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L'Unione informa
 
    31 gennaio 2010 - 16 Shevat 5770  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
alef/tav    
  Benedetto Carucci Viterbi Benedetto
Carucci Viterbi,

rabbino 
"Quando il faraone mandò via il popolo, il Signore non li condusse per la strada del paese dei filistei benché fosse la più breve". Per raggiungere la meta la strada più breve non sempre è la migliore. La lentezza - alla fine il viaggio durerà quaranta anni! - può avere un senso profondo. 
Chiusa la scenografia complessiva del Giorno della Memoria, restano sul campo alcune questioni su cui è bene non distrarsi. Francesco Germinario, uno storico di grande qualità ha di recente pubblicato un libro (“Costruire la razza nemica”, UTET) su cui vale la pena riflettere. Il periodo considerato è quello a cavallo tra fine Ottocento e primi venti anni del Novecento. Il materiale documentario su cui Germinario ha costruito il suo libro è costituito da opuscoli, articoli di giornale, testi pubblicati. In breve linguaggio pubblico in cui l’antisemitismo in formazione nasce da una condizione di vittimismo, percezione della "decadenza", espulsione del conflitto sociale, teoria del complotto. Insomma il socialismo degli imbecilli, avrebbe detto August Bebel. Una condizione che a più di cento anni di distanza non recede anzi si rinnova. Quando - come sempre più spesso accade di leggere su internet o nei blog di discussione che circolano in rete - i toni e gli argomenti della critica a comportamenti e scelte di governi d'Israele esprimono una condanna esorcistica del Sionismo come potenza mondiale, e una sostanziale indifferenza ai problemi della popolazione “anche” d'Israele, allora si può ritenere che quello a cui stiamo assistendo sia la metamorfosi e la trasformazione dell’antisemitismo come socialismo degli imbecilli, verso l’’antisionismo come “antimperialismo degli imbecilli”. Anche per questo il libro di Germinario è utile. Non solo per sapere come potrebbe finire, ma, soprattutto, per capire quale sia l'alchimia culturale, emotiva e mentale originaria. Ovvero “come comincia”. David
Bidussa,

storico sociale delle idee
David Bidussa  
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  Per combattere il pregiudizio, l'emotività dei media non serve

Betti GuettaSono davvero antisemiti, gli italiani? E quanto? E il loro sentimento di pregiudizio, sta crescendo? L'indigestione mediatica che quest'anno come non mai ha trascinato con sé la decima edizione del Giorno della memoria, fra i tanti suoi effetti che meriterebbero di essere studiati a lungo dagli esperti di comunicazione, ha portato a galla anche molti segnali di allarme sul livello di antisemitismo e di intolleranza espresso dalla società italiana. Nei momenti di forte eccitazione, si sa, qualche giornalista corre il rischio di farsi prendere la mano e nel tentativo di “tenere su” la notizia, valutazioni e dati finiscono per dimostrare quello che non è. La questione è molto delicata proprio quando si parla di antisemitismo, di razzismo, di intolleranza. Fenomeni certamente presenti in misura inquietante nella nostra società, sfide che devono essere raccolte con decisione ed estrema fermezza dalle organizzazioni ebraiche, dalle minoranze in genere e dalle realtà antirazziste. Ma proprio per questo motivo anche fattori che devono essere analizzati nelle loro giuste proporzioni e nella loro reale natura, evitando accuratamente forzature sensazionalistiche che potrebbero paradossalmente trascinare un pericoloso effetto di banalizzazione del male.
Così i lanci di alcune agenzie di stampa, ripresi anche da alcuni quotidiani, che parlavano di una percentuale del 44 per cento di italiani ostili agli ebrei, partivano certo da qualche elemento reale e molto allarmante, ma al tempo stesso lasciano perplessi. Nella fretta di sottolineare un dato inquietante e quindi di per sé clamoroso, infatti, si corre il rischio di perdere di vista i contorni di un fenomeno complesso che non può essere trattato a furia di semplificazioni.
Se si cerca di ricostruire da dove siano emersi gli indicatori più controversi citati negli scorsi giorni, sembra inevitabile risalire al più recente rapporto dell'Osservatorio contro il pregiudizio del Centro di Documentazione ebraica contemporanea (Cdec) di Milano. Il lavoro, molto impegnativo e che ha richiesto l'utilizzo di ricerche e metodologie tali da farne un momento di svolta nelle conoscenze contro l'antisemitismo e il pregiudizio nel nostro Paese, ha ormai già quasi un anno di vita. I dati dedotti da questa ricerca, di conseguenza, non sono nuovissimi, ma ancora molto aderenti alla realtà italiana. Resta il fatto che questa macroscopica percentuale del 44 per cento può essere dedotta solo da un'aggregazione molto frettolosa di elementi diversi e per molti aspetti non assimilabili.
“Una cosa – spiega Betti Guetta (nell'immagine a lato), ricercatrice al Cdec e autrice del rapporto assieme a Renato Mannheimer, Adriana Goldstaub, Renzo Campelli e Leone Hassan – è mettere sotto la lente di ingrandimento un autentico sentimento di antisemitismo, un'altra è misurare il diffuso stato di pregiudizio e di ignoranza che pervade la società italiana”.
I dati illustrati dal rapporto mostrano una percentuale di antisemitismo dichiarato che riguarda circa l'11 per cento degli italiani e solo sommando ogni altro elemento di ignoranza, disinformazione e pregiudizio è possibile arrivare alla percentuale del 44 per cento.
Sia l'odio che l'ignoranza, ovviamente, costituiscono motivo di allarme e stimolo ad agire, ma sulla base di logiche diverse che non possono essere amalgamate solo per rendere un titolo più strillato e appetibile.
La sfida di chi vuole davvero combattere e sradicare l'antisemitismo dalla società italiana è quella di analizzare ogni specifico segmento di questa grande zona d'ombra e intervenire su ogni realtà con i mezzi opportuni. Ci sono italiani che ammantano dietro a critiche preconcette e strumentali nei confronti della realtà di Israele il loro odio per gli ebrei. Ci sono italiani che tentano di diffondere l'odio e che devono trovare risposte adeguate al loro cosciente atteggiamento. E ci sono italiani che esprimono pregiudizi e lacune pericolose, ma che devono proprio per questo fatto ricevere elementi di conoscenza e di giudizio equilibrato.
“Sono quelli – spiega Betti Guetta – che fanno fatica a vedere nell'altro o in una minoranza, l'umanità dei singoli, ma proiettano nei loro timori e nella loro ignoranza pregiudizi verso realtà che percepiscono come indistinte e minacciose”. Il lavoro di chi vuole combattere l'antisemitismo e il pregiudizio è quello di prendere le giuste misure e di assumere le reazioni appropriate, evitando i polveroni.
A questo fine potrà essere prezioso il contributo dell’Indagine conoscitiva sull’antisemitismo, promossa con una prima audizione alla Camera dei Deputati dal ministro degli Esteri Frattini assieme alla vicepresidente della Commissione Esteri della Camera, Fiamma Nirenstein, proprio nel giorno in cui il Presidente della Camera Gianfranco Fini invitava a parlare in Aula il premio Nobel Elie Wiesel in occasione del Giorno della Memoria.

Guido Vitale


Filosofia e libertà, i Quaderni di prigionia di Emmanuel Levinas

CBDue ore intense per dar voce, al Centro Bibliografico dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane al primo volume dei Quaderni di prigionia del celebre filosofo Emmanuel Lèvinas. A parlarne è Danielle Cohen-Levinas, nuora del filosofo e anche lei filosofa - assieme alla professoressa Donatella Di Cesare, al rav Roberto Della Rocca e al professore Edoardo Ferrario.  L'incontro fa parte delle attività del Dipartimento Educazione e cultura e del corso di laurea in Studi ebraici dell'Ucei, in collaborazione con l'Università La Sapienza, ed è stato presentato dal rav Riccardo Di Segni, e dal professor Enzo Campelli, responsabili del Collegio rabbinico e del Corso di laurea.
L'opera presentata è un testo fino ad oggi rimasto inedito, ora uscito in Francia che include, oltre a numerosi appunti, i taccuini che Levinas scrive durante i cinque anni - dal 1940 al 1945 - passati nello Stalag tedesco come prigioniero francese. L'esperienza di prigionia, ben diversa da quella della deportazione, segna profondamente il pensiero di Levinas. Ecco le risposte alle domande rivolte ad alcuni dei partecipanti.
Signora Cohen-Levinas, qual è il punto decisivo di questi Carnets?
L'aspetto decisivo riguarda la presa di coscienza di cosa significhi, dentro questa sua condizione di prigioniero, l'identità ebraica, la necessità esistenziale di reintrodurre, nella quotidianità, la regolarità della preghiera, il rapporto con una trascendenza che è il solo ricorso e la sola consolazione possibile in un mondo caratterizzato dall'odio e dalla persecuzione.
Professoressa Di Cesare in quale senso i Carnets costituiscono una chiave di volta nella filosofia di Levinas?
Come ha già detto Danielle, gli anni di prigionia sono per Levinas un ripensamento dell'identità ebraica: il prigioniero ebreo ritrova infatti qui la sua identità e nell’umiliazione riscopre il valore dell’elezione (parole dei Levinas). In una trasmissione radiofonica del 1945, Levinas afferma proprio che “la miseria del prigioniero fu sopportabile perché poté diventare una presa di coscienza dell’ebraismo germe possibile di una futura vita ebraica". E dice ancora: "Cos’è in fin dei conti l’ebraismo se non l’esperienza, dopo Isaia, dopo Giobbe, di questa possibile inversione – prima della speranza, al fondo della disperazione – del dolore in felicità; la scoperta nella sofferenza stessa dei segni dell’elezione?" D'ora in poi diventerà centrale per Levinas la domanda su quale sia il compito dell’ebraismo e che cosa si debba dire sull’identità ebraica, filo conduttore della sua vita e dei suoi pensieri negli anni di prigionia.
Secondo Levinas, cosa ha significato per il popolo ebraico questa progionia,?
Levinas scrive: “Nel dramma che ha vissuto l’ebraismo europeo, i prigionieri di guerra ebrei non hanno avuto un ruolo primario. Non hanno vissuto nei campi della morte. Miracolosamente protetti dall’uniforme, nella gran parte hanno fatto ritorno dalla Germania. Hanno di certo conosciuto l’esistenza di tutti i prigionieri – il lavoro ingrato, il lavoro madido di schiavitù, la monotonia dei giorni, dei mesi, degli anni interminabili, e la fame, il freddo, ma è stata la sorte di tutto il mondo. E questa partecipazione al destino generale ha quasi apportato un inizio di consolazione. Riconoscere nella propria pena la pena di tutti gli altri, è stato per gli ebrei per gli ebrei di quegli anni di esclusione razziale, come un ricongiungersi a un ordine universale, ritrovare la dignità dell’essere umano”.
Professor Ferrario, sono state dette e citate parole di una notevole intensità. Quale messaggio Le piacerebbe lasciare?
È stato un incontro molto appassionante, tante persone attente, preparate, partecipi… Le devo anche confessare che ero molto emozionato, imbarazzato perfino. Anche se faccio lezione da un’infinità di anni, anche se non so più quante lezioni e quanti corsi, e conferenze e relazioni ho dedicato all’opera di Levinas, anche se mi succede sempre così quando entro in un’aula e mi trovo faccia a faccia con delle persone, non importa che siano studenti del primo anno o studiosi noti e affermati, anche se quando mi trovo davanti a un testo più che commentarlo, interrogarne il senso, mi sento interrogato, messo in questione, da lui, come mi capitava a scuola, bene, questa sera, ero più disarmato che mai. Una delle frasi dei Carnet de captivité di Levinas che ho deciso di leggervi mi spiegava perché: «Le sens c'est le fait même que l’être est orienté – qu’il y a Action ou Vie», il senso è il fatto stesso che l’essere è orientato – che c’è Azione o Vita. È per questo che ho deciso di leggerla.

Ilana Bahbout


Memoria - Firenze, Enzo Collotti, una vita per la libertà

Misul - CollottiRaccontare con la massima oggettività possibile il Novecento, secolo di immani tragedie, è un mestiere difficile. E così, in tempi in cui il revisionismo va di gran moda, le figure di studiosi intellettualmente onesti sono sempre più merce rara. Enzo Collotti fa parte di questa ristretta cerchia. Recentemente nominato professore emerito dall’Università di Firenze, è uno tra i più insigni e autorevoli storici del secondo conflitto mondiale e della Resistenza. I suoi studi sono documenti preziosi che ci allontanano dai falsi miti. Come quello che vuole l’Italia fuori dal “cono d’ombra dell’Olocausto”.

Misul - CollottiSpiega Ugo Caffaz, direttore del dipartimento istruzione e cultura della Regione Toscana: “Enzo Collotti è un uomo che si avvicina alla verità senza alcun pregiudizio”. In occasione dei festeggiamenti per i suoi ottanta anni, e all’interno della rassegna Leggere per non dimenticare organizzata all’ex convento delle Oblate da Anna Benedetti, la Comunità ebraica di Firenze, nella persona della presidente Daniela Misul, ha voluto consegnargli un attestato di benemerenza. Questo il testo dell’attestato, le cui decorazioni ricordano quelle della ketuba, il contratto matrimoniale ebraico: “Al prof. Enzo Collotti, che ha dedicato la sua vita di studioso alla storia della Germania nazista, della Shoah e della Resistenza, in occasione dei suoi ottant’anni con la riconoscenza e gli auguri della Comunità ebraica di Firenze”.

Misul - CollottiIl professore, emozionatissimo, ha ringraziato i suoi collaboratori e ha ricordato come la Risiera di San Sabba e le 5000 persone che vi furono trucidate (a due passi dai bellissimi caffè del centro di Trieste), siano la prova più evidente della corresponsabilità italiana nei crimini contro l’umanità compiuti dal nazismo. Nel corso della serata è stato presentato anche il volume Essere donne nei lager (Giuntina 2009), scritto in cui Alessandra Chiappano ha fatto il punto sulla storiografia della condizione femminile nei campi di concentramento. La splendida voce di Giulia Peri, accompagnata al pianoforte da Gregorio Nardi, ha interpretato alcuni brani di musicisti ebrei vittime della furia nazista.

Adam Smulevich


Memoria - Padova, una mostra racconta Auschwitz

PadovaNell'ambito delle iniziative organizzate per la Giornata della Memoria 2010, l’amministrazione comunale di Padova ha voluto ricordare gli orrori della Shoah allestendo una mostra dal nome Konzentrationslager Auschwitz, con materiale proveniente direttamente dal museo del campo di sterminio. La mostra, posta sotto l'Alto Patronato della Presidenza della Repubblica di Polonia, e con il patrocinio della Provincia di Padova e dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, è per la prima volta in Italia e sarà ospitata nella Sala Antico Ghetto del Centro Culturale San Gaetano fino al 14 marzo prossimo (orario 10-18, lunedì chiuso). La cerimonia di inaugurazione si è svolta alla presenza di Flavio Zanonato, sindaco di Padova, di alcune alte cariche del governo polacco, tra cui il Segretario di Stato alla Presidenza Ewa Junczyk–Ziomecka, di Claudia De Benedetti, vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Presenti, inoltre, Fabio Norsa, presidente della Comunità ebraica di Mantova, e Paolo Gnignati, vicepresidente della Comunità ebraica di Venezia. La mostra, infatti, avrà carattere itinerante e sia la città virgiliana che il capoluogo veneto si sono dichiarate interessate ad ospitarla in futuro. Konzentrationslager Auschwitz è articolata in due sezioni. La prima è dedicata agli avvenimenti intercorsi tra l’emanazione delle leggi razziali e la deportazione degli ebrei padovani nel campo di sterminio (alcuni dei documenti esposti provengono dall’Archivio di Stato di Padova). Attraverso pannelli illustrati e quattro bacheche con documenti inediti si raccontano le vessazioni subite dalla comunità ebraica locale negli anni del nazifascismo. Di tutti gli ebrei padovani deportati in Polonia, solo tre riuscirono a salvarsi. La seconda, invece, è una mostra originale del Museo di Auschwitz-Birkenau e documenta la storia del campo, dalla sua creazione fino alla liberazione dei pochi prigionieri rimasti in vita il 27 gennaio 1945. Non manca un accenno alla resistenza e ai Giusti tra le nazioni polacchi, pochi eroi in un paese in cui per lungo tempo regnò l’indifferenza.


Sorgente di vita racconta la giornata del ricordo

SDVLa puntata di Sorgente di vita  in onda domenica 31  gennaio apre con l'intervento di Elie Wiesel alla Camera dei Deputati, con la cerimonia al Quirinale durante la quale il Presidente Napolitano ha premiato i ragazzi vincitori del concorso per le scuole “I giovani ricordano la Shoah” promosso dal Ministero dell’Istruzione in collaborazione con l'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. I ragazzi illustrano poi i loro lavori.
Un servizio è dedicato al progetto “Memorie d’inciampo”, nel quale l’artista tedesco Guenter Demnig  posa  diverse “Stolpersteine”, pietre di inciampo, in ricordo di alcuni deportati nei campi di sterminio  nazisti: piccole targhe di bronzo che rimarranno per sempre in diversi quartieri di Roma.
Ancora i giovani nel servizio dedicato alla maratona di lettura di “Se questo è un uomo“ di Primo Levi alla Casa della Memoria e della Storia.
Infine la presentazione della mostra al Vittoriano dedicata al campo di sterminio Auschwitz-Birkenau, a 65 anni esatti dall’abbattimento dei cancelli e lo spettacolo “Salonicco 43” al Complesso San Michele di Roma, una rappresentazione teatrale che racconta la vicenda di Guelfo Zamboni, il diplomatico italiano che a Salonicco riuscì a salvare centinaia di ebrei.
Sorgente di vita va in onda domenica 31 gennaio alle 1,20 circa su Raidue.
In replica lunedì 1 febbraio alla stessa ora e lunedì  8 febbraio alle 9,30 del mattino.
I servizi di Sorgente di vita sono anche online.

p.d.s.
 
 
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  Rotschild Boulevard - Arrivano i pc low cost made in Israel

Anna MomiglianoNel 2013 i notebook saranno più numerosi dei portatili tradizionali. La rivoluzione parte anche da Tel Aviv, dove una start up sta lanciando un nuovo modello di business, che utilizza il software libero ma strizza l'occhion a Windows.
Un sistema operativo interamente made in Israel. Sarà istallato e venduto su dei notebook, pure loro commercializzati da un'azienda israeliana, con un obiettivo assai particolare: attrarre due settori finora considerati opposti nel mercato del personal computer. Ovvero gli appassionati di Linux e i fedelissimi di Windows.
L'idea arriva da una piccola start-up di Tel Aviv: da tempo Affordy ormai si occupa della distribuzione di Titan Lev, ovvero la distribuzione israeliana del sistema operativo Linux. Trattandosi di un software libero, liberamente riproducibile e legalmente scaricabile da internet, Affordy finora ha tratto profitto soprattutto dalla fornitura di assistenza e dalla consulenza informatica, un modus operandi diffuso ormai anche in multinazionali informatiche di dimensioni assai maggiori (come per esempio la Red Hat e la Novell, giusto per menzionarne due). Quello che finora ha tenuto la piccola compagnia israeliana a galla, tuttavia, è stata una caratteristica unica del sistema operativo made in Israel: a differenza delle altre distribuzioni, Titan è stata studiata appositamente per gli utenti che sono abituati a lavorare con i sistemi Windows. Questo significa non solo che l'interfaccia grafica è pensata per essere molto user friendly, e simile a quella dei PC tradizionali. Ma anche che tutto il sistema operativo è studiato per avere la massima compatibilità con i programmi più diffusi.
La novità, ora, sta nel fatto che Affordy ha deciso di espandere il proprio business. Non più solo produzione di software ma anche vendita di hardware. L'idea, insomma, è di lanciare sul mercato dei notebook con il sistema operativo Titan già istallato: lo ha annunciato recentemente alla stampa israeliana l'amministratore delegato Yoram Nissenboim. Un veterano nel campo delle start-up tecnologiche (ne ha fondate ben otto, tutte bene avviate), Nissenboim non ha ancora fornito dettagli tuttavia sul partner commerciale identificato per avviare la produzione dell'hadware. Sembra assodato invece che la piccola compagnia punti alla fascia più economica del mercato: il prezzo dei notebook più economici si aggira intorno ai 150 dollari, di cui circa una trentina sono da attribuirsi alle licenze di software (che il prodotto israeliano andrebbe a tagliare). L'obiettivo dunque è sbaragliare la concorrenza sul prezzo.
Non tutti però sono convinti sulla fattibilità di questa strategia. A ben vedere, infatti, notebook con sistemi operativi alternativi sono già in commercio: in genere chi li acquista lo fa proprio perché preferisce utilizzare un software diverso, e alcuni ritengono che, dati i costi relativamente bassi delle licenze, difficilmente un appassionato di Windows possa decidere di acquistare un mini-computer con Titan. Ad oggi, del resto, solo l'un per cento degli utenti di computer utilizzano Linux. A torto o a ragione, tuttavia, Nissenboim e la sua squadra sono convinti che si tratti di un mercato destinato all'espansione. Stando ai pronostici della start-up di Tel Aviv, entro il 2013 dovrebbero essere in commercio circa 60 milioni di laptops, di cui “circa un terzo” dovrebbe utilizzare un sistema operativo alternativo. Sempre in base agli stessi pronostici, inoltre, nel giro di appena due anni il numero di netbook (ossia mini-computer portatili a basso costo) dovrebbe avere sorpassato quello dei tradizionali, e più ingombranti, computer portatili. “Presto ci sarà una rivoluzione nel mondo dei netbook – ha dichiarato Nissenboim - e noi siamo pronti a coglierla.”

Anna Momigliano
 
 
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La Casa Bianca alza la guardia contro l'Iran
La Casa Bianca alza la guardia contro l'Iran: Barack Obarna ha accelerato il dispiegamento di difese missilistiche contro il pericolo di attacchi da parte di Teheran nel Golfo Persico. Il nuovo dispositivo militare americano in Medio Oriente è costituito da navi al largo delle coste iraniane e da sistemi anti-missile installati in almeno quattro paesi arabi. [...]
[…] I nuovi sistemi anti-missile, otto batterie Patriot e incrociatori di classe Aegis, dovrebbero agire soprattutto da deterrente qualora Teheran volesse reagire con rappresaglie alle nuove sanzioni. Allo stesso tempo potrebbero voler evitare anche un'altra escalation da parte di un alleato americano nella regione: assalti diretti di Israele contro le installazioni atomiche di Teheran. […]
M.Val, il Sole 24 Ore, 31 gennaio 2010

Mussolini sull'iPhone. Ebrei contro la Apple
Coerenza della Rete. Ieri nella classifica dei più scaricati dall'Apple store italiano online figuravano: al primo posto fra gli audiolibri il Manifesto di Karl Marx; fra le applicazioni «iMussolini, ovvero discorsi e contributi video del duce, presentato come «L'uomo che ha cambiato la storia d'Italia». Quest'ultimo è il «bestseller» che ieri ha toccato quota 6000 download dal 21 gennaio a oggi. Un «successo» partito in sordina con appena 55 download il giorno dell'uscita dell'applicazione, diventati 600 il secondo e circa mille dal terzo in poi. Il tutto nella settimana del lancio mondiale dell'iPad e, per l'Italia, della Giornata della memoria, con picco registrato proprio nei giorni prima e dopo le celebrazioni. […]
[…] Così la cosa non è sfuggita a un'associazione americana di sopravvissuti all'Olocausto (American Gathering of Holocaust Suivivors) che ha attaccato Apple per quello che è «un insulto alla memoria di tutte le vittime, ebree e non ebree, di nazismo e fascismo». Da Apple per ora nessun commento, stanno valutando la situazione. La polemica intanto è approdata in Italia. [...]
[…] Seguono le proteste dei giovani studenti della Fegi che chiedono l'intervento di Maroni i prudenti inviti a non enfatizzare nè minimizzare degli storici. Come Giovanni Sabbatucci, per il quale si tratta di bricolage nostalgico che in sostanza si è spostato dai mercatini alla rete, ma «non si tratta di operazione scientifica: online non si trovano discorsi di Giolitti o altri statisti italiani, solo quelli di Mussolini». E le comunità ebraiche? Lone Soued, presidente di quella di Milano, concorda con lo storico della Sapienza ma riconosce che parlarne ha contribuito a fare pubblicità. «Io non andrò sul sito ma capisco che l'uomo della strada, che non ci sarebbe andato per interessi suoi, invece abbia voluto vedere».  […]
Sara Ricotta Voza, La Stampa, 31 gennaio 2010

Williamson torna a negare la Shoah 
in una email le sue tesi revisioniste

Adesso sono le e-mail a inchiodare, in maniera probabilmente definitiva, Richard Williamson, il vescovo lefebvriano che nega l'olocausto. E diventa sempre più difficile, per l'alto prelato britannico, preparare una difesa credibile al processo che lo attende, conl'accusa di «sedizione di massa», il prossimo aprile, a Ratisbona. Le mail di Williamson, inviate ai confratelli della Fraternità di San Pio X e pubblicate da Der Spiegel, appaiono piuttosto esplicite. La Shoah fu solo una «gigantesca bugia» servita per «creare un nuovo ordine mondiale». E «1,3 milioni di deportati nei campi di sterminio di Treblinka, Majdanek, Belzec e Sobibor non finirono nelle camere a gas, ma furono trasferiti dai nazisti nei territori dell'Unione Sovietica occupati dalle truppe hitleriane». Le rivelazioni del settimanale tedesco aggravano la situazione di Williamson. [...]
Marco Ansaldo, La Repubblica, 31 gennaio 2010 

 
 
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Netanyahu, “Berlusconi il nostro miglior amico”
Gerusalemme, 31 gen -
"Ammiro molto Silvio Berlusconi. Israele non ha un amico più grande di lui nella comunità internazionale", così il premier Benyamin Netanyahu ha affermato, aprendo la seduta settimanale del consiglio dei ministri, alla vigilia dell'imminente visita del premier italiano a Gerusalemme. “Questa visita - ha spiegato ancora il premier israeliano rivolgendosi ai suoi ministri - rientra nel contesto della politica israeliana di rafforzamento qualitativo delle relazioni con governi di importanza centrale in Europa". In questo contesto ha menzionato l'incontro allargato fra il governo tedesco e una parte del governo israeliano avvenuto due settimane fa in Germania e il progetto israeliano di organizzare un incontro analogo anche con il governo polacco.

Armamento atomico, Silvio Berlusconi:
“Condanna unanime e sanzioni severe”

Roma, 31 gen -
“L'armamento atomico a disposizione di uno Stato i cui leader hanno proclamato apertamente la volontà di distruggere Israele e negano insieme la Shoah e la legittimità di un focolare nazionale ebraico è inaccettabile e  l'intera comunità internazionale deve decidersi a stabilirlo con parole chiare, univoche e unanimi”, così il premier Silvio Berlusconi ha affermato in un'intervista rilasciata al quotidiano israeliano Haaretz. Nella stessa ha aggiunto: “Su queste cose a me non piace scherzare, eludere il problema, diplomatizzare in modo formalistico le questioni. Bisogna percorrere la via del controllo multilaterale sugli sviluppi del programma nucleare iraniano, del negoziato intelligente e delle sanzioni efficaci. Non si deve respingere alcun segnale di buona volontà - ha concluso - ma è già accaduto che gli sforzi di dialogo siano stati frustrati dalla logica dell'inganno e del comprare il tempo. A chi voglia metterci di fronte al fatto compiuto occorre dare risposte robuste e maliziose".
 
 
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