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L'Unione informa
 
    1 gennaio 2009 - 5 Tevet 5769  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
alef/tav    
  Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma Riccardo
Di Segni,

rabbino capo
di Roma
Leggeremo questo Shabat la parashà di Waiggàsh  ("si avvicinò"), che prende il nome dalla prima parola del testo che descrive il gesto di Yehudà che "si avvicinò" a Yosef per chiedergli la liberazione del fratello Beniamin tenuto da lui in ostaggio. Ragionando sul senso e le allusioni linguistiche di questa espressione, i Maestri dimostrarono come vi siano tre possibili significati in questo "avvicinarsi": la guerra, la composizione pacifica, la preghiera. Per risolvere il problema c'erano tre strade possibili: quella violenta, quella diplomatica, e quella dell'implorazione (non si sa a chi rivolta, se all'interlocutore umano o verso l'Alto) e Yehudà era disposto a tutte e tre. Il senso del Midrash va oltre il singolo episodio biblico. Perchè Yehudà, capostipite della stirpe messianica, rappresenta il potere politico e la regalità del popolo ebraico e le possibilità che gli si offrono e che devono essere utilizzate con forza e saggezza sono quelle di ogni momento critico della storia ebraica. Come quello che stiamo vivendo in questi giorni di guerra.
Nella invero poco probabile ipotesi di un quotidiano lancio di missili da oltre il confine, proviamo a simulare con i capoluoghi di provincia italiani la situazione effettivamente vissuta dalla popolazione israeliana nelle vicinanze di Gaza nel corso degli ultimi otto anni. Nelle città situate fino a 10 km. dal confine, come Sderot, gli abitanti avrebbero a loro disposizione 15 secondi di tempo dal momento dell’allarme per mettersi al riparo nei rifugi antiaerei. È il caso di Como, Gorizia e Trieste. A 20 km. di distanza dal confine, come ad Ashkelon e a Netivot, avrebbero 30 secondi di tempo gli abitanti di Aosta, Verbania, Varese, Sondrio e Udine. A 30 km. dal confine, come ad Ashdod, Kiryat Malachi, Kiryat Gat e Ofakim, avrebbero 45 secondi gli abitanti di Cuneo e Lecco. A 40 km. dal confine, come a Beer Sheva, avrebbero un intero minuto gli abitanti di Imperia, Torino, Biella, Milano e Bolzano. Qui sarebbe proprio il caso di parlare di equivicinanza.
Sergio
Della Pergola,

demografo Università Ebraica di Gerusalemme
sergio della pergola  
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  vajgash G-Dcast: quattro minuti di Torah
in un cartone animato che parla a tutti

Il rapporto tra ebraismo e sviluppo tecnologico si è rivelato proficuo in molti campi. Internet ha permesso di fare passi da gigante nella fruibilità della cultura, e quella ebraica non fa eccezione. Lezioni di Torah online, possibilità di rivolgersi a rabbini via Web, una grandissima quantità di siti in cui reperire ogni tipo di notizia e dato utile sul mondo ebraico.
Ma oggi la Torah online ha raggiunto un nuovo traguardo.
Ormai per sapere di cosa parla la Parashà della settimana non ci sono più solo il tempio, la lezione del Rav, il classico libro in cui andarla a leggere in ebraico o tradotta.
Oggi, per scoprire qualcosa di più su Vayigash o Chayei Sarah, basta andare su www.g-dcast.com dove cartoni animati sensibili e intelligenti raccontano in una manciata di minuti la Parashà in modo acuto e del tutto nuovo, con colori vivaci e immagini stilizzate di grande immediatezza.
Sentendo parlare di cartoni animati potrebbe venire spontaneo pensare a qualcosa di semplice e infantile, la Torah ridotta a una favoletta per bambini.
Ma l’intento di Sara Felton, ideatrice del progetto, un passato nella sezione online del New York Times, non si limita certo a questo.
“L’idea mi è venuta pensando alla mia adolescenza - spiega Sara – poiché in casa non avevo ricevuto un’educazione ebraica molto approfondita, ero spesso a disagio, al tempio, perché non conoscevo nemmeno gli episodi biblici più famosi. Una possibilità del genere mi avrebbe aiutata. Il target principale dei G-dcast sono gli adolescenti, ma i nostri lavori possono avere qualcosa da insegnare anche ad un pubblico più adulto”.
“Abbiamo scelto di utilizzare un approccio diverso da quello tradizionale - continua Matthue Roth, responsabile educativo del progetto (a loro si aggiunge Nick Fox-Gieg, direttore dell’animazione) - G-dcast parte dall’idea di interagire con la Torah, ciascuno dal suo punto di vista, o a seconda delle sue conoscenze: per alcuni sarà solo una scenetta divertente, per altri un’occasione per imparare o capire qualcosa di nuovo. Ciò che a noi interessa davvero è attirare la gente, e farle scoprire un modo diverso per avvicinarsi alla Torah che amano.”
E nei G-dcast le prospettive differenti non mancano. Ogni episodio infatti è ideato e commentato da esperti in materia di diverso background, da una scrittrice ebrea australiana madre di otto figli, a un talmudista di Berkely, poi inglesi e israeliani, rabbini e professori, ognuno pronto a trasmettere la propria visione della Torah.
Il progetto partito da pochi mesi sta già riscuotendo grandissimo successo, nuovi cartoni sulle Parashot settimanali vengono sfornati a ciclo continuo. C’è chi li scarica sull’I-pod, o li condivide sui siti di social networking come Facebook.
Sono poi moltissimi gli insegnanti che chiedono di poterne usufruire come nuovo strumento per l’educazione ebraica dei loro alunni. “L’interesse e l’entusiasmo che riceve G-dcast dal pubblico ebraico e dagli educatori è fantastico - continua Sara Felton - rimane da vedere se in futuro riusciremo a raggiungere anche un’audience più vasta, che magari non possiede conoscenze preliminari su questi argomenti”.
Divertenti ed educativi insomma questi cortometraggi animati, e questa volta si può proprio dire che le due cose coincidono, con grande gioia di genitori e maestri, che hanno a disposizione anche delle schede con ulteriori spiegazioni e suggerimenti su come sfruttare in classe gli spunti dei G-dcast.
Dietro all’iniziativa, oltre alla creatività degli animatori e dei consulenti, anche due fondazioni statunitensi, Keren Keshet e The Charles and Lynn Schusterman Family Foundation, impegnate a diffondere la gioia della vita ebraica, la gioia di apprendere e la gioia di dare.
Unico freno, forse, per il pubblico italiano è la lingua: naturalmente l’inglese. Un linguaggio che è ormai incontestabilmente divenuto il nuovo yiddish, la nuova lingua franca del popolo ebraico a livello internazionale e con il quale i nostri figli dovranno inevitabilmente fare i conti. Ma non consideriamolo un limite. Anzi, potrebbe essere davvero la buona occasione per i nostri ragazzi di affrontare un’esperienza multidisciplinare: ebraismo, lingua straniera e informatica in quattro minuti di intrattenimento intelligente.
 
Rossella Tercatin
 
 
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La tradizionale tregua che lascia gli italiani senza giornali quotidiani per cinque giorni all'anno può rappresentare un'occasione preziosa per guardare oltre ai confini e alle barriere linguistiche e culturali.
Ha un senso per noi ebrei italiani, soprattutto per i nostri giovani, chiamati a difendere la loro identità ebraica in un mondo sempre più globalizzato. Ma ha un senso anche perché le istituzioni dell'ebraismo italiano hanno recentemente approvato un progetto per dare una versione italiana al meglio della stampa ebraica internazionale e della stampa internazionale che tratta di argomenti ebraici. Quando sarà compiuto, questo progetto offrirà al lettore del notiziario quotidiano l'Unione informa e del Portale dell'ebraismo italiano www.moked.it un orizzonte più ampio e una migliore possibilità di operare scelte consapevoli.
La rassegna internazionale di questo Capodanno civile è fortemente caratterizzata dalla situazione a Gaza, dalle attività delle forze armate israeliane per disarmare le organizzazioni terroristiche palestinesi e dallo stillicidio di missili che continuano a colpire le regioni israeliane meridionali mettendo continuamente a repentaglio la vita della popolazione civile.
In un interessante intervento ospitato oggi da Yedioth Ahronoth, il più diffuso quotidiano israeliano, Farid Ghadry, un esponente dell'opposizione siriana in esilio, assicura che  una dura sconfitta di Hamas è necessaria per la diffusione della democrazia  e della cultura della tolleranza fra i regimi arabi.
In un editoriale non firmato e quindi attribuibile alla direzione del più autorevole quotidiano israeliano, con una presa di posizione molto severa nei confronti dell'attuale esecutivo, Haaretz di questa mattina ricorda che non basta affidarsi alla forza delle armi, ma è necessario anche elaborare strategie a lungo termine.
In un secondo commento sulla stessa pagina, firmato da Ari Shavit  si mette invece in luce quanto l'operazione si sia fin qui dimostrata non solo necessaria, ma anche intelligente.
Più orientato sulla linea dura il commento di Evelyn Gordon sul Jerusalem Post di oggi secondo la quale l'operazione su Gaza arriva con tre anni di ingiustificabile ritardo.
Lo stesso quotidiano di Gerusalemme, in un commento di segno opposto di Efraim Inbar che insegna Scienze politiche alla Università Bar-Ilan e dirige il Centro Begin-Sadat di studi strategici, invita a non farsi illusioni e ricorda che la funzione primaria di operazioni del genere è quella di minimizzare i danni che i vicini di Israele sono in grado di generare.
Sempre sul Jerusalem Post un interessante servizio spiega come le fonti ella disinformazione filopalestinese condizionino anche i principali blog informativi che impazzano sulla rete.
Con due editoriali straordinari per la chiarezza e la limpidezza delle posizioni espresse, il Washington Post di questa mattina mette intanto le idee in ordine anche al lettore più distratto.
Robert J. Lieber,  che insegna Government and international affairs alla Georgetown University della capitale statunitense ed è l'autore di "The American Era: Power and Strategy for the 21st Century", spiega che ogni realistica speranza di pace nella regione passa necessariamente attraverso una dura sconfitta sul campo di Hamas. L'ex viceministro israeliano della Difesa Ephraim Sneh oggi esponente della nuova destra israeliana valuta che senza garanzie consistenti di una pacificazione duratura Gerusalemme non ha alcun motivo di sospendere le ostilità. In un editoriale che rappresenta la linea del settimanale newyorchese della sinistra ebraica, il Forward invoca un immediato intervento di Barak Obama sullo scenario mediorientale.
Sempre il Forward informa che il portale Youtube è stato costretto nella notte di Capodanno a riattivare i video depositati da Tsahal per dimostrare come l'operazione militare cerchi accuratamente di risparmiare la popolazione civile che erano stati temporaneamente oscurati.
Nella prima edizione del 2009 il rabbino-giornalista Gary Rosenblatt, noto per aver conquistato un premio Pulitzer con le sue inchieste, sul suo settimanale The Jewish Week spiega ai lettori come sia difficile il compito di Gabriela Shalev, la prima ambasciatrice donna di Israele alle Nazioni Unite.
L'autorevole settimanale berlinese Juedische Allgemeine Wochenzeitung pronostica che la consultazione elettorale in Israele non cambierà gli attuali equilibri.
Il londinese Jewish Chronicle chiarisce con impressionante cartografia quanto sia ampia l'area di territorio israeliano minacciato dai missili lanciati da Gaza.
Sul fronte della stampa internazionale generalista, il New York Times di stamane preferisce invece mettere l'accento sulle sofferenze che l'operazione militare di Israele provoca anche alla popolazione civile di cui Hamas si fa scudo. Il resoconto è fortemente sbilanciato sul versante emozionale, ma certamente aiuta a ricordare quanto sia importante tenere in conto al massimo grado il coinvolgimento di civili.
Il Wall Street Journal spiega che Hamas è consapevole che perderà molte battaglie, ma punta a un solo risultato finale, l'eliminazione degli ebrei dal Medio Oriente, e corre il rischio di spuntarla facendo leva sulle debolezze delle democrazie occidentali.
Il piccolo, ma autorevole Christian Science Monitor analizza le conseguenze dell'operazione militare su Gaza sulle dinamiche di politica interna in Israele. Come è noto la decisione di intervenire ha riportato la coalizione Kadima-Laburisti in testa alle preferenze dell'elettorato alla vigilia di una consultazione elettorale quanto mai incerta.  
Le Monde riporta molte opinioni a sostegno della tesi che Israele debba concedere una tregua e il parere di Yoram Mouchenik, un intellettuale israeliano che insegna all'Università di Tolosa, schierato sul fronte dei pacifisti a oltranza.
Opinioni critiche, o comunque molto prudenti espresse dalle voci più autorevoli della stampa progressista europea, come il londinese The Economist l'amburghese Die Zeit e il bavarese Sueddeutsche Zeitung
lasciano intendere in ogni caso che l'attitudine di Hamas di aggredire le popolazioni civili israeliane doveva in ogni caso essere affrontata con determinazione.
Di segno molto più chiaro le parole del quotidiano tedesco Die Welt secondo il quale chi tiene onestamente alla pace nella regione, ivi compresi i palestinesi dei Territori, deve augurarsi che Hamas sia spazzato via.
Per restare al Medio Oriente, ma dal punto di vista dell'analisi e non della cronaca, la New York Rewiev of Books pubblica un lungo saggio, per nulla equilibrato, ma certo stimolante, di Hussein Agha e Robert Malley dedicato allo stallo del processo di pace e alle prospettive che attendono il nuovo Presidente americano.
Sulla stessa traccia anche l'Economist che prende spunto da un ampio spettro di pubblicazioni scientifiche per fare il punto sulla situazione diplomatica e sulle prospettive di un intervento Usa che eviti le ingenuità di Clinton. Allontanarci dalle angosce mediorientali ci consente di apprezzare quanti altri temi di interesse ebraico si possano trovare nella stampa internazionale.
Solo per citare qualche esempio, il New York Times di questa mattina riporta della scomparsa, avvenuta a Roma il 30 dicembre e sfuggita alla stampa nazionale, di Paul Hofmann, il viennese infiltrato nel comando tedesco a Roma negli anni bui dell'occupazione, della deportazione degli ebrei dalla Capitale e dell'eccidio delle Fosse Ardeatine. Le sue informazioni passate alla Resistenza e agli Alleati furono determinanti per ricostruire avvenimenti e responsabilità degli occupanti. La sua vita (dopo la guerra divenne un autorevole giornalista per la stampa americana e un un romano d'adozione molto discreto) di cui il quotidiano newyorkese ci offre un saggio, vale un romanzo, oltre che un omaggio.
In un reportage magistrale ed emozionante, il settimanale New Yorker appena uscito racconta come la Cina stia divenendo il principale produttore al mondo di cibo kasher e delle avventure di alcuni coraggiosi pionieri, soprattutto esperti emissari di organizzazioni ebraiche specializzate nel Paese asiatico.
The New Republic traccia un ritratto vivido e appassionante di Yehuda Amichai, il maggiore poeta di Israele. 
Il Commentary ora in edicola affronta invece con grande coraggio un tema estremamente controverso e delicato, quello della teoria del Popolo eletto.
Il Forward apre le pagine della cultura con la riscoperta del gigante della letteratura yiddish Sholem Aleichem, cui anche il Portale dell'ebraismo italiano dedicherà nelle prossime ore un articolo. Con una scelta molto originale il settimanale newyorkese mette la filosofia di Sholem in parallelo con la grande crisi economica che stiamo attraversando.
Sempre sulla crisi, sia il Forward che la Juedische Allgemeine Wochenzeitung dedicano alcuni importanti servizi alle malefatte del finanziere Bernard Madoff che hanno pesantemente danneggiato diverse fondazioni e istituzioni ebraiche.
Il New York Times e The New Republic ci accompagnano infine attraverso alcune novità cinematografiche dedicate alle persecuzioni e alla Shoah che si inseriscono in un'ondata di nuovi film sull'argomento. Si tratta delle produzioni di Paul Schrader (Adam Resurrected) Karen Ballard (Defiance) e Vicente Amorim (Good).
Un'occasione per sapere cosa ci attende, nel bene e nel male, sugli schermi dei cinema nostrani e nelle rimasticature, spesso tardive, dei giornali di casa nostra.

Guido Vitale

 
 
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MO: Gaza, Israele autorizza ingresso stampa estera                                                       
Gerusalemme, 1 gen -
La radio militare israeliana ha annunciato che Israele autorizzerà l'ingresso a Gaza di un 'pool' di non più di otto giornalisti stranieri, e solo nei giorni in cui il valico di Erez è aperto. Il mese scorso l'Associazione della stampa estera in Israele (Fpa) si era rivolta alla Corte Suprema di Gerusalemme affinché ordinasse alle autorità militari israeliane di consentire l'ingresso a Gaza dei giornalisti stranieri, dopo una chiusura dei valichi quasi totale protrattasi nelle ultime settimane. Oggi dunque, secondo la radio militare, le autorità israeliane hanno accolto la richiesta, anche se in forma molto ridotta. Per i giornalisti israeliani resta invece il divieto assoluto di entrare a Gaza, nel timore che vengano rapiti.
 

MO:Tel Aviv, sondaggio israeliani su operazione "Piombo fuso"
Tel Aviv, 1 gen -
Un sondaggio di opinione condotto dal quotidiano israeliano Haaretz ha rilevato che la maggior parte degli israeliani trova necessaria in questa fase la prosecuzione della operazione 'Piombo fuso' lanciata sabato scorso a Gaza contro Hamas. Il 52 per cento degli intervistati ritiene opportuno che la prosecuzione delle attività contro Hamas sia affidata alla sola aviazione israeliana, mentre il 19 per cento vorrebbe anche un intervento delle forze terrestri che sono schierate da giorni ai bordi della Striscia di Gaza. Solo il 20 per cento pensa che Israele debba concludere al più presto un nuovo accordo di cessate il fuoco a Gaza con Hamas, in sostituzione di quello scaduto il 19 dicembre scorso. Haaretz ha inoltre rilevato che sono in ascesa la popolarità del ministro della difesa Ehud Barak e del partito laburista di cui egli è il leader.
 
 
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