se non visualizzi correttamente questo messaggio, fai  click qui  
 
  logo  
L'Unione informa
 
    27 marzo 2009 - 2 Nisan 5769  
alef/tav   davar   pilpul   rassegna stampa   notizieflash  
 
Moked - il portale dell´ebraismo italiano
alef/tav    
  Roberto Colombo Roberto
Colombo,

rabbino 
L’ebraico è una lingua veramente strana. Kadìma significa avanti ma deriva dal vocabolo kòdem che significa indietro. Proviamo a spiegare. Nella Torà è scritto: veshinnantàm levanèkha - lo insegnerai ai tuoi figli. Il Talmùd interpreta: banèkha ellu talmidèkha - i figli di cui qui si parla non sono figli biologici ma gli alunni che per un Maestro sono come dei figli. Nella Torà, riguardo all’uscita dall’Egitto è poi scritto: vehiggadtà levinkhà - lo racconterai a tuo figlio. Il Talmud spiega: mitzvà haav ‘al habèn - il  precetto è che proprio il padre, e non un Maestro, racconti al figlio. Un Maestro può al massimo insegnare ma solo un padre può raccontare. Durante un racconto si partecipa alla storia e la si vive come in prima persona. Un genitore è l’unico veramente in grado di far rivivere ad un ragazzo il proprio passato, il suo kòdem, e ritrovare in questo la forza di vivere il proprio futuro, il suo kadìma.  
La mente, nonostante i suoi miliardi di neuroni, resta un muscolo. Come gli altri muscoli è nata per servire, non per dominare. Vittorio Dan
Segre,

pensionato
Vittorio Dan Segre  
  torna su
davar    
 
  Dario Disegni Qui Torino – La figura del rav Dario Disegni
Un rabbino italiano protagonista del '900 


Ha suscitato grande interesse e successo, la mostra “Una storia del Novecento: il rabbino Dario Disegni” allestita nei locali della Comunità Ebraica di Torino e conclusasi da pochi giorni. L’appassionante impresa di ricostruire la vicenda biografica di questo personaggio centrale dell’ebraismo italiano (nell'immagine mentre conduce la Teffilà dinanzi al Tempio di Torino distrutto dai bombardamenti), condotta da Alberto Cavaglion, Lucetta Levi Momigliano e Isabella Massabò Ricci, unisce molti interessanti percorsi.
L'iniziativa ha ripercorso il periodo storico dei conflitti che hanno funestato il ventesimo secolo dalla prospettiva di un rabbino che ha sempre vissuto in prima linea, noncurante delle difficoltà e dei pericoli della missione che si era prefissato.
Negli anni della Grande Guerra rav Disegni esercitò il suo magistero ai confini dell’Impero austroungarico, nella Comunità Ebraica di Verona. Rivivere quell’esperienza significa anche approfondire l’approccio del mondo ebraico italiano, da poco emancipato, ai fenomeni di massificazione della società e all’emergere di sentimenti nazionalisti e irredentisti che tanto sconvolsero e dilaniarono il popolo italiano. E' stato così riproposto lo stimolante tema dello scontro tra identità ebraica e sentimento patriottico attraverso il difficile compito del rabbino di guidare tutti i membri della sua comunità sulla strada della coniugazione di queste due istanze.
Seguendo gli spostamenti di rav Disegni nel primo trentennio del secolo abbiamo uno scorcio di diverse realtà ebraiche, da Firenze a Bucarest, da Tripoli a Torino.
L’avvenimento che segnò più dolorosamente la sua vita è senza dubbio la Seconda Guerra Mondiale, che lo aggredì nei suoi affetti più cari. Ad Auschwitz trovarono la morte sua figlia Annetta e la sua nipotina di otto anni, Sissel.
Dalle testimonianze sulla sua attività durante la guerra ci si fa l’idea che il suo grande coraggio sfiorasse i limiti dell’imprudenza, dell’incoscienza. Rimase stoicamente al suo posto e attese con determinazione ai suoi compiti fino all’ultimo. Solo verso la fine del 1943 fu costretto a rifugiarsi nell’Astigiano da una famiglia contadina con cui mantenne sempre un forte legame dettato dal sentimento di riconoscenza.

Ma la mostra è stata anche un'occasione per comprendere la rifondazione dell’ebraismo nel dopoguerra, di cui il rabbino Disegni fu un assoluto protagonista. In particolare egli dedicò tutte le sue energie, fino alla fine della sua vita, a due grandi imprese: la costruzione della scuola rabbinica da lui diretta e intitolata al suo maestro Shemuel Margulies e la monumentale opera di traduzione in italiano, tuttora in uso in diverse comunità, dei siddurim per i giorni feriali, lo Shabbat, le festività, e dell’intero codice biblico (Tanach).
La scuola rabbinica Margulies - Disegni rappresenta un vivaio di maestri dell’ebraismo italiano. Ed è stato uno di quei casi in cui non sono gli allievi ad andare a scuola, ma la scuola va dagli allievi. Rav Disegni ha portato avanti un’instancabile ricerca lungo tutto il bacino Mediterraneo di giovani promettenti cui far intraprendere studi ebraici. Era determinato a formare un’adeguata classe rabbinica per le generazioni avvenire.
Ma l’impegno costante dei suoi ultimi anni fu dedicato tutto, con inarrestabile caparbia anche in età avanzata, a donare agli ebrei italiani la possibilità di seguire e comprendere le tefillot e la lettura della Torà. Qui esercitò massimamente le sue indubbie doti di organizzatore, radunò schiere di rabbini, traduttori e collaboratori, finanziatori, editori…
Quest’impresa senza precedenti fu possibile solo grazie alla presenza, in una sola grande personalità, di una vastissima cultura ebraica e umanistica, rare capacità pratico-organizzative, attivismo incrollabile, comprensione umana delle esigenze di una comunità, quella italiana, decimata dalla guerra e sempre più distante, e forse anche quel pizzico d’incoscienza con cui sdegnava le obiettive difficoltà (economiche, di salute) cui andava incontro.

La mostra è stata utile anche a raccontare l’affascinante vicenda umana, il ritratto di una personalità unica, del suo pensiero, della sua concezione dell’ebraismo. La sua fu una vita per l’ebraismo e per la sua gente, dominata, come racconta il rav Giuseppe Laras, uno dei suoi allievi, dall’”imperativo morale e l’impegno costante di diffondere la Torà e avvicinare alle fonti dell’ebraismo i fratelli più lontani”.
La sua immagine austera (rimangono impressi i suoi modi burberi e sbrigativi, la sua statura, il suo abito scuro, che vestiva con un immancabile cappello a tesa larga) nascondeva in realtà sentimenti di affetto molto profondo e di vicinanza umana nei confronti dei suoi allievi e di tutte le famiglie della sua comunità, che si studiava di conoscere e seguire personalmente.
Erano qualità, le sue, non facili da trovare anche nella maggiori figure del rabbinato, non solo per le conoscenze che possedeva, ma anche per l'apertura verso le frange più distanti del mondo ebraico e verso l’esterno. Fu lui, per esempio, a caldeggiare l’apertura della scuola ebraica di Torino ai non ebrei, caratteristica che rende l'istituto torinese un esempio raro in Europa, perché aveva ben compreso il valore del dialogo e della collaborazione interreligiosa nella costruzione di una mentalità collettiva della tolleranza, perché considerava nefasto l’isolamento anche quando non è coatto.
“È importante lo studio che conduce all’azione pratica” fu la massima su cui impostò la sua vita e il suo magistero. La sapienza e le idee che lo caratterizzavano avevano valore solo in quanto base teorica di un’applicazione concreta del suo senso etico. Dice di lui un altro suo ben noto allievo, il rav Luciano Caro: “La coscienza profonda che nasceva dalla sua vocazione di maestro lo guidò nella sua azione di organizzatore, di suscitatore di sempre nuove imprese”.
Questo incessante dinamismo, insieme ad una fede genuina e profonda, e a una ferrea moralità, forse fu il rifugio dalla disperazione e l’annichilimento in cui avrebbe potuto gettarlo la tragedia della perdita della figlia e della nipote.

La mostra è servita a comprendere quanto l’ebraismo italiano sia debitore nei confronti di questo personaggio, la cui attività, condotta al di fuori di gesti eclatanti, ha lasciato una traccia profonda in chi l’ha conosciuto e indirettamente nelle generazioni successive.

Manuel Disegni





Piatto_sederSpeciale Pesach 5769

Diario
Domani si legge la parashà di Waiqrà, inizio del libro del Levitico. Ieri è iniziato il mese di Nisan. In questo mese in generale è vietato digiunare, ad esclusione del Ta’anit Chalom, il digiuno che viene osservato qualora si sia fatto un sogno sconvolgente. Durante Nisan non si fa l’hesped (orazione funebre), se non per commemorare personalità di grande rilievo. Si va al cimitero solo per sepolture, ricorrenze (settimo, mese, fine anno) e anniversari. L’uso prevalente è di non mangiare pane azzimo fino all’inizio di Pesach, per apprezzare la “novità” della matzà la sera del Seder. Entro la fine del mese bisogna recitare la benedizione per gli alberi, birkat hailanot.

Guida alle regole: Kitniot, legumi e affini
Il chametz deriva soltanto dalla lievitazione di cinque specie di cereali e quindi solo questi dovrebbero essere proibiti. Alcune tradizioni hanno però esteso il divieto ad altre specie vegetali, che vengono indicate con il nome di Kitniòt. Letteralmente il termine indica i legumi, ma comprende anche altri vegetali. Quindi non solo legumi in senso stretto (come fagioli, ceci, lenticchie, piselli ecc.), ma anche riso, mais, soia, mostarda. In tutti questi non esiste lievitazione, chimutz, ma solo decomposizione proteica, sirchon. Sono stati tuttavia proibiti per analogia e somiglianza alle modalità di uso dei cereali: estrazione di farine, impasti, modi di cottura. Un’altra possibile ragione del divieto è la possibilità di trovare in mezzo a questi alimenti dei chicchi o frammenti di cereali. Praticamente il divieto si è diffuso nel mondo Ashkenazita dal medioevo in avanti, ma non ha coinvolto, se non parzialmente, i Sefarditi e gli Italiani.
Anche chi permette le specie considerate kitniot deve controllarle in anticipo, verificando che nelle confezioni non siano dispersi residui di cereali. Alcune ditte produttrici di riso vengono controllate e sono più sicure in questo senso, in quanto garantiscono che nell’impianto industriale si lavora solo riso e non cereali. Nelle guide pratiche a cui si rimanda in questa pagina (come in quella di rav Somekh per Torino) vi sono nomi consigliati e sconsigliati. Un criterio di buona affidabilità è la garanzia (che viene data per proteggere i pazienti celiaci) dell’assenza di glutine, in quanto il glutine è sinonimo di cereale.
Chi consente i legumi di solito non acquista quelli già cotti (come fagioli in scatola).
Vi sono molti prodotti industriali che derivano dai Kitniòt, come la lecitina, dalla soia, e viene usata ad esempio nella cioccolata, e gli zuccheri derivati dal mais, come il sorbitolo, il destrosio, il glucosio. Altri prodotti sono l’anice, l’acido ascorbico e l’ascorbato di calcio, l’aspartame, l’olio di canola, l’acido citrico (che può essere direttametne derivato da chametz), il coriandolo, il cumino, il miglio, le arachidi, i semi di papavero, di sesamo, di girasole, il Tofu.
Un campo particolare è quello delle medicine, dove si può essere, per questo aspetto, più facilitanti; il divieto di kitniot non si applica alle persone malate.
Il divieto crea non pochi problemi nella convivialità tra ebrei di differenti tradizioni. Di solito a Pesach, anche per questi motivi, le normali regole di ospitalità in cui si onorano gli ospiti con cibi sono in qualche modo sospese e limitate per creare imbarazzi. Il livello dei rigori è tale, e vissuto con tale soggettività, che ciascuno è tenuto a rispettare le scelte personali di chi non accetta cibi fatti secondo i criteri che si è imposto.

Nel sito moked.it una pagina speciale, costantemente aggiornata, dedicata a Pesach, con istruzioni, pensieri e link.





Verso Pesach - Il malvagio al tavolo del Seder

"La Torà parla di quattro tipi di figli: uno saggio, uno malvagio, uno semplice e uno che non è capace di fare domande"  (dalla Haggadà di Pesach, traduzione di R.Bonfil)

Ci si può domandare perché mai questo ordine: non sarebbe stato più logico mettere il malvagio all'ultimo posto, riportando i figli secondo l'ordine della loro saggezza? Spiega il grande mistico Rabbì Izchak Luria, noto come l'Haarì Hakadosh, che i chachamim hanno voluto darci un ordine secondo cui i figli debbono stare vicini, l'uno assieme all'altro. In questo caso il saggio è l'unico che possa avere la capacità di aiutare il malvagio, senza subirne a sua volta influenze negative. Mentre il figlio che non è capace di fare domande può essere aiutato dal figlio semplice, il figlio malvagio ha necessità di una grande luce, ha necessità della vicinanza del saggio, e il saggio si prende cura del malvagio…

Il rashà (malvagio) dice: “Che cos'è per voi questa cerimonia?”
“Per voi, non per lui. Ed avendo egli escluso se stesso dalla collettività e rinnegato il principio basilare dell'Ebraismo…".

Il passo chiede un commento, in quanto a prima vista non riusciamo a capire come il malvagio abbia negato il principio basilare dell'Ebraismo; non vediamo qui rinnegata la presenza di D-o Benedetto, e allora?

Il Rav Avraham Kook e suo figlio, Rav Zvì Yehuda, usavano dire ai loro discepoli che "proprio l'esclusione dalla kedushà del klal Israel rappresenta la negazione del principio basilare dell'Ebraismo" (Olat Re'aià 2,275), come possiamo apprendere anche dalla Mechilta, Bo: "e siccome si è fatto uscire dal klal…". Si può essere peccatori, anche gravi peccatori, ma sentirsi parte integrale del klal Israel, del popolo ebraico.

Questa è anche la lezione che ci ha insegnato Moshé Rabbenu subito dopo il peccato del vitello d'oro; Mosè non è pronto ad accettare la proposta del Sign-re di divenire il capo di un nuovo popolo ebraico e chiede al Sign-re di perdonare al popolo o di cancellarlo dal Suo libro: si può dire che Mosè supera la prova, mostrando un grande spirito di abnegazione e amore per il suo popolo, anche se ha peccato, insegnando che non si può mutare l'elezione di Israele; in questo popolo vi sono giusti (Zadikim), uomini medi (benoniim) e anche malvagi (rashaim) e tutti insieme formano il klal Israel: "Un ebreo che crede nella knesset Israel è un ebreo che vive con la knesset Israel così com'è ed è pronto a morire per lei, soffre per le sue sofferenze ed è lieto per la sua gioia, partecipa alle sue guerre, rimedia le sue cadute e gioisce per le sue vittorie…" (Rav Soloveitchik, Al hateshuvà).

Non si può uno credere saggio, se lascia suo fratello con la sensazione di essere escluso dalla vita del popolo ebraico: noi tutti eravamo schiavi in terra d'Egitto e noi tutti fummo liberati da questa schiavitù.

Alfredo Mordechai Rabello, giurista - Università Ebraica di Gerusalemme 
 
 
  torna su
pilpul    
 
  Giorgio IsraelCristopher Hitchens
e la “deriva religiosa dell'esercito israeliano”

In un articolo sul Corriere della Sera Cristopher Hitchens parla di «deriva religiosa dell'esercito» in Israele in relazione ad alcune
atrocità che sarebbero state commesse durante la guerra a Gaza.  Lasciamo da parte il fatto che questi episodi hanno dato luogo a un  dibattito e a un diffuso malessere, mentre dall'altra parte le  atrocità sono oggetto di vanto, persino con la messa in scena di  rappresentazioni macabro-carnevalesche della detenzione del soldato  Shalit. Colpisce questa frase di Hitchens: «È giunto il momento che  gli Stati Uniti revochino tutti gli aiuti finanziari a Israele che  possano venire impiegati anche indirettamente nelle attività degli  insediamenti, non solo perché tale colonizzazione rappresenta il furto  della terra di un altro popolo, ma anche perché la Costituzione  americana ci vieta esplicitamente di spendere denaro pubblico per il  sostegno di qualunque fede religiosa». Lungi da chi scrive difendere  una qualsiasi forma di fanatismo o integralismo religioso, ma che  negli Stati Uniti non sia stato mai speso un dollaro pubblico per il  sostegno di qualunque fede religiosa Hitchens può provare a  raccontarlo alla sua bisnonna centenaria, se ne ha una: non ci crederà  neppure lei. Chissà in quale tasche "laiche" arriva il fiume di  dollari che sta invadendo Gaza per la sua ricostruzione. Se questo è  il nuovo corso che sta prendendo piede negli Stati Uniti - con tanto  di manifestazione di simpatia per gli  ayatollah (notoriamente laici),  persone "pragmatiche" a parte qualche caduta di stile, a detta di  Roger Cohen - allora non si tratta altro che di un rigurgito di  cinismo e di opportunismo coperto da un manto di ipocrisia di  dimensioni colossali.

Giorgio Israel, storico della scienza

 
 
  torna su
rassegna stampa    
 
 
leggi la rassegna
 
 

Molte notiziole e poche nuove di un qualche interesse nella rassegna stampa di oggi. Difficile anche stabilire una gerarchia di interesse o una prevalenza di argomenti su altri. Alcune testate si soffermano su un evento non meglio definito, un misterioso raid aereo che sarebbe stato compiuto da Israele già due mesi fa contro un convoglio di autocarri in Sudan. Così il Giornale, Alberto Stabile per la Repubblica, Roberto Bongiorni su il Sole, Francesco Battistini per il Corriere della Sera, Umberto De Giovannangeli su l’Unità e Paolo Alfieri su l’Avvenire. Il convoglio, sempre secondo le fonti non meglio precisate, riprese dall’americana Cbs, trasportava armi iraniane dirette a Gaza. Il tutto si sarebbe compiuto nei giorni in cui era in corso l’operazione «piombo fuso». L’evento in sé non sarebbe degno di neanche troppa attenzione se non fosse per il fatto che segnala quali e quanti siano i fronti critici aperti per Gerusalemme. L’Africa mediterranea, da questo punto di vista, rappresenta un’area piena di implicazioni strategiche. Così Guido Olimpo su il Corriere della Sera. Porta di accesso al Medio Oriente asiatico, zona di costanti tumulti dove alle coste arabe e musulmane si alternano e contrappongono i giganteschi territori sahariani e subsahariani, luoghi in cui molti conflitti tra popolazioni e gruppi autoctoni di diversa matrice etnica e religiosa rimangono aperti, costituisce una delle nuove frontiere geopolitiche con le quali occorre confrontarsi. Che il Sudan sia un epicentro di tensioni è risaputo già da non poco. Quanto sia destinato a contare lo potrà dire solo il tempo a venire. Un articolo di Fiamma Nirenstein su il Giornale ci spiega invece perché il governo che sta per essere varato in Israele, e che vede insieme i due leader storici della destra Benjamin Netanyahu e della sinistra Ehud Barak, sia la coalizione preferibile per il paese. Dopo più di un mese di sfibranti contrattazioni parrebbe che la nuova maggioranza sia finalmente in procinto di presentarsi alla Knesset per ottenere la fiducia. Peraltro le prospettive che si presentano al nuovo esecutivo sono ben poco avvincenti. A parte gli effetti della crisi economica, che anche in Israele lasciano il loro segno, c’è lo scottante problema del rapporto con i palestinesi. Prima ancora che intraprendere nuovi negoziati di pace la nuova leadership nazionale dovrà capire con quali interlocutori avrà a che fare in campo palestinese. Che il quadro regionale sia poi una realtà di transizione, ovvero destinata prima o poi a conoscere nuovi assetti, ce lo ricorda a modo suo Michele Giorgio su il Manifesto dove l’autore si sofferma, con giudizi secchi e severi, a tratti ingenerosi, sulla disamina dei trent’anni trascorsi dagli accordi di pace tra Sadat e Begin. Le firme di Camp David del 1979 di fatto costituiscono a tutt’oggi, con l’eccezione del trattato di pace siglato nel 1994 con la Giordania, l’espressione più importante di un accordo quadro di stabilizzazione del quadro regionale. Saremo pure in presenza, come dicono gli stessi israeliani, di una «pace fredda», ma in buona sostanza si trattò della conclusione di un lungo periodo di guerre. L’uscita dell’Egitto dal novero dei paesi nemici concesse una diversa visuale strategica a Gerusalemme, offrendogli opportunità di sopravvivenza fino ad allora assai più incerte. Che oggi il focolare dell’instabilità si sia spostato verso l’Iran e altri paesi segnala comunque quanto la pace di allora, che ha poi tenuto, malgrado tutto, sia stata una scelta convincente e premiante per entrambi i contraenti. La consapevolezza egiziana a quell’epoca era che dinanzi al fenomeno montante del radicalismo islamico si dovesse operare con un netto mutamento di scenario. Non di meno la leadership di Sadat riteneva che nessuna guerra avrebbe completamente spazzato via una realtà oramai consolidata come Israele. Gli anni Settanta, dopo il periodo delle effervescenze di un leader come Nasser, e malgrado la guerra del Kippur, servirono quindi a preparare le condizioni per una trasformazione dei rapporti tra le due nazioni. Peraltro la stessa questione palestinese, almeno così come è tematizzata ad oggi, trova il suo fondamento proprio in quel laboratorio politico che furono gli accordi firmati con l’avallo statunitense. Prima di allora i palestinesi potevano contare su una ben minore visibilità politica, essendo considerati come un semplice prolungamento di una “nazione araba” la cui generosa solidarietà nei loro confronti si esprimeva allora (come oggi) con la roboante militanza delle prese di posizione di principio e l’assoluta assenza di fatti concreti. Ancora nel solco del Medio Oriente si inserisce il viaggio di Joseph Ratzinger, «pellegrino di pace», in Israele, Giordania e nei Territori palestinesi tra l’8 e il 15 maggio. Si sofferma sul programma e sulle intenzioni che stanno dietro alla visita Lorenzo Rosoli per l’Avvenire. Cosi anche Antonio Giuliano, sempre per l’Avvenire.Da ultima, una notiziola che ci chiama in causa. La dà Antonella Piperno per l’ «indiscreto», rubrica di Panorama. Parrebbe – ed usiamo il condizionale – che una testata di cadenza mensile, promossa dall’Unione, possa presto vedere la luce. Lasciamo ai lettori il gusto di poterla, speriamo quanto prima, sfogliare con le proprie mani.

Claudio Vercelli 

 
 
  torna su
notizieflash    
 
 
La Turchia si candida di nuovo per il ruolo di mediatrice            
fra Israele e Siria
Ankara, 27 mar -
“La Turchia è pronta a riprendere il suo ruolo di mediatrice fra Israele e Siria” questo l'annuncio fatto, nel corso di un'intervista radiofonica, dal primo ministro turco Tayyip Erdogan, che promette il suo impegno per la pace, e offre la sua disponibilità quale canale indiritto fra Israele e Siria qualora i due Paesi decidano di riavviare i loro colloqui di pace. E sottolinea "Noi siamo decisi a fare tutto il possibile per la pace in Medio Oriente. Tutti i problemi si devono risolvere al tavolo dei negoziati". I negoziati indiretti avviatisi il 21 maggio del 2008, e annunciati a sorpresa dalle tre parti in causa, hanno portato alla realizzazione di quattro incontri a Istanbul. Una quinta tornata negoziale, prevista per il 18 settembre, era stata invece rinviata all'ultimo momento su richiesta dello Stato ebraico. I colloqui erano stati poi sospesi a metà dicembre in vista delle elezioni generali israeliane e quindi interrotti alla fine dello stesso mese dopo l'avvio, il 27, dell'operazione militare israeliana "Piombo fuso" contro la Striscia di Gaza. La Turchia, Paese laico ma a maggioranza musulmana, è il principale alleato di Israele nella regione e con lo Stato ebraico ha firmato un accordo di cooperazione militare nel 1996. 

Gilad Shalit e lo scambio di prigionieri fra Israele e Hamas
Tel Aviv, 27 mar -
“Nessun progresso è stato registrato nelle trattative fra Israele e Hamas per uno scambio di progionieri”, questo l'annunciato fatto oggi dalla radio militare israeliana. Secondo l'emittente, Israele rifiuta ancora di liberare 125 detenuti palestinesi i cui nomi figurano in una lista inoltrata a suo tempo da Hamas. In Israele, ha aggiunto la radio, si attende dunque che Hamas inoltri - attraverso i mediatori egiziani - una lista corretta. Quanto sta accadendo intorno a queste trattative accresce il pessimismo sulla restituzione del caporale israeliano rapito, Gilad Shalit. La famiglia aveva in tutti modi, nei giorni scorsi, cercato di spronare Ehud Olmert a concludere in extremis un accordo con Hamas, prima del cambio di governo in Israele. La settimana prossima, probabilmente, Benyamin Netanyahu presenterà alla Knesset il suo nuovo governo e la famiglia di Shalit teme che il nuovo esecutivo avrà bisogno di un lasso di tempo più o meno lungo per elaborare la propria tattica di fronte a Hamas.
 
 
    torna su
 
L'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche.
Gli articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili.
Gli utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste, in redazione Daniela Gross.
Avete ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo e-mail, scrivete a: desk@ucei.it indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”.