Torino
Spiritualità, alla sua ottava edizione, ha dimostrato ancora una volta
come un festival dedicato alla riflessione su grandi temi che mettono
al centro lo spirito in tutte le sue possibili declinazioni possa avere
un grande successo di pubblico. Il tema di quest’anno, La sapienza del
sorriso, è accattivante e l’ideatrice e direttrice della manifestazione
Antonella Parigi ha dichiarato: “Abbiamo scelto questo argomento perché
ci è sembrata quasi una necessità di fronte al presente che viviamo. In
tempi di crisi serve avere la capacità di trovare nuove strade per
rilanciare un'idea del mondo differente. Torino Spiritualità può essere
anche questo: il luogo dove discutere del nostro futuro". Ed
effettivamente, edizione dopo edizione Torino Spiritualità ha mostrato
di saper rinnovare un dialogo sincero con il pubblico grazie al
confronto tra coscienze, all’incrocio di fedi, allo scambio tra idee,
culture e religioni provenienti da ogni parte del mondo. Il ricchissimo
programma della manifestazione (un centinaio di incontri in cinque
giorni, suddivisi in molte sedi, tra cui il Circolo dei Lettori, che
coordina il festival) è suddiviso in varie aree tematiche, fra cui
compare il ciclo ideato e curato da Sarah Kaminski dal titolo Le strade del Dybbuk,
a cui sono collegati incontri, lezioni, spettacoli, proiezioni
cinematografiche e laboratori teatrali. Il Dybbuk diventa il simbolo di
un percorso di conoscenza della cultura e della tradizione ebraica a
contatto prima con l’Europa centro orientale e in seguito con il
restante mondo occidentale. Partendo dall’opera teatrale di An-Ski il
percorso si snoda fino ai giorni nostri, prestando attenzione sia alle
vecchie e nuove espressioni artistiche che allo studio della tradizione
ebraica, della simbologia e degli elementi mistici ed esoterici
contenuti nel Dybbuk. Sulla leggenda dell'anima che non trovando pace
entra nel corpo di un vivo, il Dybbuk appunto, Sholem An-Ski ha
costruito il dramma d'amore di un giovane che dopo la morte entra nel
corpo della sua amata. La leggenda del Dybbuk fa parte della tradizione
dell'ebraismo dell'Europa Orientale e il dramma fu scritto in yiddish
nel 1918, per venire poi rappresentato a partire dal 1920 riscuotendo
un enorme successo in tutto il mondo. Per fare qualche esempio nel 1929
fu portato a Torino dal Teatro Habima, nel 1936 fu rappresentato alla
Scala di Milano e negli anni '70 Leonard Bernstein lo trasformò in
balletto.
Dopo
l’avvio di un laboratorio teatrale interdisciplinare presso
l’Università di Torino, il primo appuntamento dedicato al Dybbuk è
consistito nella proiezione di una copia - restaurata dal
National Center for Jewish Film della Brandeis University - di Der
Dibuk di Michal Waszynski, il film del 1937 considerato un classico del
cinema yiddish e uno dei dieci film più importanti sull’ebraismo. Nella
stessa serata è anche andato in scena Storia d’amore di un Dybbuk , lo
spettacolo tratto da Marina Bassani da Il Dybbuk di An-Ski e
liberamente ispirato anche a Bruce Myers e Michal Waszynski. Nella
prestigiosa sede del Circolo dei Lettori ha poi avuto luogo l’incontro
Dybbuk, il demone della lirica con Gilberto Bosco (che da molti anni
unisce il lavoro di musicista, compositore e insegnante di composizione
al Conservatorio di Torino allo studio di problemi della tradizione e
della storia ebraica) e Giorgio Pugliaro (docente di Storia della
Musica al conservatorio di Cuneo) che hanno raccontato al foltissimo
pubblico intervenuto la genesi dell’opera lirica che il compositore
Lodovico Rocca scrisse a Torino tra le due guerre ispirandosi dal testo
di An-Ski, una critica alla concezione operistica italiana dominante in
quegli anni. Più tardi la stessa Sarah Kaminski ha introdotto rav
Boaz Pash, rabbino capo della comunità ebraica di Cracovia, che ha
affascinato e intrattenuto il pubblico per quasi due ore spiegando cosa
sia un dybbuk, e approfondendone il significato grazie ai molteplici
riferimenti alla letteratura cabalistica. Fra una storia e una battuta,
stimolato dalle domande del pubblico e supportato dagli interventi
della professoressa Kaminski, rav Pash ha ragionato sul rapporto fra
corpo e mente e fra i diversi significati attribuiti alla parola
neshamà, che in ebraico non significa semplicemente anima. Lo stesso
rav Boaz Pash è poi intervenuto ad una serata organizzata al centro
sociale della comunità ebraica di Torino, che è iniziata con una
lezione su Sukkot, la Festa delle capanne tenuta da rav Alberto Somekh.
Anche in questa occasione il pubblico è stato numeroso e dopo aver
fatto una lunga coda all’ingresso ha riempito la sala per ascoltare
prima rav Somekh e poi rav Pash, questa volta presente nel suo ruolo di
cantore della sinagoga di Cracovia. Questa mattina, di nuovo al
Circolo dei lettori, l’incontro Posseduti ed esorcisti nel mondo
ebraico con Yoram Bilu (docente di antropologia e psicologia alla
Hebrew University di Gerusalemme e autore di numerosi testi su
argomenti che spaziano dalla salute mentale al messianesimo) che,
insieme ad Andrea Poma (docente di Filosofia Morale e direttore di un
Master in Bioetia e Etica applicata presso l’Università di Torino) ha
illustrato il fenomeno della possessione nella letteratura e nella
mistica ebraica per poi ripercorrere le storie del Dybbuk dalla Russia
zarista alla Ferrara degli Estensi. Nel pomeriggio, al Goethe
Institut, Le strade del Dybbuk continueranno con Il Dybbuk fra tre
mondi, presentazione di nuove edizioni e traduzioni dei testi in
ebraico, yiddish e russo, raccontate dai curatori. La comparazione dei
tre originali riuniti per la prima volta nello stesso progetto
editoriale permetterà di cogliere l'evoluzione del testo, le scelte di
An-ski e le diverse tipologie degli influssi che hanno pesato in vario
modo sulla formazione e sulla storia del dramma. Il percorso proseguirà
anche nel fine settimana, con uno stage di teatro a cura di Marina
Bassani per poi chiudersi a fine ottobre, con una rassegna teatrale e
cinematografica curata dagli studenti partecipanti al laboratorio
teatrale con cui le strade del Dybbuk hanno iniziato un percorso lungo
più di un mese.
Ada Treves twitter @atrevesmoked
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Qui Firenze - La Comunità festeggia due centenari |
La
Comunità ebraica di Firenze si appresta a festeggiare uno straordinario
traguardo raggiunto in questi giorni da due suoi iscritti: un secolo di
vita. Ad entrare nel ristretto circolo dei centenari il cavalier Ugo
Jona, ex partigiano noto anche per l'impegno di Memoria profuso a
partire dal primo dopoguerra, e il dottor Elio Levi, storico moel
(circoncisore) della Comunità. Due figure molto amate cui saranno resi
i meritati onori domani mattina al termine della funzione di Shabbat in
sinagoga con un kiddush che avrà luogo in Sala Servi. "Il cavaliere
Jona e il dottor Levi - spiega Guidobaldo Passigli, presidente della
Comunità ebraica - sono due persone 'di famiglia' che hanno segnato
fortemente i loro anni e verso cui nutriamo tutti un sentimento di
riconoscenza per gli alti insegnamenti e valori che ci hanno voluto
trasmettere. Poterli festeggiare insieme è un privilegio che non capita
certo tutti i giorni".
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Marzo 1934 |
Tra
le attività dedicate al Dybbuk ieri e oggi nell’ambito di Torino
Spiritualità è stata ricordata l’opera lirica “Il Dybbuk” che il
torinese Lodovico Rocca ha composto (con libretto di Renato Simoni
tratto dal testo teatrale di An-ski) e che è andata in scena per la
prima volta al Teatro alla Scala di Milano nel marzo 1934. Che in un
contesto così prestigioso sia stata presentata un’opera tratta dal
testo di un ebreo, che non solo parla di ebrei ma è profondamente
radicata nella cultura ebraica, potrebbe sembrare (se non sapessimo che
le cose poi sono andate ben diversamente) un positivo sintomo di
interesse dell’Italia degli anni ’30 per l’ebraismo. Eppure proprio in
quel mese si verificavano alcuni eventi inquietanti. L’11 marzo 1934 a
Ponte Tresa, al confine con la Svizzera, viene arrestato un giovane
ebreo torinese, Sion Segre Amar, che sta introducendo in Italia a bordo
della sua macchina riviste e volantini di Giustizia e Libertà. Per
caso, ha in tasca una circolare di un gruppo giovanile ebraico, Onegh
Shabbat, che svolgeva attività ricreative e culturali. Nel giro di due
giorni trentanove torinesi sono arrestati, molti dei quali sulla base
della lista di nomi contenuta nel volantino. Per la maggior parte
saranno rilasciati quasi subito, ma quindici, una decina dei quali
ebrei o di origine ebraica, sono ancora in prigione alla fine di marzo,
quando la notizia è divulgata: 'Arresti di ebrei antifascisti'
è il titolo che si può leggere il 31 marzo sulla prima pagina del
quotidiano La Stampa; segue il racconto dettagliato dei fatti con tanto
di nomi e cognomi degli arrestati. Si scatena una pesante campagna
antisemita; era la sera di Pesach, e Il Tevere titolava, con tono
canzonatorio, “L’anno prossimo a Gerusalemme, quest’anno al Tribunale
Speciale”. Siamo abituati a considerare quei fatti (narrati con grande
efficacia in molte pagine autobiografiche dello stesso Sion Segre Amar)
come un segnale di pericolo che molti ebrei di allora non seppero
cogliere. Come dobbiamo interpretare la singolare coincidenza con il
Dybbuk alla Scala? Un monito per noi oggi? Un invito a diffidare
dell’interesse per gli ebrei e per l’ebraismo? O forse la messa in
scena del Dybbuk è stata un caso, un’eccezione che non dimostra nulla?
O invece rappresenta un barlume di speranza, il fragile sintomo di un
legame mai spezzato (tra cultura italiana ed ebraismo) che sarebbe
tornato a rinsaldarsi dopo la parentesi delle leggi razziste e della
Shoah? Nella mia incompetenza non saprei dire quale sia la risposta
giusta, ma certamente la terza mi sembra la più simpatica: vorrebbe
dire che la diffusione di una maggiore conoscenza di ebrei ed ebraismo,
anche se talvolta appare inutile nell’immediato, potrà dare i suoi
frutti nel futuro.
Anna
Segre, insegnante
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notizieflash |
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rassegna
stampa |
Israele - Nuovi aumenti per i generi alimentari
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la rassegna |
Osem,
la più grande industria alimentare israeliana, ha annunciato che a
partire dal primo novembre i prezzi dei suoi prodotti aumenteranno in
media del 4,8 per cento, a causa dell’incremento del costo delle
materie prime. I prezzi dei generi alimentari furono una delle cause
della protesta sociale che portò decine di migliaia di persone in
strada nelle città israeliane nell’estate 2011.
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“Giustizia
per i rifugiati”. Questo il titolo di una conferenza organizzata dalla
delegazione israeliana alle Nazioni Unite insieme al viceministro degli
Esteri Danny Ayalon, per chiedere il ripristino dei diritti degli oltre
800 mila ebrei costretti a lasciare i paesi arabi dal 1948 in avanti,
di cui dà conto Paolo Salom sul Corriere della Sera.
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