere in campo con i calciatori - gli ha fatto eco Claudio Ranieri - È una storia importante, che mi auguro aiuti a non dimenticare ciò che è stato”.
Proprio dai giovani, che la storia di Weisz può aiutare a far riflettere sulla Shoah più forse di quanto non facciano libri e conferenze, è partita l’iniziativa: dagli alunni del liceo artistico milanese Umberto Boccioni insieme al loro preside Giuseppe Como. Che hanno segnalato la figura di Weisz di cui avevano letto nel libro di Marani ai consiglieri Gabbai e Strada, che hanno proposto una mozione per la targa commemorativa votata all’unanimità da tutto il Consiglio comunale.
“Accogliere giocatori di varie nazionalità fa da sempre parte del DNA dell'Inter, che scelse il nome Internazionale non a caso, quando fu fondata. L’integrazione è un principio nerazzurro fondamentale, un principio al cui servizio la nostra squadra si porrà sempre - ha sottolineato Milly Moratti. Che a margine dell’incontro, alla proposta di rendere omaggio a Weisz anche nel corso di un incontro al Meazza, magari il prossimo Inter-Bologna in programma la terza settimana di febbraio, perché la storia di Weisz raggiunga l’intero popolo di San Siro, ha accolto l’idea con entusiasmo. Le porte della Scala del calcio si aprono dunque alla Memoria, con un segnale che potrà dare un contributo fondamentale per combattere il razzismo e l’intolleranza che ancora troppo spesso tornano alla ribalta negli stadi italiani.

Rossella Tercatin

Qui Firenze - Al Franchi per dire no al razzismo
Cambiano i protagonisti, ma il messaggio non cambia. Un no corale al pregiudizio, un appello ai tifosi e a tutti gli appassionati di pallone per un'opposizione comune all'odio e all'intolleranza. In occasione delle celebrazioni per il Giorno della Memoria torna a farsi sentire la voce della Fiorentina Calcio che, attraverso un video trasmesso sul proprio sito ufficiale che vede protagonisti il capitano Alessandro Gamberini e il suo vice Stefan Jovetic (l'anno scorso era stata la volta di Riccardo Montolivo) e uno striscione esposto quest'oggi da alcuni atleti delle squadre giovanili pochi istanti prima del derby toscano con il Siena, rinnova così il proprio impegno di Memoria. “La Fiorentina dice no al razzismo ed è unita nel rifiutare ogni forma di discriminazione” dice JoJo nel breve ma intenso filmato mentre sullo sfondo scorrono, accompagnate dal violino di Itzhak Perlman, alcune immagini dei campi di sterminio nazisti. L'iniziativa, applaudita dal popolo del web, trae origine da una partnership tra dirigenza viola e Regione Toscana.

Allo Yad Vashem, per rinnovare l'impegno del ricordo
Grande intensità e partecipazione hanno caratterizzato la cerimonia organizzata dagli italiani d'Israele allo Yad Vashem in occasione delle celebrazioni per il Giorno della Memoria. La commemorazione, svoltasi per il settimo anno consecutivo (ad aprire questa tradizione ormai consolidata l'allora ambasciatore d'Italia in Israele e oggi ministro agli Esteri del governo Monti Giulio Terzi di Sant'Agata), ha avuto luogo nella Tenda della Rimembranza alla presenza tra gli altri dell’ambasciatore Luigi Mattiolo, del consigliere d’Ambasciata Gabriele Altana e di tutti i funzionari e il personale della rappresentanza diplomatica. In apertura la deposizione di una corona d'alloro da parte dell'ambasciatore cui hanno fatto seguito due diversi momenti: il ravvivamento della fiamma perenne e la lettura di un brano per ricordare tutte le vittime della Shoah ma anche quanti misero a repentaglio la propria vita per salvare il prossimo. Al termine della cerimonia il pubblico si è raccolto nell’Auditorium dello Yad Vashem dove l'ambasciatore è nuovamente intervenuto ricordando l’impegno dell’Italia nella lotta contro l’antisemitismo e nella trasmissione di una cultura della Memoria alle nuove generazioni. Erano tra gli altri presenti il presidente del Tempio italiano di Gerusalemme Eliahu Ben Zimra, il presidente dell’Associazione immigrati dall’Italia Vito Anav, il presidente del Com.It.Es. Israele Beniamino Lazar, il presidente del Fondo Anziani Italiani Bisognosi (FAIB) Bruno Di Cori e vari rappresentanti delle altre organizzazioni italiane operanti nel paese. Tra questi il professor Sergio Della Pergola, membro della Commissione dello Yad Vashem che esamina le pratiche dei Giusti fra le Nazioni (Chassid Umot Haolam). Sempre in occasione del Giorno della Memoria l’Istituto Italiano di Cultura di Tel Aviv, in collaborazione con l’Istituto Italiano di Haifa, aveva organizzato negli scorsi giorni a Tel Aviv una presentazione del libro “L’Italia fascista e la persecuzione degli ebrei”. In quest'occasione l'autrice, Marie-Anne Matard-Bonucci, era intervenuta raccontando come e perché il fascismo arrivò all'antisemitismo di Stato, come fu orchestrata la propaganda e come fu infine realizzata la persecuzione dal 1938, anno di promulgazione delle leggi razziste, fino al tragico epilogo della deportazione nei campi di sterminio. Nelle stesse ore a Gerusalemme, a cura di alcune associazioni locali, era stato invece più volte rappresentato al Teatro Khan un rifacimento tratto dall’opera di Primo Levi “Se questo è un uomo”.

torna su ˄
pilpul
Davar acher - Memoria à la carte
Ugo VolliFra le norme del lutto contenute nel trattato talmudico Moed Katan ve n'è una che proibisce di rivolgere la parola a chi è in lutto, prima che lui stesso inizi il discorso. È una regola che forse si capisce meglio alla fine di ogni Giorno della Memoria, quando ci si sente esausti emotivamente e desiderosi di silenzio, stanchi anche delle solidarietà. Ma soprattutto si fa fatica a reagire compostamente alle gocce di veleno che si mescolano continuamente alle voci di consolazione. E però nel caso di un lutto collettivo come quello della Shoà, non abbiamo il diritto di restare storditi e passivi, come nelle vicende provate, bisogna prendere atto che le forze profonde che hanno portato alla distruzione del popolo ebraico sono ancora attive, anche se hanno assunto nuove forme di espressione e nuovi soggetti Elenco alcune di queste gocce di veleno, per dovere di testimonianza e di riflessione, tralasciando per questa volta la ributtante ma patetica ostinazione dei negazionisti espliciti, dei nostalgici del cattolicesimo dell'Inquisizione o del fascismo di Salò. Antonello Bernardi, consigliere comunale PD dell'Aquila, scrive in una sua "riflessione sulla Shoah", fra l'altro che "celebrare la Giornata della Memoria senza nominare i crimini commessi da Israele nei confronti del popolo palestinese in nome della "sicurezza", significa legittimare posizioni ipocrite e vergognose, esercitando una memoria parziale, ambigua, che replica ed accentua la solitudine e l'isolamento colpevole in cui il popolo palestinese è stato lasciato da parte della comunità internazionale."
Il sindaco di Mathausen, Thomas Punkenhofer, chiamato a Bologna a celebrare la Giornata afferma: «È spaventoso che ancora oggi ci siano politici che non esitano a sfruttare le paure degli uomini. Se ieri furono attaccati gli ebrei, oggi lo sono gli stranieri». Come dire che o gli immigrati in Europa vengono gasati in massa, o gli ebrei, essendo stranieri, hanno subito dei limiti all'immigrazione, niente più.
Lo psichiatra Luigi Cancrini, rispondendo nella sua rubrica sull'Unità a una domanda a proposito di che cosa vada " aggiunto" agli ebrei nella celebrazione memoria (gay, rom, detenuti politici, portatori di handicap), svicola e si lancia invece in un'estensione moto più ardita: "il giorno della memoria va celebrato, a mio avviso, pensando al futuro prima che al passato. Interrogandosi sul significato della frase "tutto questo non deve accadere mai più" e partendo, per dare il contributo che ognuno di noi può dare in questa direzione, da una domanda semplice sul razzismo che c'è dentro ognuno di noi. [...] Quella di esportare la democrazia con le armi è o no una scelta di stampo razzista? Sono razziste o no alcune delle nostre leggi contro l'emigrazione e le strutture cui esse hanno dato luogo? C'è o non c'è razzismo nella violenza delle posizioni religiose espresse da Oriana Fallaci o da Magdi Cristiano Allam e nel pregiudizio ancora così diffuso contro gli omosessuali o contro i Rom? Pensare che l'odio razzista si sia esaurito con Hitler e che noi non c'entriamo è comodo ma inutile." Come dire, il problema dei nazisti è di essersi sentiti superiori, magari volevano anche loro esportare la loro "democrazia" popolare, o magari il "Fuehrerprinzip". E naturalmente l'odio da paragonare alla Shoah è quello di notori amici di Israele, che hanno il torto di non essere politicamente corretti.
Sul sito del movimento 5 stelle del Piemonte, in occasione della Giorno della Memoria, sono usciti una serie di testi e di immagini il cui senso complessivo può essere così riassunto: "«Nazismo e sionismo? Le due facce della stessa medaglia». Anzi, «forse il nazismo era anche più soft del sionismo… il nazismo è un movimento nazionalsocialista, mentre il sionismo è puro nazionalismo estremo». "Beh, dire che il nazzismo era più soft mi sembra un pò eccessivo ma condivido l'idea che si vuole dare della NON differenza.. Allo scadere della mezzanotte io ho postato la bandiera della palestina, x non dimenticare... Chì da vittima è diventato carnefice! " (gli errori di ortografia e la bizzarra fraseologia sono sull'originale). Alla fine della giornata il gruppo consigliare del movimento si è distanziato da queste espressioni scrivendo: "Consci di una strumentalizzazione ormai quotidiana di molte "uscite" pubbliche o meno del gruppo consiliare su temi sensibili e ampi, siamo a puntualizzare alcuni dettagli a proposito della presenza sulla bacheca facebook individuabile come "Movimento 5 Stelle Piemonte" di alcuni link odierni che, più o meno apertamente, equiparano il terribile olocausto antisemita di 70 anni fa con i gravi episodi recenti che hanno visto il teatro di guerra israelo-palestinese al centro delle cronache: con un improvvido tempismo e un'eccessiva solerzia un nostro collaboratore ha più volte, nel corso della giornata di oggi, aggiunto alla bacheca in questione collegamenti aventi per tema la similitudine citata." Dire che gli israeliani sono peggio dei nazisti è dunque per la leadership grilina piemontese "improvvido tempismo" ed "eccessiva solerzia", non una falsità.
Si potrebbe continuare a lungo, per esempio citando la difesa che Travaglio sul "Fatto" (e in maniera più timida e contorta Gianni Cuperlo sul'"Unità" e Filippo Facci su "Libero") hanno fatto della vignetta di Vauro Senesi contro Fiamma Nirenstein, dai contenuti evidentemente antisemiti. Il Giorno della Memoria a prima vista non c'entra, ma è evidente il fastidio per la concomitanza, messa in evidenza dall'articolo di Pierluigi Battista che ha sollevato la questione: che c'entra il ricordo delle stragi naziste con la polemica contro un'ebrea che ha la colpa di entrare nelle liste di Berlusconi invece di appoggiare disciplinatamente, come dovrebbe, la sinistra... il Giorno della Memoria dev'essere contro i nazifascisti, cioè la destra, non per la difesa della vita degli ebrei...
Perché citare questi episodi, almeno in apparenza marginali? Perché bisogna riflettere che sotto le molte condoglianze e le molte solidarietà e perfino sotto il rifiuto del negazionismo, emerge oggi un revisionismo non sull'esistenza della Shoah ma sul suo significato, che viene annacquato in termini di violenza e razzismo generici, fino a rovesciarlo nel suo contrario, cioè nel motore di un nuovo antisemitismo, diretto in nome delle vittime (gli ebrei morti) contro gli ebrei vivi, che cercano di difendere il diritto all'esistenza del nostro popolo. Assai più del grottesco negazionismo degli ottusi neonazisti è questo nuovo revisionismo "pacifista" "progressista" "politicamente corretto" a essere oggi pericoloso. Contro di esso bisogna protestare e combattere, non solo il Giorno della Memoria, ma tutto l'anno. Perché esso rischia di costruire il nuovo buonsenso antisemita: come una volta gli ebrei erano affamatori del popolo e deicidi, oggi sono "criminali", che ripetono gli orrori del nazismo. Che queste falsità miserabili siano propagandate anche attraverso il Giorno dela Memoria è un rischio grave e una tragica beffa ai danni delle vittime della Shoah.

Ugo Volli


ucei
torna su ˄
notizieflash   rassegna stampa
Sorgente di Vita, puntata speciale
Giorno della Memoria

  Leggi la rassegna

E’ tutta dedicata al Giorno della memoria la puntata di oggi di Sorgente di vita: si apre con la premiazione, il 27 gennaio al Quirinale, dei  vincitori del concorso “I giovani ricordano la Shoah” promosso dal Ministero dell’Istruzione e dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e giunto alla decima edizione.














 
linee
L'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti che fossero interessati a offrire un proprio contributo possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it  Avete ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo e-mail, scrivete a: desk@ucei.it indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”. © UCEI - Tutti i diritti riservati - I testi possono essere riprodotti solo dopo aver ottenuto l'autorizzazione scritta della Direzione. l'Unione informa - notiziario quotidiano dell'ebraismo italiano - Reg. Tribunale di Roma 199/2009 - direttore responsabile: Guido Vitale.