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1 agosto 2011 -1 Av 5771
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alef/tav
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Riccardo Di Segni Riccardo
Di Segni,
rabbino capo
di Roma

La luce della luna e del sole saranno diverse e quella del sole darà la guarigione ad ognuno; da Gerusalemme usciranno acque vive e anche loro guariranno chiunque; gli alberi daranno frutti ogni mese e chi li mangerà sarà guarito. E' l'inizio di una lista di 10 eventi attesi in un futuro che dovrà venire, di cui parla il midrash (Shemot Rabbah 15:21) sulla base di profezie bibliche. L'idea è che non solo verrà un momento in cui i danni saranno riparati, ma la creazione cambierà decisamente in meglio il suo corso. Oggi inizia il mese di Av. Già da oggi, in preparazione al digiuno del 9 di Av, il giorno più sciagurato del calendario ebraico, in un calendario che già per tante altre ricorrenze non è poi così allegro, scattano alcune norme di rigore e austerità, che riguardano l'alimentazione, i vestiti, le attività commerciali, i lavori di costruzione, le controversie, le feste. I vari minhagim si dividono sui dettagli di applicazione, ma un principio comune guida tutti: la necessità di partecipazione collettiva e condivisa a una memoria storica comune, che deve avere un effetto liberatorio. Viene insegnato che chi partecipa ora al lutto per Gerusalemme avrà il merito di vederne un giorno la consolazione. Alla speranza non si rinuncia, in fondo al tunnel c'è sempre la luce, ma non bisogna dimenticare, tutti insieme, che nel tunnel ci stiamo ancora, anche se forse un po' più vicini alla luce.
Anna
Foa,
 storica

   
Anna Foa
Mantova, 30 luglio: in una sala del palazzo Te, l'ensemble Profeti della Quinta suona brani di Salamone Rossi e di altri compositori del Seicento, da Frescobaldi a Monteverdi. Il concerto è straordinario, ma al di là della bellezza dei brani e dell'esecuzione la mente si perde sul senso di quell'intima adesione di Rossi all'estetica musicale barocca, sulla connessione strettissima che esiste tra i suoi brani e quelli dei musicisti cristiani. Ascoltando, ti sembra di andare alle radici musicali di un meticciato culturale fondativo della nostra cultura, nonostante le differenze e le barriere. Poi pensi a  quegli stessi ebrei di Mantova rovinosamente cacciati dagli Asburgo nel 1630, lo stesso anno della morte di Salamone Rossi, e ti domandi come quella bellezza che attraversa le culture abbia potuto coesistere con i ghetti, la protezione convivere con i roghi e i battesimi forzati. E' l'antico dillemma della storia degli ebrei, e in particolare di quella degli ebrei d'Italia.   
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davar
Qui Livorno - La mediazione evita il commissariamento
Samuel Zarrough presidente, Silvia Ottolenghi al suo fianco
"Sono molto soddisfatto, alla fine ha prevalso un forte senso di responsabilità da parte di tutto il Consiglio". Il consigliere UCEI Vittorio Pavoncello (nell'immagine a fianco) commenta così l'intensa giornata di mediazione che ieri pomeriggio, su mandato dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, l'ha portato a dirimere la controversia interna al Consiglio della Comunità ebraica di Livorno. Controversia che aveva portato a una situazione di empasse istituzionale con il ruolo di presidente, la definizione della Giunta e i vari incarichi consiliari ancora non attribuiti. La svolta tanto auspicata è così arrivata sventando l'incombente ipotesi di commissariamento della Comunità: a presiedere l'ente è stato designato il presidente uscente Samuel Zarrough (nell'immagine in basso), risultato il più votato in occasione della consultazione elettorale dello scorso 5 giugno.
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nsieme a lui in Giunta la vicepresidente Silvia Ottolenghi Bedarida e David Novelli. Il direttivo, di cui fanno parte anche Gadi Polacco, Gianfranco Giachetti e Vittorio Mosseri, resterà in carica per 11 mesi fino a prossime elezioni che si svolgeranno in concomitanza con il voto nazionale che porterà alla formazione del cosiddetto parlamentino dell'ebraismo italiano. “Sono contento dell'esito della controversia anche perché è stata rispettata la volontà popolare che mi aveva attribuito il maggior numero di preferenze” dice il presidente Zarrough. “Adesso mi auguro di poter lavorare in collaborazione con tutto il Consiglio cercando di proseguire lungo il cammino intrapreso negli scorsi anni”. “Quello siglato ieri – incalza la vicepresidente Silvia Ottolenghi Bedarida – è un accordo importante per la nostra Comunità, una soluzione raggiunta in extremis grazie alla buona volontà e al senso di responsabilità di tutti i consiglieri. Un ringraziamento va poi formulato al consigliere UCEI Vittorio Pavoncello che con il suo eccellente lavoro di mediazione ha permesso il buon esito dell'operazione”.

a.s.

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pilpul
Studiare Maimonide
Donatella Di CesareMolto citato, eppure poco studiato, Maimonide è una figura di rara attualità. Potrebbe offrire un significativo punto di orientamento nel caotico e spesso indecifrabile mondo contemporaneo. Sì, perché il Rambam, che tra gli ebrei arabofoni dell’area sefardita in cui visse fu chiamato Mosheh ha-zeman, «il Mosè del momento», fu un esempio, forse ineguagliato, di apertura, dialogo, sincretismo – nel senso più alto di questa parola – fra culture e tradizioni diverse. Ebreo nella vita, nel pensiero, nell’opera, dischiuse la filosofia all’ebraismo e l’ebraismo alla filosofia.
Era nato in quello che allora era un paese islamico, nella Spagna meridionale, probabilmente a Cordova, anche se non si è certi – come non si sa con precisione neppure la data di nascita. Ma nelle sue opere Maimonide usa spesso l’espressione in arabo «da noi nel Magreb». Il che fa pensare che si considerasse un ebreo andaluso. Non c’è dubbio che fosse affascinato non solo dalla filosofia greca, ma anche dalla teologia islamica di scuola ash‘arita di cui fu un profondo conoscitore. Quando però Cordova fu occupata dagli Almohadi, difensori di una interpretazione rigorista e intollerante dell’Islam, la famiglia di Maimonide, dopo aver attraversato l’Andalusia, giunse a Fez in Marocco nel 1160, per spostarsi infine in Egitto.
Manca ancora una biografia attendibile della vita di Maimonide. Un nuovo quadro è stato fornito dalla scoperta di testi delle sue lettere trovati fra i materiali della Genizà del Cairo. È stato lo studioso israelo-americano Shlomo Dov Goitein ad aver avviato una revisione della vita affascinante di Maimonide. Una delle tante domande riguarda la sua conversione alla religione islamica, scelta forzata, per così dire di passaggio, per far ritorno all’ebraismo. Conversione sì, conversione no? Difficile sostenere il no, dato che nella sua famosa «Lettera sulla conversone forzata» Maimonide scrive del «nostro peccato». Per non parlare del fatto che alcune opere – ad esempio il «Trattato sull’arte della logica» – si aprono con la formula islamica besmala (anche uno studioso come Davidson, che ha sostenuto il contrario, ammette che la conversione non possa essere facilmente smentita – pp. 17-20).
Insomma la rivendicazione delle origini, come tale, finisce per apparire una reazionaria operazione identitaria e soprattutto vuota, se non è accompagnata dallo studio effettivo. Forse sarebbe tempo di liberarsi del quadro apologetico, ancora troppo diffuso, per prendere in mano i testi di Maimonide e finalmente leggerli.
In italiano si trovano con facilità la «Guida dei perplessi» curata da Mauro Zonta (Utet 2005); «Ritorno a Dio. Norme sulla teshuvà» tradotto da Raffaele Levi (Giuntina 2004); «Maimonide un percorso verso il benessere», curato da Giuseppe Laras e Michele Tedeschi (Gem 2010) che contiene il Trattato sull’etica dei comportamenti (Hilchoth De’oth, 1170-1180) e la Guida alla salute (Hanhagath Ha-Beriuth, 1198). È disponibile anche un’ottima introduzione di Mauro Zonta (Carocci 2011).

Donatella Di Cesare, filosofa

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notizie flash   rassegna stampa
Israele Libano - Fuoco sul confine
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Breve conflitto a fuoco questa mattina tra l'esercito libanese e quello israeliano nell'area di Wazzani. A confermarlo il portavoce dell'Unifil, il contingente dell'Onu schierato nel sud del Libano, Niraj Singh, citato dal sito An Nahar che ha confermato che la sparatoria avvenuta stamane tra militari libanesi e israeliani, non ha comunque provocato feriti e che la situazione è tornata alla calma. Non è chiaro cosa abbia provocato il conflitto a fuoco. L'esercito israeliano ha detto che le sue truppe sono state fatte bersaglio di una sparatoria mentre lavoravano sul versante israeliano della Linea Blu, il confine tra i due Paesi tracciato dall'Onu. Un ufficiale libanese ha detto invece che i militari libanesi hanno aperto il fuoco quando gli israeliani hanno varcato la Linea Blu.   
 
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