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    2 marzo 2009 - 6 Adar 5769  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
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  Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma Riccardo
Di Segni,

rabbino capo
di Roma
Tra una settimana sarà Purim ed è tempo per andarsi a rileggere quell’affascinante documento che è la storia di Ester. Affascinante per le sue infinite allusioni e la loro attualità. Prendiamo la storia di Washtì. La regina che viene ripudiata da Assuero per essersi rifiutata di mostrare la sua bellezza, senza veli, al pubblico della festa regale. In apparenza, eroina del femminismo e vittima del sopruso maschile. Non è proprio così, spiega il midrash, rovesciando le apparenze con un grande esercizio critico. Washti non era una signora qualsiasi, era la discendente della casa reale babilonese soppiantata dai persiani e la discussione tra marito e moglie era il pretesto per concludere un affare dinastico. Quanto alla sua presunta difesa dei diritti e del pudore femminile, si spiega, sulla base di allusioni scritturali, che la regina aveva organizzato anche lei una festa orgiastica pubblica, che aveva costretto le donne ebree a parteciparvi, che le aveva costrette a profanare il sabato. Insomma, non era uno stinco di santo, e il suo rifiuto di mostrarsi non dipendeva dal pudore ma dal fatto che in quel momento era impresentabile, per una malattia della pelle, o perché, dice ironicamente il midrash, Gavriel le aveva fatto spuntare una coda.
Si cominciano a vedere le ronde. Su un autobus romano, un "rondista" travestito da controllore e affiancato da due veri controllori che si tenevano in disparte, non si sa se per prudenza o per dissociarsi, ha cominciato a chiedere il biglietto ai soli extracomunitari, il tutto a male parole, chiedendo loro anche i documenti e poi buttando a terra il portafoglio dei malcapitati. Il caso non è isolato. Se non è razzismo chiedere il biglietto solo agli immigrati, allora cos'altro è il razzismo? Chi ha autorizzato questa prassi illegale, condita di violenza e di male parole? Ci accorgiamo che stiamo lasciando via libera alla prepotenza dei delinquenti nostrani? Naturalmente, nessuno ha protestato. Fra poco, non ce ne accorgeremo nemmeno più, ci avremo fatto l'abitudine.  Anna Foa,
storica
Anna Foa, storica  
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  Da Durban 2001 a Ginevra 2009:
è questa la lotta dell'Onu contro il razzismo?

Penso che tutti gli addetti ai lavori abbiano un ricordo molto vivido della conferenza contro il razzismo tenutasi a Durban nel settembre del 2001.
Il tema nobilissimo della lotta contro il razzismo era stato stravolto ad opera di molte delle ONG presenti al Forum in una serie di accuse rivolte contro Israele e solo contro Israele fino a degenerare in una fisica caccia all’ebreo che sconvolse chiunque ne fosse stato testimone. Charles Graves di Interfaith International, alla conferenza di Durban aveva persino avallato come giustificati gli attacchi suicidi contro civili israeliani, che in quel periodo stavano arrivando all’apice della violenza.
Nell’aprile del 2008 oltre 100 delle ONG rappresentate a Durban nel 2001 hanno sottoscritto un documento nel quale tra l’altro si afferma che “gli osservatori sono stati scioccati dalle violazioni procedurali nei processi preparatori e di redazione delle bozze, dal trattamento razzista che includeva violenza, esclusione ed intimidazione nei confronti di partecipanti ebrei, e dall’abuso di terminologie specifiche dei diritti umani nel documento riferito al conflitto israelo-palestinese”. La stessa alta commissaria dell’ONU per i diritti umani , Mary Robinson, ha denunciato “l’atmosfera carica di odio e perfino razzista” in senso antisemita presente al Forum delle ONG di Durban e ha pertanto rifiutato di sostenere la dichiarazione finale emersa da quel Forum (che, ricordiamo, era avvenuto sotto l’egida dell’ONU).
Siamo ora alla vigilia della Conferenza denominata Durban II, che comincerà a Ginevra il 20 aprile e avrà il compito di monitorare i risultati conseguiti (o i fallimenti) nel campo dei diritti umani dal 2001 a oggi.
Da anni oramai gli stati e le ONG del mondo islamico stanno alacremente lavorando alla elaborazione di documenti che contengano, mediante un uso attento delle parole, accuse infamanti nei confronti di Israele e portino alla delegittimazione di fatto, se non de jure, dello stato ebraico.
Genocidio, pulizia etnica, crimini contro l’umanità, apartheid sono parole che si rincorrono nei documenti che dovranno confluire in quello conclusivo. Oltre ad Israele non vi è neppure un solo stato, dei 191 membri dell’ONU, che sia menzionato come razzista o sistematico violatore dei diritti umani.
Una delle conferenze preparatorie, riunita a Ginevra dal 6 al 17 ottobre 2008 e presieduta dalla Libia (!), ha visto le ONG partecipanti dividersi sul tema delle accuse ad Israele e all’occidente contenute, ad esempio, nell’agenda proposta dall’ Organizzazione della Conferenza Islamica. BADIL (Centro risorse per la residenza palestinese ed i diritti dei rifugiati) , finanziata tra l’altro dall’Irlanda, dalla Norvegia,, dalla Svizzera, ha accusato Israele di “sistematica pulizia etnica”. Altri incontri non ufficiali di ONG che dibattevano sull’opportunità di chiedere alle Nazioni Unite, come già nel 2001, un Forum delle ONG che affiancasse quello degli stati, hanno portato ad aperti attacchi nei confronti dei rappresentanti delle ONG ebraiche. Un attivista di una ONG presente a Ginevra ha dichiarato che “noi abbiamo dei problemi con i filo-israeliani. Condanneremo l’occupazione della Palestina. Noi sappiamo chi siete e dove trovarvi. Noi...sappiamo tutto di voi”.
Può essere utile ricordare, a questo punto, come è composto il Consiglio dell’ONU sui Diritti Umani, recentemente rinnovato allo scopo di evitare le clamorose cadute di credibilità e autorevolezza verificatesi in passato.
Un nigeriano ne è il presidente, diplomatici dell’Azerbaijan, delle Filippine, dell’Argentina e del Canada sono vicepresidenti. Nel Consiglio siedono fra altri rappresentanti dell’Angola, del Camerun, della Cina, di Cuba, dell’Indonesia, del Madagascar, della Malaysia, del Nicaragua, del Pakistan, della Russia, dell’Arabia Saudita, del Senegal, dell’Ucraina. Il comitato incaricato di preparare la conferenza di Ginevra denominata per semplicità Durban II è presieduto dalla Libia; cubano è il suo portavoce, iraniano un membro dell’esecutivo. Insomma, la garanzia del risultato è assicurata a priori.
Coloro che – stati e ONG, ma anche media e istituzioni culturali – hanno veramente a cuore il rispetto dei diritti umani possono difendersi da questo assalto che viene accuratamente preordinato contro chiunque difenda Israele o non sia disposto a mettere Israele, e solo Israele, sul banco degli accusati?
Vi è chi ha scelto la via della non partecipazione a Durban II, come gli Stati Uniti, il Canada, l’Italia e ovviamente Israele. E’ un modo per sottolineare la mancanza di imparzialità e di credibilità della conferenza, per delegittimarla a priori. E vi è anche chi parteciperà, vigilando però sui quattro punti comunemente indicati come la linea rossa oltre la quale si entra nel terreno minato dell’antisemitismo e della demonizzazione del solo Stato di Israele:
1) accusare il solo Israele di infamanti violazioni dei diritti umani
2) includere nel documento finale la clausola che vieta la diffamazione delle religioni, che mediante un suo uso strumentale impedirebbe di criticare l’estremismo religioso islamista
3) elencare in ordine di importanza di una serie di forme di razzismo, con l’islamofobia come quella principale: pur essendo una grave manifestazione di intolleranza l’islamofobia, già denunciata anche al Forum dell’OSCE di Bucharest (giugno 2007) come forma di razzismo, va posta sullo stesso piano di tutte indistintamente le forme di razzismo,senza graduatorie
4) la soppressione dal documento della conferenza del 2001 della menzione della giornata di commemorazione della Shoah e della condanna dell’antisemitismo.
I diritti umani e chi genuinamente li esercita e difende non devono in alcun modo diventare gli ostaggi prediletti di chi al contrario li stravolge e usa solo per fomentare odio. E’ successo a Durban otto anni fa, non deve ripetersi a Ginevra fra 7 settimane.

Federico Steinhaus, Consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
 
 
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  Donatella Di CesareMaimonide e la grande regola dello Shabbat
che rende umane le leggi naturali


In una parte della sua Guida dei perplessi (III, 35) Maimonide si sofferma sulle mitzvòt. E ammette che molti precetti sembrano del tutto innaturali. Come giustificare allora pratiche apparentemente contro natura? Ecco che Maimonide capovolge l’argomento e a partire da qui ripensa l’ebraismo.

Che cosa distingue l’ebraismo dall’idolatria pagana? A ben guardare il pagano si accontenta dell’ordine naturale e anzi lo celebra. Questa celebrazione non trova più spazio nel mondo ebraico che, come tale, rappresenta il primo grande rifiuto del paganesimo. La Torah è una anti-idolatria consapevole, insistente, pervicace e ostinata. Mira a denaturalizzare l’essere umano ovvero a umanizzare le leggi naturali. È insomma un insieme di regole simboliche che dischiudono un al di là – umano – della natura. Di qui la innaturalità di alcuni precetti il cui scopo, per Maimonide, potrebbe essere anche solo quello di invertire le pratiche idolatriche.

Così le mitzvòt strappano l’ebreo a ciò che lo incatenerebbe altrimenti alla natura, cioè alla materialità in attesa di essere formata. Le mitzvòt sono dunque la forma di una vita che non si appaga del senso naturale e storico. È lo Shabbat a costituirne l’apice. Rottura della realtà naturale, interruzione della realtà storica, la celebrazione del settimo giorno, la ritualizzazione pratica che si compie nella comunità, istituisce e rende pubblico nell’universo “il principio della novità del mondo”.

Donatella Di Cesare, filosofa



Regina SpektorMosca - Ostia Lido - Gerusalemme - New York
Regina Spektor, la voce della nuova generazione


Ha compiuto 29 anni pochi giorni fa, il 18 febbraio: con il suo accento fin troppo newyorchese, il suo stile un po' glamour e un po' retrò, la sua musica orecchiabile eppure ricercata, da qualche anno Regina Spektor è uno dei volti più interessanti della scena musicale ebraico-americana. Conosciuta in Italia per le sue canzoni più commerciali come “Fidelity” (tormentone invernale 2007) e “On the Radio”, la giovane cantante e pianista nasconde però un repertorio e una storia personale molto più complessi e affascinanti.

Nata a Mosca nel 1980 da una famiglia di musicisti, come molti altri ha lasciato la Russia dopo la caduta del Muro di Berlino. Transitando come tanti altri esuli per Ostia Lido, come da copione si è trasferita a New York, poi nel New Jersey. Per qualche anno ha anche frequentato una yeshivà femminile, “però mi sentivo fuori posto”. L'idea di comporre canzoni tutte sue le è venuta all'età di 16 anni durante un viaggio in Israele per adolescenti: si annoiava durante le lunghe passeggiate attorno a Gerusalemme, avrebbe poi raccontato, e così si è messa a canticchiare dei motivetti ispirati dal paesaggio.

Soviet KitschMolte delle sue canzoni esprimono, sotto un velo pop, un fortissimo attaccamento alle sue radici ebraiche e russe. Il titolo del suo primo album Soviet Kitsch è già tutto un programma, la canzone “US” è un tributo autobiografico all'immigrazione verso New York, “Baby Jesus” un ritratto surreale e scanzonato dei predicatori-truffatori che predicano odio contro gli “infedeli”. Spektor è un'artista eclettica, che fonde brani per piano in stile Tory Amos ai motivi dell'Europa orientale, che passa senza scomporsi dal citare i Guns 'n Roses (“On the Radio” è un tributo a “November Rain”) a Boris Pasternak in lingua originale ( “Apres Moi” è cantata in inglese, francese e russo).

Sarà anche per questo che, a differenza di Pink e Amy Winehouse, Regina sembra l'unica reginetta del pop a mantenere un legame tutto particolare con il pubblico dei giovani ebrei americani. Il sito “Stuff Jewish Young Adults like” (pure qui il titolo è tutto il programma) ne ha fatto un punto di riferimento. E riassume così il suo fascino: “Le ragazze la adorano perché Regina sembra una vecchia amica incontrata a un campo estivo per adolescenti ebrei, che ha sfondato nel mondo del pop e che continua a spedire loro i biglietti per i concerti”. E i ragazzi? “La adorano perché sembra una vecchia amica incontrata a un campo estivo per adolescenti ebrei, che ha sfondato nel mondo del pop, e che però non spedisce loro i biglietti per i concerti. Ma se non altro li saluta per strada”.

Anna Momigliano 
 
 
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Megavertice con 71 Paesi per la ricostruzione di Gaza 
L'Egitto: aiuti gestiti dall'Anp. Israele: escludere Hamas

[...]Hamas,il movimento di resistenza islamiw, non è stato invitato alla conferenza dei donatori per la,ricostruzione di Gaza a Sharm el Sheilch ma vuole far sentire la sua presenza. Da due giorni ha alzato il tiro lanciando una ventina di razzi contro Israele. Il cessate il fuoco, quello, che l'Egitto ha cercato invano di concordare dopo i ventidue giornì d'attacco israeliano alla Striscia, è lettera morta.[...]
[...]Sarà il presidente egiziano, a pronunciare il discorso d'apertura, seguito nell'ordine da Sarkozy, Berlusconi, il segretario generale dell'Onu Ban ki-Moon e il presidente palestinese Abbas che rivendica per sé il ruolo'di depositario degli aiuti decisi dai donatori.[...]
Eric Salerno - Il Messaggero - 2 marzo 2009

«Trattative Olmert-Hamas tramite un parente del premier»
[...]La Conferenza per la ricostruzione che si apre stamattina e si chiude stasera sul Mar Rosso, 70 Paesi, è come sempre in questi casi un pretesto per le diplomazie parallele: Hillary Clinton, al suo esordio in Medio Oriente da segretario di Stato, qui a portare 9oo milioni di dollari, ma soprattutto a rattoppare il dopo Bush; l'Unione Europea, divisa come sempre, coi suoi 550 milioni e con la Norvegia che è l'unico Paese a riconoscere Hamas; i siriani, presi dalle prove di disgelo con gli Stati Uniti; il turco Recep Tayyip Erdogan, nelle curiose vesti dell'uomo che in privato tratta con Israele e in pubblico lo bistratta; Silvio Berlusconi, nel suo piccolo, con un assegno di qualche decina di milioni; Nicolas Sarkozy, a ricordare che fu lui il primo a mediare durante la guerra e cercare il ruolo da protagonista.[...]
Francesco Battistini - Il Corriere della Sera - 2 marzo 2009

Ricostruire Gaza un primo passo verso la pace
Ban Ki-Moon 

[...]Le tre settimane di intensi combattimenti si sono concluse con cessate il fuoco unilaterali annunciati da entrambe le parti il 18 gennaio. Da allora la situazione è rimasta comunque precaria, con ulteriori gravi episodi di violenza e chiusure continue dei valichi. Ciò rende evidente il bisogno urgente di giungere a un cessate il fuoco che sia duraturo, sostenibile e pienamente rispettato dalle parti, come richiesto dal Consiglio diSicurezza.[...]
[...]Il nostro obiettivo non dovrebbe essere semplicemente il ritorno alla situazione di Gaza prima del 27 dicembre, o al processo di pace. Ora più che mai è il momento di raggiungere una pace piena e globale tra Israele e i suoi vicini arabi. Se da una parte ci sforziamo di garantire assistenza e sostegno alla ricostruzione di Gaza, dobbiamo anche perseguire in modo instancabile l'obiettivo su cui siamo d'accordo da tempo ma che non siamo stati in grado di perseguire: la fine dell'occupazione iniziata nel 1967, la creazione di uno stato palestinese che comprenda Gaza, la Cisgiordania e includa anche Gerusalemme orientale, e che coesista in pace e sicurezza accanto ad Israele, e una pace giusta, durevole e complessiva tra Israele e tutti i suoi vicini arabi.[...]
Segretario generale Onu - La Repubblica - 2 marzo 2009

Futile and absurd threats
[...]While the firing of Qassam rockets on communities in the south continues as though there had been no war to put an end to it, outgoing Prime Minister Ehud Olmert yesterday once again began threatening Hamas, as if his threats had any validity. "Israel will not continue to show restraint at the firing of Qassams," Olmert said at the beginning of a cabinet session. "If the firing continues it will be met by a painful response".[...]
Haartz - 2 marzo 2009

Iran, Obama rompa gli indugi
Ci sono rappresentanti di governi totalitari che, stranamente, di tanto in tanto si esprimono con brutale schiettezza, in tono quasi confidenziale. Chiamo a testimoniare un alto funzionario del governo di Robert Mugabe, secondo quanto riferito recentemente dal New York Times riguardo la messinscena del giuramento di Morgan Tsvangirai come primo ministro dello Zimbabwe. Dopo la cerimonia, riferisce Celia W. Dugger: «Un vecchio dirigente di Zanu-Pf, appartenente alla nomenklatura del partito, a condizione di restare anonimo, ha commentato così la nomina di Tsvangirai: "Non durerà, ve lo garantisco. E' una mossa per guadagnar tempo"». Era quanto immaginavo anch'io, ma spesso è utile sentir confermare i propri sospetti. Allo stesso modo, nessuno immagina per un solo istante che le parole lusinghiere riservate diai leader iraniani alla proposta di «colloqui diretti» con il governo americano siano nieint'altro che l'identico tentativo di fare melina, mentre le centrifughe girano al massimo, e di guadagnare (o meglio, sprecare) tempo fino ad avere sotto mano un quantitativo sufficiente di materiale fissile, prima di gettar via finalmente la maschera.[...]
Christopher Hitchens - Il Corriere della Sera - 2 marzo 2009

Azienda tedesca, accusa shock "Riciclava i capelli dei deportati"
Berlino - Un grave scandalo, l'accusa di avere in sostanza guadagnato sotto il Terzo Reich usando i capelli degli ebrei destinati all'Olocausto e degli altri internati nel campo di sterminio nazista di Auschwitz, pesa sul gruppo Schaeffler, la grande azienda tedesca che da decenni è uno dei massimi big nel comparto dell'indotto dell'auto, e che ora versa in gravissime difficoltà essendosi pesantemente indebitata per rilevare il colosso dei pneumatici Continental.[...] 
Andrea Tarquini - La Repubblica - 2 marzo 2009

 
 
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notizieflash    
 
 
Egitto: Hosni Mubarak apre la Conferenza dei donatori              
Sharm el Sheikh, 2 mar -
“La prima priorità per Gaza è arrivare a un cessate il fuoco e che il cessate il fuoco sia mantenuto, insieme a quella di raggiungere un'intesa e una distensione tra israeliani e palestinesi” - così il presidente egiziano Hosni Mubarak ha aperto oggi la Conferenza dei donatori per la ricostruzione di Gaza. “Malgrado la rinuncia israeliana agli accordi conclusi in diversi incontri con le due parti - ha affermato il rais del Cairo - l'Egitto continuerà i suoi contatti con Israele perché cambi atteggiamento e si possa arrivare a una tregua nel più breve tempo possibile" – ha aggiunto ancora Mubarak. La guerra di 22 giorni mossa da Israele contro il movimento integralista palestinese Hamas, nella Striscia di Gaza, ha provocato oltre 1.330 morti e oltre 5.000 feriti palestinesi. I danni calcolati dall'Autorità Nazionale Palestinese (Anp) richiedono finanziamenti per circa 3 miliardi di dollari che questa conferenza ha l'obiettivo di raccogliere con l'impegno della comunità internazionale."La ricostruzione non dipende solo dalla mobilitazione di grandi somme e contributi - ha sottolineato Mubarak - ma è legata a dei principi". Tra questi ha elencato un accordo di tregua tra palestinesi e israeliani il più presto possibile, in modo da garantire la riapertura dei passaggi per i materiali per la ricostruzione e la necessità che le due parti si impegnino al rispetto di questa tregua. Al secondo posto Mubarak ha indicato la riconciliazione interpalestinese e la formazione di un governo d'intesa nazionale che controlli la ricostruzione, in collaborazione con l'Autorità Nazionale Palestinese (Anp), garantendo la protezione degli interessi del popolo palestinese ed evitando che "i fondi raccolti siano utilizzati come bottino di guerra e siano ignorati gli altri gruppi". Terzo principio richiamato da Mubarak è la messa a punto di un meccanismo internazionale che goda della fiducia dei donatori e che ottenga i fondi da utilizzare nelle operazioni di ricostruzione, in un quadro di chiarezza.
Per concludere Mubarak ha sottolineato l'importanza di riattivare il ruolo dell'Onu "come ombrello sugli sforzi per la ricostruzione e coordinamento tra tutte le agenzie che se ne occuperanno, e in particolare l'Unrwa" (l'agenzia Onu per l'assistenza ai profughi palestinesi) e ha proposto inoltre che la commissione internazionale di coordinamento dell'assistenza (Ahlc) diretta dalla Norvegia si occupi di seguire i risultati della conferenza.


Si infittiscono i lanci di razzi, le scuole di Ashqelon chiudono
Tel Aviv, 2 mar -
Ancora lanci di razzi su Israele. Nella nottata sei razzi hanno colpito la città di Sderot provocando danni a due edifici. Stamane ne è stato sparato un altro.
Ad Ashqelon le scuole resteranno chiuse, un'iniziativa dei genitori che ritengono gli edifici scolastici non più in grado di garantire protezione di fronte ai razzi potenziati sparati da Hamas. Il premier Ehud Olmert già ieri aveva avvertito “la nostra risposta sarà severa e decisa” .
Ma nessuna reazione è stata ancora mossa. Alcuni osservatori ritengono che forse il governo israeliano ha deciso di rinviare eventuali operazioni militari a Gaza per non influenzare negativamente l'esito del vertice economico internazionale in corso oggi a Sharm el-Sheikh.
Malgrado la forte tensione sul terreno i valichi commerciali fra Israele e Gaza restano parzialmente aperti anche oggi. Vi transiteranno, secondo fonti militari israeliane, circa 200 camion con aiuti umanitari alla popolazione palestinese.


Silvio Berlusconi e il collegamento Mar Morto - Mar Rosso
Sharm el Sheikh, 2 mar -
Il premier Silvio Berlusconi promette: “Proporrò, in occasione del G8 e del G14, il collegamento tra Mar Morto e Mar Rosso”  - lo ha annunciato, nel corso del suo intervento alla Conferenza internazionale donatori per la ricostruzione di Gaza.
"Si tratta di un'opera - ha spiegato - molto importante per tutti gli Stati della regione. Ogni anno infatti il livello del Mar Morto scende in modo a quanto sembra definitivo". Per questo, secondo il premier, si tratta di un'opera che interessa la Giordania, Israele e la Palestina, perché "porterebbe nella regione energia, della quale c'è bisogno, e acqua, per rendere coltivabili zone che non lo sono. E rilancerebbe anche il turismo".
 
 
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