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L'Unione informa |
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21 aprile 2010 - 7 Iyar 5770 |
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Adolfo Locci, rabbino capo di Padova |
“Siate santi, perché Io, l’Eterno vostro D-o, sono Santo...” (Vaiqrà 19:2). Rav
Zvi Yehudà Kook (1891-1982) spiega che questo verso può essere compreso
in due modi: da una parte indicherebbe un insegnamento da seguire,
quello “di diventare/essere santi”, dall’altra costituirebbe un assunto
indiscutibile, noi siamo santi! Ma attenzione, questo assunto ha delle
condizioni. Il popolo ebraico deve saper riconoscere, attraverso la
“Kedushà” dell’anima e del corpo, la “Kedushà” che si diffonde da
“Kadosh Baruch Hu” nel mondo da Lui creato. Acquisita questa
consapevolezza, bisogna sapere come tradurla in concreto. Questo
è uno dei concetti fondamentali espresso a motivazione delle mitzwoth.
Una parte di esse, enunciate nella parashà di Kedoshim che leggeremo il
prossimo Shabbat, ci insegna che la “Santità” non è un titolo nominale
che per averlo bisogna compiere eventi soprannaturali, ma è uno
“status”, che si acquisisce con il vivere adempiendo quegli
insegnamenti divini che sono “semplici” azioni umane volte a creare
armonia tra individui diversi. |
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Elie
Wiesel ha scritto "Jerusalem", una lettera-manifesto sul legame fra il
popolo ebraico e la città di Gerusalemme. L'ha pubblicata acquistando
intere pagine a pagamento sui maggiori giornali nazionali. Non è
indirizzata a nessuno in particolare. Ma tutti conoscono il reale
destinatario; Barack Obama. |
Maurizio Molinari, giornalista |
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Qui Ferrara - Gadi Luzzatto Voghera racconta la mostra Origini del Libro ebraico in Italia
'Origini
del Libro ebraico in Italia' è la mostra curata da Gadi Luzzatto
Voghera in esposizione nella sala d'onore del Comune di Ferrara
inaugurata in occasione della Festa del Libro ebraico in Italia, che
resterà aperta al pubblico fino al 30 aprile. Si tratta di una rassegna
che rende accessibili 22 esemplari dell'editoria ebraica fra cui
incunaboli, cinquecentine ed edizioni rare per lo più appartenenti al
Collegio Rabbinico Italiano e conservate nel Centro Bibliografico Ucei. La
mostra è stata realizzata con il patrocinio della Regione Emilia
Romagna, del Comune di Ferrara e dell'Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane e grazie al contributo del Ministero per i Beni e le Attività
Culturali. La 'stampa' ebraica in Italia ha un'antica tradizione,
a partire dalla seconda metà del '400 ebbe inizio un'importante
produzione di libri ebraici realizzati con matrici di lettere o parole
appositamente prodotte da artigiani locali sia in metallo che in legno.
Iniziato a Soncino nell'ultimo ventennio del '400, l'esercizio
dell'arte tipografica da parte di imprenditori ebrei si diffuse in
tutta Italia: Reggio Calabria, Napoli, Roma, Piove di Sacco, Bologna,
Brescia, Mantova, Ferrara, Riva di Trento, Padova, Cremona. Ma fu a
Venezia che l'attività tipografica assunse nel XVI secolo le
caratteristiche di una vera e propria industria. Abbiamo chiesto a Gadi Luzzatto Voghera di darci qualche cenno sulle opere in esposizione. Gadi con quale criterio hai scelto i libri esposti nella mostra? Ho
dovuto privilegiare il criterio didattico perché avevamo poco spazio e
poche risorse e quindi ho dovuto presentare diverse categorie di
volumi. Certamente dovevamo dedicare uno spazio agli incunaboli... Quali sono i volumi esposti nella mostra? Il
Talmud nella sua impaginazione impostata da Daniel Bomberg nel 1520 e
accanto ad esso alcuni esempi di classici commentari alla Halakha, il
Mishlé Torà di Maimonide e l'Arbà Turim, che sono le due fonti
classiche della Halakhà. Quello che è interessante dire è che sono le
due copie protagoniste della guerra di due stampatori cristiani. Vi è
un volume del Pahad Itzhak che è un tributo alla città di Ferrara
perché è stato scritto da Isaac Lampronti e un'opera linguistica, un
dizionario per l'esattezza Zemach David e non poteva mancare la Bibbia
nella sua versione classica e marrana. Da segnalare in più lo Zoar.
Tutte queste opere vogliono dare un'idea della centralità dell'Italia
nella stampa delle opere. Per fare qualche esempio la prima impresa
tipografica ebraica fu avviata dalla famiglia dei Da Spira, ebrei
tedeschi trasferiti nella cittadina di Soncino e che da essa trassero
il nome. Fra il 1483 e il 1490 i Soncino pubblicarono 30 libri fra cui
la prima edizione della Bibbia completa in ebraico, una serie di
trattati del Talmúd, il Machazòr . Il maggiore fra gli stampatori
Soncino fu Ghershom, unico stampatore ebreo in Italia a cavallo tra
Quattro e Cinquecento. Quale fra le opere esposte ti ha suscitato più emozione? C'è
un'opera pubblicata a Venezia nel 1609, si tratta di un esemplare unico
al mondo, un'edizione di stampa precoce dell'Aggadà di Pesach con delle
illustrazioni bellissime, viene da una collezione privata e dà un senso
di come gli ebrei vivevano i libri: è sporco, scarabocchiato, ma
bellissimo. Che cosa hai provato nel curare una mostra di questo tipo, nel selezionare volumi così antichi rari e pregiati? Io
ho molto a che fare con i libri antichi dal momento che dirigo la
Biblioteca ebraica di Venezia ed è una delle mie grandi gioie. Secondo
me sarebbe però importante preservare questi volumi avviando una
scansione. Una mostra di questo tipo è anche un modo per attivare una
riflessione su che cosa si può e si deve fare per la loro conservazione.
Lucilla Efrati
Qui Ferrara - Dal pensiero filosofico alla Shoah
Densa
l'agenda degli incontri nel terzo giorno della Festa del Libro ebraico
in Italia, che si è svolta in questi giorni a Ferrara e chiuderà i
battenti questa sera al termine di un Convegno sulla cultura rabbinica
in Italia cui parteciperanno il rabbino capo di Roma, rav Riccardo Di
Segni, il rabbino capo di Ferrara, Luciano Caro, il rav Roberto Della
Rocca direttore del Dipartimento educazione e cultura dell'Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane, il rav Benedetto Carucci Viterbi, preside
delle Scuole ebraiche di Roma e il professor Dario Calimani
dell'Università Ca' Foscari di Venezia. La sala Agnelli delle
biblioteca Ariostea ha aperto la mattinata ospitando il dibattito
filosofico “Tra Atene e Gerusalemme (via Auschwitz)” patrocinato dalla
Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Ferrara cui hanno
partecipato il professor Mino Chamla della Scuola ebraica di Milano, la
professoressa Irene Kajon dell'Università La Sapienza di Roma, la
professoressa Orietta Ombrosi dell'Università di Bologna e il professor
Giuliano Sansonetti dell'Università di Ferrara. A moderare l'incontro
Massimo Giuliani dell'Università di Trento, che fa parte anche del
Comitato scientifico del Meis. Il confronto fra i filosofi è partito
dal confronto fra giudaismo e filosofia il cui rapporto è antichissimo
e non sempre pacifico. Rifacendosi al pensiero di Salomon Munk,
filosofo ebreo del XIX secolo che fu tra i primi a tradurre la Guida ai
perplessi di Maimonide e che nel 1848 conia il termine di 'filosofia
ebraica' Irene Kajon sostiene che il termine di filosofia ebraica vale
solo per la filosofia medievale. La professoressa segue un lungo
percorso che da Filone d'Alessandria iniziatore dell'intreccio fra
filosofia e religione, intreccio che influenza i padri della Chiesa
cattolica fino a Tommaso d'Aquino, passando per Spinoza che rifiuterà
l'affiancamento fra filosofia e religione e Moses Mendelssohn secondo
cui l'ebraismo non deve essere considerato una religione rivelata
quanto una legge rivelata, giunge fino a Edmund Husserl e Hermann Cohen
filosofo filosofo tedesco esponente del Neokantismo che ha vissuto fino
al primo ventennio del'900. Parte
da dove si ferma quella della Kajon, la riflessione del professor
Chamla che si concentra sul pensiero ebraico del primo trentennio del
'Novecento, con la tragica censura della Shoah. Dopo la Shoah, dice
Chamla, la riflessione spesso non è originalissima, si tenta di
spiegare ciò che è accaduto, ma è un pensiero che non produce nulla di
nuovo. Con l'intervento della professoressa Ombrosi si torna a
concentrarsi sul confronto fra Gerusalemme e Atene, mentre la
riflessione del professor Sansonetti si concentra su Emmanuel Levinas,
pensatore di punta in Francia verso la metà del '900, che intraprende
uno studio prolungato sulla Bibbia e sul Talmud, attraverso il quale
evidenzierà le peculiarità dell'ebraismo, come la separazione tra uomo
e Dio, il libero arbitrio, la capacità di cogliere il comando divino. L'assolata giornata ferrarese è proseguita con i due incontri pomeridiani che si sono svolti nel ridotto del teatro Comunale. Obiettivo
puntato sulla Shoah in Italia nel primo incontro, che ha ospitato gli
interventi di Simon Levis Sullam dell'Università di Oxford, la storica
Liliana Picciotto, Valentina Pisanty dell'Università di Bergamo,
Marcella Ravenna dell'Università di Ferrara e Antonella Salomoni
dell'Università della Calabria. E' partita dall'intreccio fra la
dimensione della Storia e della Memoria, intreccio che negli ultimi
anni ha visto il prevalere della Memoria sulla Storia, la riflessione
degli storici intervenuti, che hanno portato alcune preziose
testimonianze frutto degli studi da loro compiuti, come alcuni aspetti
organizzativi del campo di Fossoli (Liliana Picciotto), o alcuni
risvolti inediti della Shoah in Unione Sovietica ( Antonella Salomoni)
per arrivare agli aspetti psicologici della Shoah nelle menti dei
carnefici, il loro tentativo di 'umanizzazione' della Shoah (Marcella
Ravenna). «Gli italiani riempivano Fossoli, i tedeschi lo
svuotavano», ha detto Liliana Picciotto riassumendo i risultati di un
suo lavoro che ha dato vita al libro 'L'alba ci colse come un
tradimento', storia del campo di Fossoli nei mesi tragici fra il
novembre 1943 e la fine della Guerra, che individua e denuncia le
responsabilità italiane nella morte di tanti innocenti: “A scortare il
treno per Auschwitz c'erano carabinieri - ha osservato la Picciotto –
come erano italiane le forze dell'ordine che dal novembre 1943 alla
fine della guerra hanno dato la caccia agli ebrei in tutte le città del
Nord”. A parlare del rapporto fra identità nazionale e identità
ebraica tema scelto per il secondo incontro, sono stati invece
Francesca Sofia dell'Università di Bologna, Mario Miegge
dell'Università di Ferrara Gadi Luzzatto Voghera della Boston
University di Padova e Roberto Finzi dell'Università di Bologna nel
doppio ruolo di moderatore e di relatore. Parte dall'opera di
Moses Hess, 'Rom und Jerusalem', Roma e Gerusalemme. L'ultima questione
nazionale, la riflessione della professoressa Francesca Sofia. Il libro
primo scritto sionista a inserire la questione del nazionalismo ebraico
nel contesto del nazionalismo europeo sostiene il ritorno degli ebrei
nella Terra di Israele proponendo uno Stato socialista in cui gli ebrei
si sarebbero ruralizzati attraverso un processo di "redenzione del
suolo". “E' lecito parlare di identità ebraica nel momento
dell'Emancipazione?” si domanda invece Gadi Luzzatto Voghera? Lo
storico ritiene che non si possa parlare di una sola identità ebraica
(neppure per l'Italia) in assoluto nel corso di 3000 anni di storia, e
tanto più in riferimento all'epoca dell'Emancipazione. “Al più – dice
Luzzatto Voghera riprendendo una espressione usata da David Bidussa,
possiamo parlare di 'percorsi di identità' costruiti nel tempo”. “Che cosa cambia allora con l'emancipazione?” - Si domanda allora Luzzatto Voghera - “Cambia
che gli ebrei tornano protagonisti come singoli e come gruppo nella
Storia e che ricominciano dopo secoli a scrivere la propria storia.
Nasce una storiografia ebraica che diventa anche strumento di identità
e mezzo per collegare la propria storia a quella della nuova nazione
borghese”. Nel concludere il lungo e interessante dibattito,
l'intervento del professor Miegge ha messo in collegamento la realtà
ebraica ad un'altra particolare vicenda della società italiana che è
l'esperienza dei valdesi, due minoranze piccole da un punto di vista
numerico, ma che hanno fortissimi collegamenti internazionali.
l.e.
Qui Milano - La rassegna cinematografica del Cdec Non solo memoria, ma anche cultura contemporanea
È
in corso in questi giorni e fino al 29 aprile, allo Spazio Oberdan, la
terza edizione della rassegna “Nuovo cinema israeliano”, selezione dal
Pitigliani Kolno’a Festival di Roma, organizzata dalla Fondazione
Centro di documentazione ebraica contemporanea in collaborazione con la
Cineteca italiana. Paola Mortara, responsabile dell’archivio
fotografico del Cdec, racconta gli obiettivi e il successo di questa
manifestazione, che offre al pubblico milanese una vasta gamma di film
e documentari in lingua originale sottotitolati in italiano, spesso
introdotti da ospiti ed esperti. Dottoressa Mortara, come sono andate le prime giornate della rassegna? Direi
che possiamo essere molto soddisfatti, la risposta dal pubblico è
ottima, soprattutto fra gli appassionati di cinema e gli abbonati allo
Spazio Oberdan, cui teniamo particolarmente vista la nostra
collaborazione che dura da diversi anni. La gente sta dimostrando di
apprezzare la scelta dei film, così come il suono della lingua
originale che, come abbiamo avuto modo di sperimentare, risulta
particolarmente affascinante per gli spettatori. Piacciono anche gli
interventi introduttivi, che aiutano a far capire il contesto in cui le
pellicole sono nate e che vogliono raccontare. Qual è la ragione per cui il Cdec decide di occuparsi di cinema? L’idea
di promuovere una rassegna del cinema nasce dall’esperienza della
nostra cineteca, in cui raccogliamo tantissimo materiale, film,
documentari, interviste. Il Cdec vuole essere conosciuto non solo per
il suo impegno per la memoria della Shoah e della storia contemporanea
del popolo ebraico, ma anche per quello di raccontare la vita degli
ebrei e di Israele oggi. Il cinema in questa prospettiva rappresenta
uno strumento importantissimo. Il Cdec si è speso molto per questa
manifestazione. E ci tengo a citare il documentario The Green Dumpster
Mystery (T. H. Yoffe, 50’ ), che racconta proprio in cosa
consista il lavoro quotidiano di storici e archivisti, la ricerca dei
documenti, l’identificazione delle fotografie, che è poi quello che
facciamo noi al Cdec. Qual è il filo conduttore dei film presentati? Per
la selezione delle pellicole abbiamo lavorato in collaborazione con la
direzione artistica del Pitigliani Kolno’a Festival di Roma, ma siamo
riusciti anche a proporre delle novità, come il documentario “A History
of Israeli Cinema” (R. Nadjari 120’). La filmografia israeliana sta
vivendo da alcuni anni una stagione particolarmente fortunata. Si
differenzia dal passato perché non si limita a raccontare i grandi temi
che caratterizzano la storia e la società israeliana, come la guerra, o
la religione, ma si concentra sulle relazioni umane, mentre questi
rimangono sullo sfondo. E allora si parla per esempio del rapporto col
diverso che non è più solo l’arabo, ma è l’immigrato dall’Europa
dell’Est, oppure, come nel film che ha aperto la rassegna “A matter of
size” (S. Maymon, E. Tadmor, 90’), è rappresentato da un gruppo di
ragazzi, emarginati perché obesi, che cercano affermazione nel sumo.
Rossella Tercatin
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Il giorno di Davide
I versi di una bellissima, dolente poesia di Marie Syrkin, intitolata Davide, così recitano:
Supponiamo che, questa volta, Golia non cada; Supponiamo che, questa volta, la fionda non basti. Sulla pianura della Giudea, dove una volta per tutte L'umanità scagliò il sasso, supponiamo che, questa volta, La storia finisca in un altro modo: il pastore si piega, La palma della vittoria passa al braccio e alla coscia di ferro, Il miracolo svanisce dal campo fiorito, Il gigante con la corazza resta in piedi e il melodioso cantore si accascia Supponiamolo. Ma, allora, quale grazia rimarrà non celebrata, Quali mura del tempio non verranno costruite, quale giardino resterà spoglio, Quale vomere spezzato e quale arpa non accordata! Il senso della sconfitta avvolgerà ogni cuore consapevole Di quanto sarebbero cupi i bastioni di un mondo in cui I salmi vengano messi a tacere, e Davide non vinca
Appare
utile rileggerli in occasione del Yom haAtzmaut, e riflettere sul loro
significato. E non per offuscare, con un velo di inquietudine, un
giorno di festa e letizia, che tale deve restare, ma per dare maggiore
consapevolezza e pienezza al senso di tale ricorrenza. Davide
non cadrà, i salmi non verranno messi a tacere, ma, affinché ciò non
accada mai, è opportuno avere presente che potrebbe accadere, e
considerare quale sarebbe la portata di tale sconfitta. Il nostro
augurio, non al solo popolo di Davide, ma all’intera progenie di Adamo,
non è che Davide vinca ancora, ma che possa posare per sempre la sua
fionda, per restare pastore e cantore. Francesco Lucrezi, storico
Cade un velo sulla cultura della discriminazione
Cosa
accade oggi in Italia se muore una bimba di due anni? Si piange? Si
consolano i genitori? Ci si interroga sulle eventuali responsabilità?
No, si organizza un volantinaggio. Contro la bimba e i suoi genitori.
Sì, contro. La colpa? Ovvio: aver violato «i sentimenti più intimi
della maggioranza della popolazione». Succede a Udine, nel mitico
Nord-Est. La piccola muore alcuni giorni fa e i parenti decidono di
seppellirla nel cimitero di Paderno, periferia di Udine. Nel quartiere
sorge infatti un cimitero particolare, con un’area di duecento tombe
riservate ai musulmani rivolte in direzione della Mecca. A suo tempo la
scelta del sindaco di centrosinistra suscitò vibranti proteste,
attutite poi fino al primo decesso di un musulmano. Si apre un valzer
di dichiarazioni tragicomiche. «Questa gente dovrebbe laicizzarsi un
po’…» afferma il parroco di Paderno. «Intendo verificare se nella
sepoltura siano state commesse irregolarità, come il lavaggio di un
luogo improprio di alcune parti della salma. Dal punto di vista
cristiano ci sconvolge questo modo di iniziare un’epoca all’insegna
dell’integrazione» commenta Loris Michelini, capogruppo Pdl. «La Giunta
ha chinato la testa di fronte a una richiesta degli islamici» chiosa
fiero il leghista Dordolo. Con uno spunto di buon senso al fotofinish i
vertici della Lega annullano il volantinaggio previsto per sabato
pomeriggio, promettendo di ritornare sulla questione del cimitero a
salma fredda. Ci sarebbe poco da aggiungere ai fatti. Ma forse dovremmo
tutti farci un esame di coscienza: religiosi, commentatori e politici.
Soprattutto chi, spesso a sinistra, non cessa di magnificare il
«radicamento sul territorio», dimenticando le centinaia di ordinanze e
delibere - una sorta di diritto dal basso - che hanno assuefatto
porzioni consistenti del nostro paese alla più genuina discriminazione.
Tobia Zevi, associazione Hans Jonas
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Scuole romane ed ebraiche insieme nel segno di Roma 2020 «Per
il prossimo anno abbiamo in progetto di organizzare un grande evento
sportivo, che veda protagonisti gli studenti delle scuole romane ed
ebraiche, che per tre giorni si cimenteranno in tutte le principali
discipline sportive». Lo ha annunciato il presidente dei Centri
Sportivi Dabliu, Cesare Pambianchi durante lo svolgimento dell'edizione
annuale dello «Yom Dabliu sport», manifestazione che si svolge nella
ricorrenza dello Yom haAzmaut. […] La Gazzetta dello Sport, 21 aprile 2010 Roma, un compleanno all'insegna della pace Suoni
e luci a piazza del Popolo, fuochi artificiali dal Pincio, la
rievocazione della leggendaria sfida fra Orari e Curiazi. Così la La
Città Eterna festeggia oggi il suo 2763° compleanno. Un anno
particolare. Quello delle celebrazioni per i 140 anni di Roma Capitale
e soprattutto l'anno della candidatura alle Olimpiadi. Il programma del
Natale di Roma è fittissimo di appuntamenti per romani e turisti, Diamo
solo i più importanti. All'Ara Pacis in mattinata nasce il «Consiglio
permanente per la dignità, il perdono e la riconciliazione», che
«assisterà governi, istituzioni e comunità portando un contributo di
natura etica, morale, culturale e pedagogica ai processi di pace». Si
tratta di un nuovo progetto internazionale del Campidoglio nato sotto
l'Alto Patronato del Quirinale e con il patrocinio di Palazzo Chigi. I
programmi sono ambiziosi: il Campidoglio punta a portare all'Ara Pacis
i leader di Israele e Palestina, Netanyahu e Abu Mazen. [...] Rita Smordoni, il Giornale, 21 aprile 2010
L'America ha la scusa per attaccare l'Iran Non
bastano aerei e carri armati, tantomeno è sufficiente un motivo. Se un
governo democratico vuol fare la guerra ha bisogno di una scusa
tangibile, una prova inconfutabile della sua urgenza e necessità
morale. In democrazia l'opinione pubblica si convince solo con una
giusta causa, la meno astratta possibile e gli Stati Uniti non fanno di
certo eccezione. Pearl Harbour e l'11 settembre sono stati due motivi
inoppugnabili, ma non sempre la lotta del bene contro il male è così
chiara, non sempre le motivazioni sono così limpide. Difficile, ad
esempio, che l'americano del2010, oberato dalle ristrettezze della
crisi, dalle bollette e dal mutuo, si accorga dell'Iran di Ahmadinejad.
Obama stesso, col suo atteggiamento inerte e asfittico in politica
estera, dà quasi l'impressione di non rendersi conto completamente del
pericolo: tante parole, tanti summit, ma nessun fatto. Ebbene qualcuno
deve aver pensato che per risvegliare americani e presidente dal
torpore ci voglia qualcosa di forte, che sia necessario insomma far
capire loro che il tacchino del Ringraziamento tra qualche anno
potrebbe non essere così scontato quanto sembra. Meno prosaicamente è
successo che il Dipartimento della Difesa americano ha diffuso un
rapporto di 12 pagine in cui analizzando la forza militare iraniana ha
prospettato la possibilità che lo stato canaglia sia in grado entro il
2015 di sviluppare e testare un missile balistico intercontinentale in
grado di raggiungere gli Stati Uniti. li Dipartimento non dice
testualmente che questo ipotetico missille possa avere anche una
testata nucleare, ma lo lascia intuire: «il programma nucleare iraniano
- aggiunge dopo poche righe il documento - e la volontà di tenere
aperta la possibilità di sviluppare armi atomiche sono parti centrali
della strategia di deterrenza» di Teheran. Il messaggio al presidente è
chiaro e arriva direttamente da un dipartimento alle sue dipendenze:
attento Obama, se non ti svegli potrebbe essere troppo tardi. […] Carlo Nicolato, Libero, 21 aprile 2010 |
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Yom
haAzmaut, tradizionale quiz sui testi sacri
Netanyahu junior si classifica al terzo posto Tel Aviv, 20 apr - Israele,
Yom haAzmaut. Nella tradizionale gara a quiz su temi biblici, che
corona le celebrazioni dell'Indipendenza dello Stato israeliano, il
giovane Avner, figlio del premier Benyamin Netanyahu, non è riuscito a
confermare i favori del pronostico che lo vedeva vittorioso, vista
anche una sua recente vittoria in un precedente concorso a livello
nazionale, che era stata salutata con toni lusinghieri su diversi
giornali israeliani. Si è dovuto accontentare d'un terzo posto:
onorevole, ma nulla di più. La competizione, aperta a studenti di tutto
il mondo, ha visto giungere alla finale 16 giovani campioni di
memorizzazione dei sacri testi. Una delle domande più difficili,
secondo consuetudine, è stata fatta dallo stesso primo ministro: cosa
che forse ha contribuito ad accrescere l'emozione di Avner, introdotto
agli studi biblici niente meno che dal nonno centenario Ben Zion,
accademico di fama, grande vecchio della destra israeliana e già
braccio destro dell'ideologo nazionalista Vladimir Jabotinsky.
Netanyahu junior non ce l'ha fatta a spuntarla e ha dovuto cedere il
passo al vincitore assoluto - Or Asuel, un anonimo diciassettenne di
Kfar Saba (distretto centrale d'Israele).
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei
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