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    26 marzo 2009 - 1 Nisan 5769  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
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  Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma Riccardo
Di Segni,

rabbino capo
di Roma
Che tipo di ebrei erano i nostri lontani antenati che furono liberati dall'Egitto? Erano schiavi del tutto "assimilati" o avevano una forte identità ebraica? Dal racconto biblico abbiamo solo qualche indizio, il resto è legato a quanto racconta la tradizione rabbinica, che su questo argomento, ovviamente, è divisa. Vediamo le risposte: secondo una linea interpretativa gli ebrei avevano mantenuto la loro identità rimanendo fedeli ad alcuni modelli culturali essenziali: come la lingua e i nomi e non perdendo la speranza nella liberazione. Secondo un'altra linea erano completamente sprofondati nelle "49 porte dell'impurità" egiziana e mancava un soffio alla loro completa perdita; fu solo l'intervento divino a salvare la situazione facendo uscire "goi mikerev goi", un popolo da dentro a un popolo, senza alcuna differenza tra i due. E' evidente che le domande e le risposte non riguardano solo gli antenati ma nascondono un problema più grande e sempre attuale: che tipo di ebreo bisogna essere per sopravvivere ebraicamente, e qual è il ruolo degli uomini rispetto a quello divino riguardo ai processi di liberazione? Se noi non facciamo niente per noi che speranze abbiamo di essere liberati? 
Ho letto con sincero disgusto il commento editoriale del Manifesto ("Due piccoli ritocchi razzisti") al mio articolo apparso su Forward (“Lieberman’s bright idea”) nel quale discutevo l'idea di un possibile scambio territoriale fra lo Stato di Israele e il futuro Stato palestinese. L’uso da parte del Manifesto della parola transfer è erroneo e fazioso. La proposta di scambio territoriale implica, precisamente, il non-trasferimento delle persone, proprio per evitare ciò che i palestinesi di Israele non vogliono fare, ossia traslocare. La rinuncia di Israele alla propria sovranità su alcune centinaia di chilometri quadrati ora in suo possesso su cui vivono cinquecentomila arabi, a favore dello Stato palestinese – in cambio di un'equivalente porzione di territorio in Cisgiordania abitata da israeliani – dimostrerebbe invece la presa di coscienza di quello che è già oggi un dato di fatto: l'identità nazionale dei palestinesi di Israele non è israeliana, ma palestinese. Le bandiere che sventolano oggi sulle case dei residenti delle località arabe in territorio israeliano non sono quelle di Israele ma quelle della Palestina. In qualsiasi paese europeo un fatto simile non sarebbe tollerato. L'Europa ha invece conosciuto infiniti ritocchi di confine, tra i quali quelli fra l'Italia e la Francia, e fra l'Italia e la Jugoslavia dopo la Seconda Guerra Mondiale. Cosa c'entra il razzismo? Sergio
Della Pergola,
demografo,
Università Ebraica di Gerusalemme
Sergio Della Pergola  
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  Mazzah Speciale Pesach 5769

Quest’anno la vigilia di Pesach sarà segnata da un evento speciale, la recitazione della “benedizione del sole”, che si fa una volta ogni 28 anni.
Si collegano in questo modo due elementi fondamentali della nostra fede: la creazione del Mondo e l’intervento divino liberatore nella storia.
La benedizione del sole, in questo secolo, si fa di mercoledi 8 Aprile, ed è molto raro che la data della benedizione cada proprio alla vigilia di Pesach; c’è chi dice che questa combinazione si sia verificata proprio in periodi decisivi della storia ebraica. Ben vengano, se devono venire, novità importanti e soprattutto positive.
Da parte nostra rimane l’obbligo di non rinunciare a fare la nostra parte; che a Pesach è quella di mantenere e trasmettere la memoria di eventi fondamentali che hanno segnato la nostra condizione più di tre millenni fa.
Lo faremo osservando scrupolosamente antiche regole, che riguardano la casa, gli alimenti speciali e il racconto ai più giovani, tra la memoria della redenzione passata e l’attesa di quella futura.
Pesach kasher wesameach a tutti.
Riccardo Shmuel Di Segni  


Diario
Inizia oggi il mese di Nisan, caratterizzato dalla festa di Pesach, dai preparativi alla festa e da un’atmosfera di festa; per questo motivo durante tutto il mese non si recita il Tachannun e Zidqatekhà nella preghiera pomeridiana di shabbat. Inoltre non vengono decretati digiuni pubblici, ed in generale è vietato digiunare, ad esclusione del Ta’anit Chalom, il digiuno che viene osservato qualora si sia fatto un sogno sconvolgente. Durante Nisan non si fa l’hesped (orazione funebre), se non per commemorare personalità di grande rilievo. Si va al cimitero solo per sepolture, ricorrenze (settimo, mese, fine anno) ed anniversari. L’uso prevalente è di non  mangiare pane azzimo fino all’inizio di Pesach, per apprezzare la “novità” della matzà la sera del Seder.

Un pensiero rabbinico: Il nome di Pesach
Secondo la Toràh il nome di Pesach è legato ad un’espressione che compare in occasione dell’ultima piaga, l’uccisione dei primogeniti egiziani. La Torà (Shemot 12:13) dice: “e il sangue sarà come segno sulle case in cui vi trovate, e passerò (ufasachtì) sopra la porta…”. Rashì porta due possibili spiegazioni del verbo ufasachtì: può significare “avrò misericordia” oppure “passerò oltre, salterò”. Passando sopra le case, Dio sarebbe passato da una casa egiziana all’altra, tralasciando quelle degli Ebrei. Naturalmente questa espressione non può essere intesa in senso letterale, poiché Dio è in ogni luogo contemporaneamente, ma va intesa dal punto di vista degli effetti della piaga, che di fatto colpì solamente gli egiziani.
Questa immagine del “salto” non può però essere intesa nel solo senso stretto materiale. E’ come se, in senso spirituale, lo stesso Signore abbia fatto un salto, andando oltre al suo consueto modo di procedere nei confronti dell’umanità, con un atto di salvezza verso coloro che accettavano di seguirlo. Il midrash dice che il Signore chiede agli uomini di aprire entro di sè un’apertura grande quanto la punta di uno spillo per la teshuvàh, ed Egli farà il resto. L’uomo è comunque tenuto a fare il primo passo, affinché vi sia l’intervento divino. I Maestri della Chassidut spiegano che l’apertura umana deve essere completa, ed attraversare l’uomo, per così dire, da parte a parte. In Egitto il popolo ebraico fece solamente l’inizio del lavoro, e nonostante ciò ottenne la salvezza, grazie al “salto” divino. Ma il “salto” lo devono fare anche gli esseri umani.

Da oggi nel sito 
moked.it una pagina speciale, costantemente aggiornata, dedicata a Pesach, con istruzioni, pensieri e link.



Verso Pesach - Schiavitù e identità.
Quello che ogni bambino ebreo sa


Nella presentazione de La schiavitù nel mondo antico curata da Moses Finley (Bari,1990), il suo vecchio amico Arnaldo Momigliano metteva in luce il contrasto fra le cognizioni del bambino ebreo e l'esperienza dello studioso maturo: "Finley, il discendente di generazioni di rabbini eminenti (alcuni presenti in Italia durante il XVI secolo) aveva ricevuto una educazione ebraica… Naturalmente egli conosceva sin dall'infanzia l'esortazione del Deuteronomio 15.15: "e ti ricorderai che sei stato schiavo nel paese d'Egitto, e che l'Eterno, il tuo D-o, ti ha redento". E naturalmente conosceva anche l'eco del Deuteronomio nella Haggadah di Pasqua, che ogni bambino ebreo impara a memoria: "Eravamo gli schiavi del faraone in Egitto e il Sign-re nostro D-o ci ha tratti di là". Il rito di Pasqua è fondamentalmente un rito di liberazione dalla schiavitù. Rende ogni ebreo cosciente di aver conosciuto la schiavitù. Eppure non c'è alcuna indicazione negli scritti adulti di Finley che egli pensasse alla sua esperienza ancestrale… L'eliminazione del lato ebraico della storia portò inevitabilmente a una diminuzione di interesse per il lato cristiano…Quando Moses Finkelstein cambiò il suo nome in Moses Finley tutta una serie di interrogatativi venne quasi interamente rimossa dall'aspetto pubblico del suo pensiero. Ci sono ancora dei segni della violenza di questa decisione.

Grandissimo è l'insegnamento di Arnaldo Momigliano: vi è un prezzo per l'assimilazione; in particolare è difficilmente comprensibile che proprio uno storico, che cerca di scoprire la verità sul nostro passato, faccia invece uno sforzo per nascondere il proprio passato, le proprie radici.

Avadim hainu leparo`, eravamo schiavi del faraone è divenuto l'insegnamento dell'intervento del D-o della libertà nella storia dell'ebraismo e dell'umanità intera: solo la sottomissione a D-o, libera dalla schiavitù umana, fornisce la vera libertà all'uomo: "il servo del Sign-re, lui solo è libero" (Jehuda Halevì).

Alfredo Mordechai Rabello, giurista - Università Ebraica di Gerusalemme 
 
 
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  Tizio Della SeraAllarme - salute

Da giorni, una lunga fila di camion carichi di pasticche per l’emicrania fa la spola tra i magazzini di medicinali della capitale e le redazioni di Repubblica e Unità. Centinaia di editorialisti, e migliaia di grandi esperti del M.O. sono oggetto di un malditesta percussivo. Origine del malessere, l’improvvisa presenza laburista nel governo di Netanyahu, che provoca anche attacchi di panico e scariche di diarrea. Se ci sarà la pace con un governo simile, vivere non avrà più senso.   

Il Tizio della Sera





FumettoFumetto - Quando la strip
è avvelenata di antisemitismo


La parola fumetto è stato spesso associata a distrazione, intrattenimento, leggerezza. Tant’è che in Italia esiste ancora una percezione dello stesso come prodotto “non culturale” o non serio. Così si rischia di prestare poca attenzione all’uso scorretto e maligno che alcuni ne hanno fatto e che probabilmente ne fanno ancora. Anche l’antisemitismo gioca un suo ruolo in quest’arte figurativa. Fin dalle origini ha marcato il territorio.
Proprio di recente in Francia Coconino World, che ha realizzato un progetto per un archivio on line di tutto ciò che è arte visiva, ha riprodotto nel suo canale Classics, l’opera antisemita di Caran d’Ache (nell'immagine una sezione dell'opera), un carnet di assegni dove l’autore franco-russo tratteggiava tutti i classici cliché dell’antisemitismo. Non era l’unico autore tra i primi a disegnare fumetti, a preoccuparsi di sostenere quella causa. Era ben accompagnato da Adolphe Willette, altro grande illustratore e caricaturista dell’epoca, che si preoccupò perfino di presentarsi come unico candidato nel partito antisemita, nelle elezioni del 1899 in pieno affaire Dreyfuss. Caran d’Ache era di origini francesi, ma nato in Russia, dove il nonno, dopo la sconfitta napoleonica, si era fermato per rifarsi una vita. Il giovane Emmanuel Poiré, questo era il suo vero nome, dopo essere rientrato in Francia, decise di intraprendere il lavoro di illustratore e caricaturista, partecipando, forse involontariamente, a quel periodo così sperimentale e innovatore che diede vita all’arte sequenziale. Il fumetto.

PetrosinoPeccato che tutta questa capacità sia stata sprecata nel sostenere una campagna antisemita. Il fumetto non manca neanche durante il periodo fascista. Joe Petrosino, poliziotto statunitense ucciso dalla Mano Nera, la mafia di inizio secolo, diventa il personaggio di un fumetto, realizzato da Ferdinando Vighi. Il fumetto uscì tra la fine del 1938 e l’inizio del 1939, in coincidenza con l’emanazione delle leggi razziste antiebraiche. Le avventure di Petrosino erano spesso violente, dure, perché il poliziotto doveva combattere contro il malvagio Mont Eastman, un tipico bandito e truffatore ebreo, che Vighi disegnava nello stile della peggiore propaganda antisemita.

BradfordMa tra le vittime illustri troviamo anche Brick Bradford (nell'immagine a fianco una sezione di questo fumetto) pubblicato su L’Audace, che prima fu chiamato Guido Ventura, per poi diventare Giorgio, visto che il nome Guido era ritenuto un nome sospetto.
La campagna antisemita colpiva anche riviste molto diffuse e toccava la sensibilità del mondo cattolico che si sentiva attaccato dai fumetti statunitensi che erano sopravissuti alla censura. Così la rivista La madre cattolica nel 1938 attaccò L’avventuroso dell’editore Nerbini di Firenze per la pubblicazione di storie a fumetti che si riteneva fossero anticattoliche, editore che aveva commesso l’errore anche di aver tradotto, stampato e diffuso libri di autori stranieri che denigravano la Chiesa di Roma e il cattolicesimo. E per giunta le stesse pubblicazioni venivano vendute ogni mercoledì al Campo dé Fiori di Roma dai venditori ebrei, anch’essi non italiani secondo la rivista cattolica.
La storia però non finisce qui e arriva fino ai giorni nostri. Lo studioso Joel Kotek, professore all’Università di Bruxelles, ha raccolto i suoi studi sulla propaganda antisemita in un libro dal titolo “Cartoons and Extremism: Israel and the Jews in Arab and Western Media”, Mitchell Vallentine & Company - January 2009. Il lavoro del professor Kotek è rivolto allo studio del fenomeno nei media arabi e occidentali, partendo però da una attenta analisi dell’iconografia medievale che sembra non voglia ammuffire nelle cantine. L’argomento è molto delicato, perché negli ultimi vent’anni è esplosa anche una ricca campagna anti-israeliana che spesso sconfina nell’antisemitismo, altre volte in una cattiva, acida, immancabile critica allo Stato di Israele.
Gli studi come quelli di Kotek e di quei studiosi che si occupano di arte sequenziale, sono un mattone importante nella costruzione di una casa di conoscenza e consapevolezza utile a combattere l’antisemitismo.

*Le notizie relative a
La madre cattolica e L'avventuroso sono tratte da Stelle e strips di Juri Meda, edizioni Università di Macerata, pag.57
 

Andrea Grilli
 
 
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La notizia che più fa riflettere è a pagina undici del Corriere della Sera: “Trent’anni dopo l’Egitto congela la pace con Israele”. Titolo piuttosto a effetto, rispetto ai contenuti dell’articolo di Francesco Battistini. Ma nello scenario raccontato dal giornalista, in realtà, preoccupa come gli egiziani vivano l’accordo di Camp David a trent’anni di distanza. Tra le piramidi di Mubarak, infatti, nessuno ha celebrato la stretta di mano che fu consegnata alla storia. Mentre a Gerusalemme i festeggiamenti dell’intesa per poco non procurano un infarto alla diplomazia israeliana, visto che fino all’ultimo l’ambasciatore d’Egitto non si è fatto vivo. Senza contare, ricorda il Corriere, che in 30 anni di pace mai il “Faraone” ha fatto visita in Israele. A turbare Il Cairo sarebbe la scelta di Lieberman al governo, uomo conosciuto per le sue posizioni radicali in merito alla politica nei confronti dei Paesi arabi.
Sconvolge, invece, l’intervento a Strasburgo dell’europarlamentare Jean Marie Le Pen. L’esponente dell’estrema destra francese prende parola in aula per precisare una sua dichiarazione: “Io non ho mai detto che le camere a gas non sono mai esistite, ho detto che sono un dettaglio della storia” (Corriere, Repubblica, Stampa, Giornale, Libero
, Avvenire, Riformista, DNews). Di male in peggio. Non a caso i due gruppi parlamentari più importanti, stanno lavorando per non far partecipare Le Pen alla prima sessione della nuova assemblea comunitaria di luglio. “Chi mette in dubbio l’Olocausto non può presiedere l’aula”, è la tesi.
Intanto in Israele siamo a un passo dall’ufficiale formazione del nuovo governo. Colloqui, intese, giochi di poltrone. Bibi Netanyahu è pronto, e mercoledì potrebbe essere il gran giorno, a prendere in mano il timone del Paese. La maggioranza, scrive il Corriere, sarà quasi certamente “destra Likud, nazionalisti di Lieberman, laburisti di Barak, sefarditi religiosi Shas, coloni di Focolare nazionale”. Ma a far notizia è un possibile accordo segreto. Un progetto, sottoscritto con il leader dell’estrema destra israeliana, per nuove espansioni di colonie (oltre al giornale di Paolo Mieli: Repubblica, Giornale, Osservatore Romano, Messaggero, Tempo). Fuori da ogni scenario è invece quello che racconta Alberto Stabile su Repubblica. Il corrispondente da Gerusalemme rivela che il deputato del Likud, Ayud Kara, ha preso appuntamento con una sensitiva per scoprire se in questa legislatura farà il ministro. Da non perdere.
Ancora alta l’attenzione su Gaza. La guerra che ha scosso la Striscia e il Sud di Israele viene raccontata, ancora una volta, dai soldati israeliani. Il Sole 24 Ore riporta le parole degli uomini in divisa, i quali ammettono di aver ucciso trecento civili. Sul Corriere, invece, un racconto è titolato: “A Gaza si sparava a tutto ciò che si muoveva”. Altre testimonianze su Repubblica e L’Unità. Sempre in tema esercito, quello israeliano sembra aver trovato un rimedio efficace all’antrace (pagina 13 di Repubblica).
Tornando in Italia, Libero ospita la lettera del presidente del Coni, Gianni Petrucci, che giustifica la non presenza di Israele ai Giochi del Mediterraneo che si svolgeranno quest’anno a Pescara. Secondo Petrucci Israele non è stata esclusa, ma non partecipa in quanto non ha chiesto di farlo. La risposta in presa diretta, tutta da leggere, la dà Vittorio Feltri sul suo Libero che titola: “Via presidente, non fate gli ipocriti potevate invitarli”. E all’interno dello stesso quotidiano i deputati dell’associazione parlamentare Amici di Israele, firmano una lettera che invita il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi a chiamare direttamente Gerusalemme.
Infine, per i lettori accaniti, il Giornale Tempi ospita una riflessione di Giorgio Israel su Benedetto XVI. Israel elogia la lettera del Papa inviata ai vescovi e conferma la sua posizione sul rapporto che lega Ratzinger agli ebrei, tanto da pretendere le scuse da chi non gli diede credito quando parlò dell’amicizia tra il Pontefice e i “fratelli maggiori”.

Fabio Perugia

 
 
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Giochi del Mediterraneo: il Pd presenta una mozione                  
contro l'esclusione di Palestina e Israele 
Roma, 25 marzo
"Il governo italiano garantisca che i prossimi giochi del Mediterraneo, previsti nel nostro paese, a Pescara a partire dal 26 giugno prossimo, possano svolgersi nelle condizioni di civiltà che l'Italia rappresenta e onora, scongiurando l'esclusione delle rappresentanza di Israele e della Palestina", così recita la mozione presentata dal gruppo del Partito democratico. Fra i firmatari: Emanuele Fiano, il segretario nazionale Dario Franceschini, Piero Fassino, Massimo D'Alema, il capogruppo in commissione Esteri Alessandro Maran, il vicepresidente del gruppo Marina Sereni e Furio Colombo. I deputati del Pd ribadiscono che per loro "non è accettabile mescolare la gestione degli eventi sportivi con questioni di natura e di valutazione politica, ed in particolare in questo specifico caso dove l'esclusione dello Stato di Israele, operata grazie al veto opposto da una parte dei Paesi organizzatori, per ragioni che nulla hanno di sportivo, comporta anche, per un equilibrio della discriminazione, l'esclusione della delegazione palestinese". "La Camera - concludono i deputati Pd nel testo della mozione - denunci con forza l'ennesimo caso di inaccettabile e ingiusta discriminazione dei popoli".
 
 
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