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    27 aprile 2009 - 3 Yiar 5769  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
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  Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma Riccardo
Di Segni,

rabbino capo
di Roma
Nell’antologia delle delizie antisemite c’è anche una spiegazione del divieto ebraico di mangiare il maiale. Perché gli ebrei non lo mangiano? Perché, spiegano gli antisemiti, gli ebrei sono i realtà dei maiali e quindi evitano di mangiare i loro simili. Delizie a parte, è un dato acquisito dall’antichità e condiviso in tante culture che non solo gli ebrei, ma tutti gli esseri umani hanno affinità con i maiali, almeno per quanto riguarda l’anatomia viscerale. E’ proprio per questo motivo che una regola antica, codificata nel principale codice di leggi ebraiche, lo Shulchan ‘Aruch (Orach Chaim 576:3), prescrive che bisogna digiunare, per implorare misericordia, quando una malattia contagiosa si diffonde tra i suini. In questi giorni la regola ha avuto purtroppo un conferma, con la diffusione dell’influenza suina agli uomini. Aspettiamo a digiunare, ma stiamo attenti.
Libertà o liberazione? Il discorso del premier ha innescato subito la discussione. Dobbiamo cambiar nome alla festa del 25 aprile e chiamarla festa della libertà, o lasciarle il suo nome, che richiama la liberazione dall'occupazione nazista, dai repubblichini di Salò, dalla guerra? Confesso che liberazione mi piace di più perché è un processo, una costruzione: io mi libero, non ero libero prima della liberazione; perché mi ricorda l'esodo dall'Egitto e il paradigma della liberazione dalla schiavitù; perché comunque non capisco in che modo, sostituendo libertà a liberazione, allargheremmo il discorso anche ai morti di Salò. Morti che, quali che fossero le loro motivazioni, non si battevano certo per la libertà, come non lo facevano i nazisti loro padroni. "Libertà", mi fa venire in mente la Rivoluzione francese e l'immagine della Marianna, o gli anarchici libertari, o il sommo verso di Dante, "Libertà vo' cercando ch'è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta". Ma non il 25 aprile, dove si lottò per liberarsi di mali molto concreti e molto vicini, di schiavitù più dure ancora di quelle d'Egitto. Anna Foa,
storica
Anna Foa, storica  
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  supermercato kasherCrisi 3 - Mangiare kasher
e far quadrare i conti

"Non sprecare", "Come sopravvivere felicemente alla crisi economica",  "La crisi economica mondiale", "La clessidra rovesciata" sono solo alcuni dei tanti volumi usciti negli ultimi mesi nelle librerie di tutta Italia, un mare di parole per studiare, esaminare, cercare soluzioni alla crisi economica mondiale.
Libri, giornali, trasmissioni televisive un tam tam mediatico esasperante, non si sente parlare che di crisi dei mercati finanziari, del crollo delle Borse, di fabbriche costrette a mettere in cassa integrazione i propri operai, di famiglie che non riescono ad arrivare alla terza settimana del mese, di case in offerta speciale, di blocco dei consumi e di commercianti  che pur di scongiurare un'ulteriore frenata di quest'ultimi sbracano i prezzi.
La discesa dei cartellini investe ogni settore: scende il prezzo delle auto, delle moto, dell'abbigliamento, della telefonia mobile, dei televisori, degli affitti commerciali, mentre  il settore alimentare, forse perché risente maggiormente dell'aumento dei costi delle materie prime non conosce discesa, fare la spesa costa sempre di più.
E i prodotti kasher? Come vivono la crisi i proprietari delle distribuzioni di prodotti kasher?
“La mia opinione è che la Comunità Ebraica romana sia molto particolare, dice Fabio Di Consiglio, proprietario del Kosher Point in via Garbasso a Roma in zona  Marconi,  la maggior parte dei miei clienti non è mai stata fissata con la ricerca di prodotti kosher certificati, si accontenta comperare prodotti consentiti sui banchi dei supermercati controllando gli ingredienti utilizzati e la provenienza”.
- E la crisi?  
“Sì, abbiamo risentito della crisi in questo periodo, se già prima la gente usava rivolgersi ad alternative non certificate, oggi questo fenomeno si è accentuato. Allo stesso tempo la Comunità romana è originale per il suo non rinunciare invece alla carne kasher, gli ebrei romani amano la carne e la comprano sempre per cui non ho rilevato cali di vendite in questo settore ”.
Tendenza confermata anche dalla proprietaria della macelleria Mister Meat di Milano "Può richiamare più tardi per favore?" dice con voce piuttosto sbrigativa mentre le chiediamo se le vendite risentono della crisi economica "La crisi economica? Qui non abbiamo un attimo di tempo, ho il negozio pieno, ma quale crisi?"
Eppure proprio per venire incontro alle problematiche economiche di chi mangia kasher o di chi vuole farlo, la Comunità Ebraica di Roma ha da poco istituito una società, la Kocer, che si occupa dell'importazione di carne kasher surgelata a prezzi calmierati: "E' tutto predisposto, abbiamo preso i contatti e presto saremo in grado di fornire carne kasher congelata a prezzi competitivi agli iscritti della Comunità, spiega Jacques Luzon, assessore all'organizzazione scolastica della Comunità Ebraica di Roma e presidente del Consiglio di amministrazione della Kocer, "Si tratta di un progetto in atto ma che non ha ancora preso avvio, l'idea è quella di fornire della carne congelata di buona qualità, proveniente da altre parti d'Italia o dall'estero, a prezzi contenuti. Questa carne sarà distribuita a tutte le macellerie kasher di Roma."
Un aspetto forse indipendente dalla crisi economica viene rilevato da due delle principali tavole calde kasher chalavì, Pane al Pane e C'è Pasta e Pasta, il primo nella zona di piazza Bologna e il secondo al quartiere Portuense, che registrano un consistente afflusso di clienti nel fine settimana e un lavoro più tranquillo durante la settimana. "Non so dire se questo fatto dipende dalla crisi economica, osserva Miriam Zarfati, proprietaria assieme a Fulvio Di Porto del negozio C'è Pasta e Pasta, specializzato nella preparazione di pasta all'uovo di tutti i tipi e di piatti caldi pronti, "Certo è che in momenti di crisi si tende a risparmiare un po' su tutto e quindi è più facile che si mangi fuori casa solo nel fine settimana. Per quanto riguarda la vendita della pasta fresca, non ho notato un cambiamento negli acquisti delle persone, gli articoli che vendiamo di più sono gli agnolotti e i ravioli".
"Sì la crisi economica influisce negativamente anche sulle vendite delle cose più semplici, come il pane o la pizza, dice Elvis Dabuch, 31 anni titolare del negozio Pane al Pane, per quanto riguarda la tavola calda alcune persone anziché sedersi a mangiare ora si limitano a prendere un tramezzino".
"Abbiamo aperto da  due anni, dice invece David Moscati del Bet Kosher in via Pascarella, e devo dire che abbiamo avuto un incremento nelle vendite, non una flessione certo non possiamo far riferimento a un lungo periodo, ma devo dire che per il momento siamo piuttosto soddisfatti, gli articoli che si vendono di più sono gli affettati, i formaggi, alcuni tipi di surgelati, mentre i biscotti si vendono di meno".

Insomma che la crisi economica pesi sul bilancio delle famiglie ebraiche è fuori di dubbio, ma  dai dati rilevati non si può certo affermare che la vendita dei prodotti kasher abbia subito una flessione a causa di essa, forse quello che è cambiato è la mentalità delle persone il loro modo di fare acquisti le loro priorità, abbiamo rilevato ad esempio che vi sono altri ambiti in cui le famiglie cercano di fare dei tagli come quello delle rette scolastiche dei ragazzi iscritti alle scuole ebraiche.
"Il problema sembra correlato ma non lo è tanto, spiega l'assessore all'organizzazione scolastica Luzon, la difficoltà delle famiglie ebraiche è evidente, il genitore che prima pagava la retta con una certa difficoltà ora ne ha di più, ma il problema sta a monte e cioè: il contribuente della Comunità di Roma che fino a ieri ha pagato la retta scolastica sentendola come parte dei doveri correlati alla sua appartenenza alla Comunità ora si sente giustificato a chiedere che la Comunità dia un sostegno. Questa è la reale difficoltà in cui ci stiamo imbattendo".

Lucilla Efrati e Valerio Mieli 

 
 
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  donatella di cesareLeo Strauss, l'identità ebraica
e l'accettazione del proprio destino

Forse nessun altro filosofo ha messo in guardia contro i pericoli dell’assimilazione, come ha fatto Leo Strauss. Il popolo ebraico è smarrito nel mondo moderno. La democrazia liberale salvaguarda i diritti, ma chiede in cambio il prezzo dell’identità. A un laicismo esasperato, che ha spesso effetti erosivi, si accompagna la voglia di essere “normali”.

“Non bisogna fuggire il proprio luogo, il proprio destino, ma accettarlo, e anche amarlo e lodarlo”. Questo vuol dire restare ebrei.

Donatella Di Cesare, filosofa
 
 
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Poche le notizie significative oggi in rassegna. Il presidente iraniano Ahmadinejad avrebbe dichiarato che se i palestinesi (ma quali palestinesi?) acconsentissero a una soluzione a due Stati con Israele, l’Iran la accetterebbe. La notizia è sul Corriere della Sera, che la definisce “cauta apertura” mentre Nazione-Carlino-Giorno pretendono che sia “una svolta”, anche se dichiarazioni del genere erano già state fatte dalle autorità iraniane. Una cronaca più ampia è firmata da Francesco Semprini sulla Stampa. L’intervista originale è su Repubblica. Interessante l’analisi di Maurizio Molinari sulla Stampa.
Anche l’”apertura di Lieberman alla Siria, di cui si parla nello stesso articolo dei giornali del gruppo Monti citato sopra e in una breve della Stampa, è una falsa notizia, perché il ministro degli Esteri israeliano ha parlato di “trattativa senza precondizioni”, cioè senza accettare in partenza la cessione del Golan, nel quadro della sua idea di “pace in cambio di pace”, che la Siria non si sogna affatto di considerare.
Il Vaticano ha deciso di non cambiare il programma della visita del Papa in Israele (notizia sul Corriere), nonostante gli avvisi dei servizi israeliani sulle possibili minacce alla sua sicurezza, di cui riferisce Andrea Tornielli sul
Giornale e Galeazzi sulla Stampa.
C’è ancora qualche coda polemica del 25 aprile e in particolare della decisione di Gianni Alemanno di firmare l’appello contro la proposta di legge che voleva equiparare partigiani e repubblichini e della scelta di Berlusconi di farla cadere in Parlamento; in particolare uno dei proponenti, il parlamentare PDL Marcello De Angelis, difende la sua idea con interviste (piuttosto ambigue) a Stampa  e  Corriere della Sera (in pagina romana).
Fra le opinioni, nella rassegna troviamo il solito editoriale antisraeliano di Roger Cohen sullo Herald Tribune (ma in realtà tratto dal New York Times): brava la Clinton a criticare Israele, meno brava a minacciare l’Iran di sanzioni, l’Iran va coinvolto nelle trattative con i palestinesi, a Hamas non bisogna chiedere nulla, ecc. ecc.
Francesco Battistini sul Corriere della Sera racconta la storia della security israeliana sulle nave minacciate dai Pirati nell’Oceano Indiano. La notizia dettagliata è in un pezzo di Marco Berti sul Messaggero.

Ugo Volli

 
 
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notizieflash    
 
 
Israele, una Bibbia microscopica per il papa                                   Tel Aviv, 27 apr -
Papa Benedetto XVI riceverà l'esemplare di una "nano-Bibbia" durante la prossima visita in Israele. Si tratta di una minuscola porzione di silicone, delle dimensioni della punta di uno spillo e ricoperta di oro, su cui scienziati dell'Istituto di Nanotecnologia del Technion di Haifa sono riusciti a incidere l'intero testo ebraico della Bibbia. L'operazione è servita a illustrare agli israeliani le strabilianti capacità di miniaturizzazione raggiunte dai loro scienziati. La ricerca nel campo della nanotecnologia è uno dei progetti sostenuti personalmente ormai da molti anni dal Presidente Shimon Peres.

 Libano: altri tre arresti per cause di spionaggio
Beirut, 27 apr -
La stampa libanese informa stamani che,
dopo "le confessioni" di Adib Alam, generale in pensione dei servizi di sicurezza libanesi, arrestato la settimana scorsa con l'accusa di essere a capo della rete filo-israeliana, due libanesi, Ali Mantash e Robert Kfuri, e un palestinese Muhammad Awad, sono stati fermati e condotti  a Beirut perché ritenuti spie israeliane. Il quotidiano 'Daily Star' afferma che Awad è un palestinese del campo profughi di Ayn al Hilwe, nei pressi del porto meridionale di Sidone, mentre Mantash è originario di Nabatiye, località a maggioranza sciita dove due mesi fa era stato arrestato Marwan Faqih, un'altra presunta spia in favore di Israele. Kfoury è invece di Marjuyun, località a maggioranza cristiana a pochi chilometri dalla Linea Blu di separazione con Israele e dove in passato è stata segnalata la presenza di cellule di spie per lo Stato ebraico.
 
 
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