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    19 marzo 2009 - 23 Adar 5769  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
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  Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma Riccardo
Di Segni,

rabbino capo
di Roma
Questo sabato leggeremo, in preparazione a Pesach, il brano dell'Esodo che istituisce il calendario ebraico: "questo mese è per voi l'inizio dei mesi". Il mese è quello con cui inizia la primavera, Nissan, e nel quale gli ebrei furono liberati dall'Egitto. Il tempo ebraico, secondo l'ordine biblico, si calcola dando la precedenza a un evento storico. Ma nella misurazione del tempo c'è anche l'aspetto della natura, o meglio della creazione. Sappiamo tutti che il capodanno, Rosh haShanà, che si celebra ritualmente e dal quale inizia il conto degli anni, è quello autunnale, di Tishrì, nel quale il modo è stato creato (secondo un'opinione) o è stato "concepito" (secondo un'altra opinione). E' un esempio della complessità ebraica ma non di una contraddizione. L'idea di fondo è che siamo tenuti a celebrare, ricordare, scandire il tempo in base a due principi: la presenza divina nella creazione e la presenza divina nella storia. La scansione del calendario, i significati delle feste ebraiche, tra natura e storia, il sabato prima di tutto (ricordo della creazione e ricordo dell'uscita dall'Egitto, come liberazione dalla schiavitù) rappresentano nella loro dinamica questa duplice idea che è essenziale nella visione ebraica.
Negli anni Sessanta si era molto discusso il problema della stampa ebraica in Italia e in particolare la sua frammentazione fra venti testate, quasi tutte a limitata diffusione locale. Il 2 maggio 1965 si tenne a Roma un convegno nazionale organizzato dalla Federazione Giovanile Ebraica d’Italia, la mitica FGEI. La mozione finale auspicava fra l’altro la “creazione di un grande periodico degli ebrei italiani che, senza rinunciare a un’ampia ma particolare personalità, dia democraticamente spazio a tutte le opinioni e sopperisca alle esigenze di formazione e di informazione di tutte le famiglie ebraiche”. Sono passati 44 anni, molte cose sono cambiate nel mondo, in Israele, nell’ebraismo italiano e nella diaspora globale. Chi ricorda quei tempi sa che le necessità e le sfide sono oggi enormemente più complesse in una società inondata dall'informazione. Il collettivo ebraico è impegnato su più fronti, nel mondo e in Israele, non necessariamente unanime su tutto, ma ancora fondamentalmente solidale nella difesa dei propri diritti civili e della propria cultura. E questo di fronte a una popolazione ebraica che in Italia è diminuita a causa dell’invecchiamento e dell’erosione identitaria, ma che contiene energie intellettuali e una profondità di conoscenze ebraiche certamente non inferiori a quelle di 44 anni fa. Ora l’Unione delle Comunità ha dato una chiara indicazione di voler creare un giornale ebraico nazionale a stampa, concepito con moderni criteri editoriali, al di là del sito internet. Con tutto l’apprezzamento meritato da chi oggi dirige con passione e onestà la stampa periodica ebraica, le risposte locali non sono sufficienti. Le iniziative editoriali esistenti potrebbero proficuamente confluire e trovare spazio nella nuova pubblicazione nazionale. Chi ha visto il “numero zero” del nuovo giornale ebraico pensa che esso offrirebbe un grande salto di qualità nell’immagine e nell’approfondimento, in grado di competere in modo più efficiente e aggressivo con le forze della disinformazione, della contestazione, e anche della violenza fisica che ci circondano. Sosteniamo l’idea e la sua realizzazione.  Sergio
Della Pergola, demografo,
Università Ebraica di Gerusalemme
Sergio Della Pergola  
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  copertinadazzetti Stefania Dazzetti, la storia dell'ebraismo italiano attraverso la sua organizzazione giuridica

Un viaggio lungo la storia dell'ebraismo italiano nell'ultimo secolo quello compiuto da Stefania Dazzetti, dottore di ricerca in diritto ecclesiastico e canonico. Un affascinante percorso che si snoda dagli inizi del 900 e giunge ai nostri giorni  studiando l'ebraismo italiano attraverso le sue istituzioni.  Quello che ne è uscito è un corposo volume che attraverso la mediazione delle fonti storiche e giuridiche fornisce un esauriente immagine della poliedrica realtà giuridica delle organizzazioni comunitarie ebraiche indagando soprattutto il complesso rapporto fra organismo centrale (l'Unione) e comunità. Un libro per addetti ai lavori in ambito storico e giuridico, ma dedicato anche agli appassionati  dei temi della libertà e del pluralismo religioso in Italia.
Abbiamo avuto occasione di parlarne con l'autrice qualche ora prima della sua presentazione al Centro Bibliografico dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.

Stefania da che cosa è scaturita l'idea di lavorare su un libro che si occupi della legislazione delle comunità?

Alla ricerca mi ha condotto, anzitutto, la constatazione dell’assenza, nel panorama
degli studi giuridici, di una trattazione sistematica in tema di autonomia delle comunità ebraiche italiane. Da sempre, e anche dopo la comparsa degli enti unitari di rappresentanza – il Consorzio e poi l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane -, le
comunità hanno rivestito, e ancora oggi conservano, un ruolo di assoluto rilievo nell’assetto organizzativo dell’ebraismo in Italia. Le comunità continuano a costituire le principali istituzioni della vita associativa degli ebrei italiani. E non v’è dubbio che l’autonomia ne costituisca la caratteristica, la prerogativa più significativa, intendendo per essa la capacità di tali enti di darsi un’organizzazione interna, distinta da quelle
dello Stato e degli altri corpi sociali, interni ed esterni all’ebraismo.
 
Quanto tempo ha impiegato nella ricerca documentaria?

La ricerca mi ha impegnato per diversi anni. Mi proponevo di ricostruire gli assetti giuridici che, nel corso del Novecento, hanno regolato la vita delle comunità e l’apporto che ciascuna di esse ha fornito al processo di formazione delle norme regolatrici dell’autonomia. Ho intrapreso così una serie di indagini il più possibile accurate presso gli archivi storici e correnti delle principali comunità, oltre che naturalmente dell’UCEI. Inutile dire che si è trattato di un’esperienza particolarmente laboriosa ma anche molto appassionante sul piano personale, oltre che scientifico: una sorta di viaggio nell’ebraismo italiano che mi ha consentito di attingere, in presa diretta, grazie anche a una serie di incontri con personalità eminenti della vita ebraica – penso ad esempio agli avvocati Guido Fubini, Vittorio Ottolenghi e Dario Tedeschi -, oltre che attraverso la mediazione delle fonti storiche e giuridiche, ai diversi volti e aspetti di una tradizione che trova la sua cifra più significativa proprio nell’estrema varietà e ricchezza delle sue tante componenti dislocate sul territorio nazionale. In questo senso, credo si possa a ragione parlare non di un solo, ma di diversi ‘ebraismi’, ciascuno dei quali, con le sue peculiarità e storie, concorre a comporre un multiforme mosaico nazionale. E naturalmente, in questo mio personale percorso, ho contratto numerosi debiti di riconoscenza con istituzioni e personalità, che hanno molto agevolato il mio lavoro, accordandomi sia libero accesso a fonti di straordinario interesse,  sia consigli e orientamenti preziosi.
 
A quale pubblico è indirizzato? E perché ritiene che sarebbe utile leggere questo libro?

Il lavoro ha naturalmente un taglio scientifico e si rivolge quindi in primo luogo agli addetti ai lavori nei campo storico e giuridico, in particolare a quanti hanno a cuore i temi della libertà e del pluralismo religioso nel nostro Paese. E, tuttavia, credo possa interessare in genere chi intenda approfondire le vicende storiche dell’ebraismo italiano nel Novecento da una prospettiva interna alla minoranza, che di solito si tende a trascurare, ma anche nell’ottica del contributo da essa offerto al consolidamento dei diritti fondamentali in Italia.

Uno spunto interessante di riflessione che ritiene scaturisca dal suo libro

Credo si possa riconoscere nella tensione dialettica tra la libertà religiosa del gruppo e quella dei singoli, che impegna ogni confessione religiosa e che, nel caso ebraico, prima ha dato luogo a un ampio, intenso dibattito democratico, quindi è sfociata, a livello normativo, nello statuto dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane del 1987. E non v’è dubbio che, adeguando l’organizzazione interna delle comunità ai principi costituzionali (art. 8), lo statuto si sia a suo tempo proposto e continui oggi a rappresentare in seno all’ebraismo italiano lo strumento più efficace e congruo di contemperamento delle ragioni individuali e collettive.

Lucilla Efrati

Stefania Dazzetti
L'autonomia delle Comunità Ebraiche Italiane nel Novecento, pagg. 299
Giappichelli Editore, Torino 37 euro
 
 
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  Tizio della SeraViaggi

Con un’attitudine spirituale, la quale più che al Mistero della Provvidenza appartiene a quello dell’Enigmistica tascabile, la Chiesa desidera essere a Durban 2. Si tratta di assistere a un torneo di parole antisemite facilitate.
                                                                                              Il Tizio della Sera




Tizio della SeraIl gatto del rabbino 2: confronto culturale,
diversità e discriminazione


Joann Sfar ha scritto più di un episodio de "Il gatto del rabbino”, editi in Italia dalla Kappa Edizioni. Il secondo episodio
"Malka dei leoni allarga gli orizzonti di confronto culturale del nostro rabbino. Non si tratta più di confrontarsi con un gatto saccente, ma con il mondo circostante. Gli eventi sono tanti e si susseguono l’uno dietro l’altro. Arriva il cugino Malka dei leoni, anticipato dalle leggende che raccontano di come comandi i leoni. Dal consiglio rabbinico di Francia gli chiedono di fare un esame di lingua francese. E muore un vecchio ebreo di tradizione algerina... il nostro rabbino è tramortito.
Prima di tutto l’esame di francese lo mette in ansia. Deve conoscere l’ebraico per svolgere la sua funzione nella comunità, non certamente il francese. “...per recitare la preghiera in ebraico a degli ebrei che parlano arabo, vogliono che tu scriva in francese?! Per me sono pazzi!” commenta il gatto.
Il nostro saccente animale gioca una parte importante in tutta questa storia perché prega il Santo Benedetto di aiutare il povero rabbino di superare il dettato di francese. Lingua che il rabbino non ha imparato bene.
E così perde la parola. Si proprio così, l’unico suono che gli esce dalla bocca è “miao”. Mentre il rabbino guadagna la conoscenza del francese.
Intanto arriva Malka accompagnato da un vecchio leone, il suo sparring-partner quando inganna le donne mostrandosi forte e valoroso contro i pericoli.
Questo secondo volume sembra dedicato al confronto culturale, alla diversità non solo quella attesa tra  ebrei e musulmani, ma nella stessa comunità ebraica. Il nipote del morto, giunto da Parigi, fa versare l’acqua per le strade alla morte del nonno per fare in modo che l’Angelo della Morte non bagni la sua spada in quella stessa acqua. “Superstizioni” così le bolla il nostro rabbino.
Ma le diversità sono anche motivo di discriminazione. Il bar dove vorrebbe prendere un caffè è vietato a ebrei e musulmani, ma ricco di occidentali.
Ma c’è anche il dilemma, non da poco, tra sefarditi e askhenaziti su quanto tempo debba passare prima di bere il latte dopo aver mangiato la carne. Tre ore per i primi, cinque per gli altri. Dilemma che il rabbino risolve: “conosci degli askhenaziti Birkat Hacohanim? No. Allora perché ti poni il problema?” Sfar molto probabilmente ha vissuto direttamente questi dilemmi, provenendo da una famiglia di entrambi le origini.
Anche la questione della lingua francese fa sorridere, ma sottolinea la follia della burocrazia che pensa di risolvere le differenze introducendone di nuove, estranee e imposte, dimenticandosi che proprio la lingua è un fondamento della cultura, della libertà e della diversità. Ma soprattutto non tenendo conto della grande varietà di essenze che popolano la Terra.
L’ultimo confronto è tra lingua ebraica e araba. Il rabbino decide di partire con il suo gatto per recarsi nel luogo dove è sepolto il nonno di suo suocero Sfar, uomo di profonda saggezza. Ma sulla strada incontra un cantore arabo, suo amico, con lui si intrattiene nel parlare. Anch’egli è accompagnato dal proprio animale, un asino.
I due animali intraprendono un litigio particolarmente focoso sul fatto che Sfar sia parola araba con il significato di giallo, ed ebraica invece da “Sofer”, scrivere. Mentre litigano ferocemente, i due amici, saggi, commentano: “Sembra che le bestie siano stanche”.
Ancora una volta la differenza è superata da una visione che parte da un altro punto di vista che non fa parte del confronto diretto: amico-nemico, vittima-carnefice, etc... ma dal centrare l’autentico succo del problema.
SfarJoann Sfar (nell'immagine a fianco) gioca con abile maestria sul tema della diversità senza enfatizzarlo e senza caricarlo di retorica. Ne parla nelle trame della storia e cerca soluzioni che non lascino irrisolti i conflitti.
Gli animali riposano; Birkat non conosce, per ora, askhenaziti; e il giovane algerino, pur avendo tradizioni diverse, sposerà la figlia del rabbino... eh già, nozze in vista. Ma ci sono ancora tre volumi. Un mondo disegnato da scoprire. Dove Joann Sfar “scrive” con tinte gialle e rosse, tinte di terra.

                           Andrea Grilli
 
 
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Via le tende. Dopo due settimane Noam Shalit, padre del soldato israeliano rapito, ripiega i suoi vestiti, le sue carte, le sue speranze. E torna a casa. Era rimasto quindici giorni davanti casa dell’ormai ex premier Ehud Olmert, per spingere il governo a non mollare. A insistere nei negoziati per liberare il figlio Gilad, nelle mani degli estremisti islamici dall’estate del 2006. Dopodomani, come racconta Viviana Mazza sul Corriere della Sera, saranno passati mille giorni. Dopodomani Noam e sua moglie Aviva torneranno a casa. I negoziati con Hamas sono falliti. Secondo il leader di Hamas intervistato dall’Unità, Ismail Radwan, per colpa di Olmert. “Ora serve un miracolo”, dicono gli Shalit.
Mentre tutto il Paese resta in ansia e Bibi Netanyahu continua a trattare per formare il nuovo esecutivo contattando, stavolta, i laburisti (Messaggero), Israele alza di nuovo un muro contro l’Onu rifiutandosi di accettare la nuova bozza del testo della conferenza contro il razzismo, detta Durban 2. Il motivo è ben argomentato su Il Giornale. La giornalista (deputata alla Camera con il Pdl) Fiamma Nirenstein spiega le vittorie dell’Italia – che ha spinto l’Europa a cambiare un testo anti-israeliano e anti-americano –, ma anche il “tranello”. Nell’attuale bozza viene infatti confermata la validità delle conclusioni della prima conferenza sul razzismo (Durban 1), che sono un vero attacco a Israele e agli States. Brevi resoconti si possono trovare anche sul Corriere, e Il Riformista.
Tornando a Gerusalemme, Repubblica pubblica un’intervista del portavoce di Olmert che risponde alle dichiarazioni, fatte ieri sullo stesso giornale, dal presidente Assad. Mark Regev racconta come in questi mesi si è tentato di costruire una pace e come una lunga telefonata tra Olmert e Assad abbia fatto sfiorare un accordo con la Siria. Infine, l’inserto Nova del Sole 24 Ore riporta una notizia che moked.it aveva già anticipato qualche giorno fa. Il nuovo business dell’Israel Desalination Enterprise, che è riuscito a vendere delle innovative fabbriche di neve a due stazioni sciistiche europee: una in Svizzera e una in Austria. Un po’ come vendere il ghiaccio agli eschimesi.

Fabio Perugia

 
 
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Cisgiordania, esercito israeliano: arrestati esponenti di Hamas
Gerusalemme, 19 mar -
Il portavoce militare ha annunciato che l'esercito israeliano ha compiuto, nel corso della scorsa notte, una retata di esponenti di Hamas, arrestando una decina dei principali membri dei quadri direttivi di questo movimento islamico in Cisgiordania. Tra gli arrestati ci sono quattro membri del Consiglio Legislativo dell' Autorità palestinese. Secondo il portavoce, gli arrestati erano "impegnati in uno sforzo continuo per ricostruire la struttura amministrativa dell'organizzazione terroristica nelle loro aree, cercando al tempo stesso di accrescere il potere e l'influenza di Hamas in Cisgiordania". E' possibile che la retata indichi l'intenzione di Israele di aumentare la pressione su Hamas in Cisgiordania, dopo il fallimento dei negoziati indiretti, per ottenere la liberazione del soldato Gilad Shalit. A quanto si è appreso tra gli arrestati ci sono a Nablus l'ex vice premier del primo governo di Hamas Nasseredin Al-Sher, e due esponenti islamici, Adnana Asfur e Issam Al-Ashqar. A Ramallah sono stati interrogati il deputato Abdel Kader, il sindaco della vicina El Bireh, Jamal Al-Tawil, l'esponente politico Farhat Assad. A Jenin è stato arrestato il deputato Ayman Daraghmeh.

ONU:Durban II, modifiche alla bozza,
Israele: "sono solo cambiamenti cosmetici"
Roma, 18 mar -
Israele definisce "un trucco diplomatico che punta a confondere i problemi" le modifiche apportate alla bozza della dichiarazione finale della conferenza dell'Onu contro il razzismo e la xenofobia, la cosiddetta Durban II, il programma a Ginevra il prossimo 20 aprile. Gli israeliani infatti ritengono che "la sostanza rimane la stessa, si tratta solo di cambiamenti cosmetici". Secondo quanto riferisce il sito web del quotidiano Haaretz, citando una fonte autorevole del ministero degli Esteri, "il primo articolo del nuovo documento riafferma la dichiarazione contenuta nel Durban I e cioé che Israele è uno stato razzista. Ciò - prosegue la fonte - porta a pensare che l'essenza è rimasta la stessa". Il testo corretto è stato elaborato da una commissione presieduta dalla Russia, allo scopo di prevenire ogni boicottaggio.  
 
 
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