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    29 dicembre 2008 - 2 Tevet 5769  
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  Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma Riccardo
Di Segni,

rabbino capo
di Roma
Un pensiero per l'ottavo e ultimo giorno di Chanukkà. I giardini pubblici a Roma sono recintati con una tipica barriera alta circa un metro fatta di tronchi di legno disposti a “x”. Quasi della stessa altezza e allo stesso modo era fatto il sorèg, una delle barriere, più simboliche che reali, che delimitavano l'accesso al Tempio di Gerusalemme. La Mishnà (Middot, cap. 2) racconta che quando i greci profanarono il Tempio introducendovi l'idolatria, aprirono tredici varchi nel sorèg; gli Asmonei quando vinsero e restaurarono il Tempio li chiusero, introducendo la prescrizione ai passanti di fare un inchino davanti a questi varchi. Quello che non racconta la Mishnà è il significato di questa apertura e chiusura; il sorèg serviva a delimitare l'area oltre la quale i non ebrei, che pure erano benvenuti a pregare nell'area del Tempio (come già aveva detto il re Salomone) non potevano passare. Altre aree più interne erano progressivamente precluse a diverse categorie del popolo ebraico (non sacerdoti ecc.). L'idea dei greci e dei loro collaboratori, aprendo il sorèg, era di rendere tutti uguali. Ma forse più chedemocrazia era demagogia, perché spesso proprio quando si dichiara che tutti sono uguali emergono le differenze.
Sul Corriere, Amos Oz invita tutti a cessare il fuoco e a non rinunciare al sogno di pace. Hamas deve cessare i suoi attacchi insensati, Israele deve fermare le operazioni militari. La pace è possibile, ci dice, la ripresa dei negoziati con l’autorità palestinese è il primo passo, dopo quella con la Cisgiordania verrà  anche la pace con Gaza. Parole alte, di speranza, sia pur fioca, in un momento di vera angoscia. Mai come ora, dopo tutti questi anni e queste occasioni mancate, abbiamo chiaro che se la guerra continuerà, estendendosi, la trappola si chiuderà su tutti, su Israele e sui palestinesi. E’ una situazione in cui non esiste vittoria per nessuno. La libertà si riduce sempre più, gli spazi sono sempre più ristretti, cresce l’odio e il sangue versato. Chi può fare la mossa delcavallo, superando questo tragico muro contro muro?. Anna Foa,
storica
Anna Foa, storica  
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L’azione militare su Gaza è naturalmente al centro dell’interesse oggi su tutti i giornali. Prima di ogni cronaca, discussione, analisi, tutti noi dovremmo leggere e sforzarci di far leggere a tutti la nobile e chiarissima dichiarazione del presidente Peres, pubblicata dal Messaggero: Israele non vuole la guerra, non ha mire su Gaza, non odia gli abitanti di Gaza, non ne vuole neppure l’isolamento. Ha lasciato la striscia anni fa spontaneamente e ha sperato che vi si instaurasse uno spazio di lavoro e di prosperità. Essa è diventata invece la piattaforma terroristica più grande del mondo. Israele si è trattenuto dal reagire, ha cercato di limitare i danni chiudendo l’ingresso alla striscia per evitare il contrabbando di armi, ha comunque fatto passare i beni di prima necessità a lo fa ancora in queste ore. Kibbutzim e città israeliane intorno a Gaza sono stati bombardati per anni, minacciati, feriti, senza che  ve ne fosse una ragione. Ora Israele reagisce, ma non vuole affatto riconquistare la striscia, solo disarmare i terroristi e conquistare la pace.
In senso non troppo diverso va l’appello di A.B.Yehoshua  (che lo scrittore propone sia pronunciato da Olmert) ai palestinesi di Gaza, pubblicato sulla Stampa. Fra le opinioni italiane, certamente utile da leggere è anche il fondo di Piero Ostellino sul Corriere, che ricorda i termini ideologicamente antisemiti della posizione di Hamas, contenuti fin nel suo statuto, come spiegazione per il fallimento della pace con tutto il popolo palestinese che era la scommessa fondamentale dello sgombero di Gaza deciso da Sharon.
Che questa situazione sia sufficientemente compresa dal mondo (e anche dal mondo arabo), risulta dall’isolamento dei terroristi, che a parte qualche dichiarazione verbale propagandistica ricevono solidarietà solo dall’asse filo-terrorista Hizbullah-Siria-Iran, che peraltro per il momento sembra aver scelto di non agire per davvero. Un’analisi molto lucida della situazione internazionale si può trovare nell’articolo di Fiamma Nirenstein sul Giornale. Anche Viviana Mazza sul Corriere parla delle reazioni delle piazze arabe, tutto sommato non molto forti e prevalentemente anti-egiziane, dato che proprio Mubarak, nella ricostruzione dei sostenitori di Hamas, sarebbe il “complice” principale di Israele in questa circostanza. Anche in Italia, del resto, la prevedibile mobilitazione degli irriducibili militanti filopalestinesi è stata scarsa, come mostra una cronaca del Messaggero, la sola su questo tema nella nostra rassegna.
Veniamo alle prese di posizione: Amos Oz (Il Corriere) chiede un cessate il fuoco con Hamas e una pace “immediata” con l’autorità palestinese, basata sullo sgombero degli insediamenti nei territori e sulla smilitarizzazione delle zone abbandonate. Nemer Hammad, a lungo “ambasciatore” dell’OLP in Italia e ora consigliere di Abu Mazen, inizia la sua intervista su E-Polis chiedendo sanzioni Onu per fermare Israele, ma dopo la sparata propagandistica se la prende soprattutto con l’irresponsabilità di Hamas. Interessante anche l’analisi di Gianotti sul Secolo XIX, che si concentra sugli effetti dell’azione israeliana fuori dai confini. Boris Biancheri, sulla Stampa, tratteggia un quadro internazionale molto instabile per via delle elezioni israeliane, palestinesi (se mai ci saranno) e anche iraniane e inoltre dell’interregno americano. Indica il possibile fattore positivo in una ripresa di iniziativa dei paesi arabi moderati, in particolare dell’Egitto.
Marco Politi su Repubblica, come molte altri, riferisce della reazione del papa, puntando come molti altri sull’espressione “violenza inaudita” pronunciata da Benedetto XVI. Che la violenza dei combattimenti di questi giorni sia una “violenza inaudita”, però, non è ovviamente vero, alla luce di qualunque guerra e anche degli attacchi terroristi: è il genere di retorica che piace molto ai giornali benché abbia o proprio perché ha poco significato; come ne ha poco la generica ricetta del “sussulto di umanità” per “riprendere il dialogo” proposta dal papa. A parte le belle parole, che vuol dire? Lasciare che Hamas riprenda i bombardamenti sul Sud di Israele e si riarmi ancora? E’ la ricetta sicura per un disastro. Si allineano però i francescani di Betlemme, quegli stessi che erano stati complici dei terroristi nell’episodio dell’”assedio” della Natività di sei anni fa, decidendo di spegnere le luminarie natalizie in segno di lutto (Il Corriere).
Ancora sul Corriere, da leggere l’analisi di Elias Zananiri, consigliere del governo palestinese, che dà la colpa della situazione all’ambizione politica di Hamas e vede però “come una luce in fondo al tunnel, la possibilità di una riconciliazione nazionale come conseguenza dei fatti di questi giorni. Una speranza che la situazione migliori è vista anche dallo storico israeliano Tom Segev (Il Giornale). Al contrario Renzo Guolo su Repubblica parla di errori di calcolo da parte di tutti e conclude in maniera apocalittica: “Le alte colonne di fumo che si levano a Gaza rendono l'aria irrespirabile anche a Ramallah, oscurando il futuro dei palestinesi, sempre pi divisi e confuso” Fawzi Barhoum, portavoce di Hamas, intervistato da Umberto De Giovannangeli sull’ Unità approfondisce una linea di tipo apocalittico: Abu Mazen è il Petain palestinese, ha l’appoggio dell’Egitto ma Hamas ha l’appoggio dei popoli; Israele vuole la guerra, il popolo palestinese ha diritto di difendersi in tutti i modi dai suoi “carcerieri”, la guerra proseguirà opponendo ai caccia israeliani la volontà di martirio dei militanti, Hamas non vuole la guerra, comunque dall’”aggressione” israeliana non uscirà la pace. E’ istruttivo leggere argomentazioni non dissimili in un’editoriale dell’autorevole giornale spagnolo El Pais, con qualche accenno antisemita fin nel titolo (“La rapresalia del ‘Sabath’.”)
Le cronache: La situazione sul terreno è ricostruita da Marco Ansaldo su Repubblica, con la solita antipatia per Israele temperata dall’ammirazione per il buon funzionamento del suo piano e da Battistini sul Corriere, che prevede vicino un ingresso nella striscia delle truppe di terra. Ethan Bronner (Herald Tribune) chiarisce come la strategia dell’attacco su Gaza sia il frutto delle lezioni apprese tre anni fa in Libano ed eviti di riprodurne gli errori. Andrea Nativi (Il Giornale), sottolinea che la grande maggioranza delle vittime dei bombardamenti israeliani sono miliziani e poliziotti di Hamas, e che dunque l’attacco è stato compiuto con grande precisione per minimizzare le sofferenze dei civili. Francesco Battistini (Il Corriere) è andato ad Ashkelon nel Sud di Israele, trovando scarse strutture difensive (ma costruire migliaia di rifugi non è cosa immediata) e anche qualche voce di protesta. Interessante la ricostruzione di Guido Olimpio (ancora Il Corriere) dell’assistenza militare fornita dall’Iran ad Hamas, con razzie mortai contrabbandati via mare. Alias Ginori su Repubblica intervista i genitori del caporale Shalit, naturalmente angosciati per la sorte del figlio rapito tre anni fa da Hamas e ancora nelle mani dei terroristi. Giuseppe De Bellis sul Giornale, sostiene che Obama appoggia tacitamente l’azione israeliana. Fabio Scuto analizza su Repubblica la reazione di Abu Mazen, che si tiene pronto a riprendere il potere nella striscia. Gian Micalessin sul Giornale parla del “ritorno di Barak il guerriero”, ricostruendo la carriera del militare più decorato di Tzahal che ora, come ministro della Difesa, ha la responsabilità della guerra.

Anche in questi giorni di tensione, altri argomenti si affacciano nella rassegna stampa, come il libro di Marina Caffiero, raccontato da Fabio Isman del Messaggero sulla “casa dei catecumeni” di Roma, il luogo in cui gli ebrei del Ghetto erano portati per cercare di costringerli “moralmente” alla conversione (e dove finì anche il bambino Mortara rubato ai suoi genitori a metà dell’Ottocento). C’è la comparsata teatrale del negazionista Faurisson, applaudito a Parigi dal Le Pen e dagli estremisti di sinistra, come racconta Il Corriere. Sempre in tema di antisemitismo, Le Monde racconta come gli ebrei americani temano un’ondata antisemita in seguito allo scandalo; noi ne abbiamo avuto qualche assaggio con le farneticanti dichiarazioni di Ida Magli sul suo blog. Mario Pirani riprende pacatamente su Repubblica la discussione sul caso “Fini”, traendo da un libro dello storico cattolico Roberto Moro del 2002 una serie di fatti e di particolari che dimostrano la verità delle affermazioni di Fini sul coinvolgimento della Chiesa nell’ondata antisemita provocata dalle lezzi razziali. Un articolo su Corriere di Davide Frattini presenta infine l’officina della campagna elettorale di Tzipi Livni. 

Ugo Volli

 
 
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Il Presidente della Comunità ebraica romana commenta              
i fatti del Medio Oriente                                                                            Roma, 28 dic -                                                                                                "Al pari di tutti gli italiani guardiamo con grande ansia a quello che avviene a Sderot e a Gaza, con la differenza che molti di noi hanno parenti e amici intimi che vivono nella zona di guerra. Per ora non possiamo che aspettare gli sviluppi della situazione" – così Il Presidente delle Comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, ha commentato gli scontri di Gaza.     
Il Presidente Pacifici ha voluto sottolineare che questa guerra non è iniziata oggi ma otto anni fa con il lancio dei missili in territorio israeliano, prima del ritiro e dopo il ritiro da Gaza.                                               
Il commento di Pacifici sulla manifestazione a sostegno di Gaza in Piazza Navona a Roma è stato :“Nel nostro Paese c'è libertà di esprimere dissenso e condanna. Diversamente da ciò che succede a Gaza dove nessun cittadino palestinese, cristiano o quanto meno ebreo, potrebbe scendere in piazza per manifestare il suo dissenso. Per questo ripeto viva la libertà anche per chi ci insulta".
Per concludere Pacifici ha dichiarato che gli ebrei romani si sentono ben rappresentati da quanto espresso sulla questione israeliana dai membri del governo nonché da quelli dell'opposizione in Parlamento.


Israele - Frattini:
Libano e Lega Araba chiedono intervento dell'Italia
Roma, 29 dic -
Sono giunte richieste di un ruolo forte dell'Italia per disinnescare la crisi di Gaza – questo quanto dichiarato dal Ministro degli Esteri Franco Frattini in un'intervista al quotidiano il Tempo.
“Il premier libanese Fouad Siniora e la Lega Araba hanno chiesto all'Italia di fare pressioni su Israele" – questa la rivelazione del Ministro al “Tempo”. Con il premier Siniora Frattini dice di aver avuto una conversazione telefonica: "Siniora mi ha chiesto un'immediata azione politica di pressione su Israele e presto avrò un contatto con la Lega araba e l'Egitto per sostenere ogni iniziativa di pace" - ha spiegato.
Il titolare della Farnesina ha voluto precisare inoltre che l'Italia ha sempre appoggiato le iniziative di pace dei Paesi arabi come quella, ad esempio, del re dell'Arabia Saudita o gli sforzi egiziani di conciliazione.


Israele bombarda i tunnel utilizzati per il contrabbando
L'Egitto schiera 10.000 uomini
Il Cairo, 29 dic -
Un nuovo bombardamento di caccia israeliani e avvenuto questa mattina.
Il fine era distruggere altri tunnel che i palestinesi usano per contrabbandare merci normali ed armi lungo la linea di frontiera tra Egitto e Striscia di Gaza.
Testimoni oculari informano dello schieramento dell'Egitto di circa 10,000 uomini e e agenti di Polizia per impedire un possibile sfondamento del confine da parte dei palestinesi.
La stessa cosa era avvenuta ieri quando un analogo raid aveva distrutto 40 gallerie sotterranee. Militari e poliziotti egiziani, a bordo di carri armati e muniti di armi pesanti, si erano disposti (2.000 al passaggio di Rafah, altri 8.000 nella stessa città) per contrastare un possibile tentativo di sfondare il confine da parte dei palestinesi, dopo che circa 80 erano riusciti a passare attraverso aperture nel muro eretto alla frontiera dall'Egitto e un'altra quarantina sono state arrestate dalle guardie di frontiera. Hamas, secondo notizie arrivate in territorio egiziano, avrebbe invitato i cittadini ella Striscia ad abbandonare le case lungo la linea di confine in vista di un attacco con ruspe per demolire il muro e consentire un nuovo esodo in massa di palestinesi verso l'Egitto. La notizia non è stata tuttavia confermata da fonti indipendenti, anche se ieri un portavoce di Hamas aveva dichiarato che l'autorizzazione dell'Egitto a far transitare per il passaggio solo i feriti era considerata assolutamente insufficiente.


 
 
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