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L'Unione informa
 
    31 marzo 2009 - 6 Nisan 5769  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
alef/tav    
  Roberto Della Rocca Roberto
Della Rocca,
rabbino
Con l'arrivo del prossimo sabato, chiamato Shabbat ha Gadol, entreremo nel vivo della festa di Pesach. A caratterizzare questo particolare shabbat, oltre le consuete lezioni dei rabbini che in tutto il mondo illustreranno le norme della festa, sarà la lettura di una particolare haftarà, il passo del profeta Malachi, nella quale ci viene annunciata la futura redenzione da parte di Elia, l'araldo del Messia. Nessuna visione di lupi che pascolano con agnelli e neanche armi che si tramutano in falci! Secondo Malachi, ultimo dei profeti, il compito principale di Elia, nell'annunciare l'evento messianico, sarà semplicemente quello di far "tornare il cuore dei padri verso i figli e il cuore dei figli verso i loro padri....". Il paradigma più importante della redenzione sarà quella dell'armonia famigliare e della ricomposizione dei conflitti intergenerazionali. Possiamo difficilmente pensare infatti a una pace tra le nazioni senza la pace nelle famiglie. Non a caso uno dei messaggi fondamentali della festa di Pesach è proprio quello di avviare un dialogo con i nostri figli iniziando a raccontare loro la nostra storia. 
La letteratura israeliana è, come ormai si sa anche da queste italiche parti, grande. Nella sua varietà di voci, ma anche nel suo saper essere un corpo unico, la cui linfa è la lingua, l'ebraico. Quando vedo un libro di Yehoshua, Oz, Appelfeld, Liebrecht, Doron, Kenaz e tanti altri sui banchi di un negozio o sugli scaffali di una biblioteca, sono contenta per mille ragioni. Perché è traccia della mia vita quotidiana, ma soprattutto perché è un atto di giustizia verso questa grande letteratura, così antica e nuova e anche così capace di stare al passo con i tempi. Ma forse non sono ancora in molti a sapere che alle spalle di questi libri così contemporanei in una lingua così atavica, c'è una radice che meriterebbe di essere scoperta. Da Agnon, che per il vero è l'unico "padre" della letteratura israeliana già tradotto in italiano, a Gnessin a Leah Goldberg a Brenner. Ne discorrevano qualche settimana fa a Gerusalemme Roberto Calasso e Amos Oz, e vale davvero la pena ascoltarli.  Elena Loewenthal,
scrittrice
Elena Loewenthal  
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  "Giornale ebraico nazionale, un passo importante
che deve esaltare le autonomie e la ricchezza culturale"


Ho letto con grande interesse in l'Unione informa di ieri la nota del Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna sull’ipotesi di un giornale nazionale ebraico. Ritengo che si tratti di una posizione importante, che consente di chiarire i contorni e gli obiettivi di un progetto tanto ambizioso. Un giornale nazionale, dunque, e non unico (cioè sostitutivo delle testate locali). Meno male! Il proliferare di organi di stampa è sempre stato una cartina di tornasole della fecondità del pensiero ebraico – persino nel Ghetto di Varsavia se ne stampavano a decine! – e rinunciarvi sarebbe parso incomprensibile. La stampa locale, i centri culturali, le associazioni, i circoli, le baatei che ospitano lezioni di Torà sono patrimoni straordinari e irrinunciabili per l’ebraismo italiano, esiguo numericamente, ma assai vivace. La nostra cultura è per tutti noi un’assicurazione sul futuro. Ed è anche – come rileva giustamente il Presidente Gattegna – una valvola decisiva di apertura verso il mondo esterno. Con essa ci facciamo conoscere, creiamo interesse per le nostre Comunità, riduciamo o eliminiamo i pregiudizi nostri. E per essere vincente occorre che rimanga plurale, diversificata, adatta alle esigenze molteplici degli ebrei italiani.

Per questa ragione vorrei sottolineare due aspetti: innanzitutto la responsabilità verso le Comunità più piccole. È giusto che l’Unione voglia coinvolgere attivamente tutte le realtà in un percorso di rilevanza nazionale, sviluppando sinergie tra attori con stazze varie ma ognuno portatore di esperienze irripetibili. In questo senso l’Unione dovrà investire con coraggio, e altrettanto dovranno fare le Comunità più numerose - Roma e Milano - dove questo sarà necessario. Se la sostenibilità di più periodici ebraici sarà difficoltosa, maggiore dovrà essere lo sforzo profuso nel reperire risorse, riordinare i Bilanci, far quadrare i conti, ognuno, e ogni Comunità, secondo le proprie possibilità. Ma con l’obiettivo di mantenere la ricchezza culturale che abbiamo, semmai di aumentarla, mai di comprimerla. In secondo luogo vorrei evidenziare un principio per me fondamentale: la razionalizzazione e l’ottimizzazione non si esprimono soltanto riducendo i costi. Se così fosse nel nostro paese dovremmo chiudere teatri, sale da concerto, gallerie d’arte, centri sociali. E nel nostro piccolo dovremmo attentamente riconsiderare la presenza e la distribuzione delle scuole ebraiche. Non si può ragionare, o almeno ragionare esclusivamente, su queste basi. Ottimizzare e riorganizzare vuol dire pensare alla qualità dell’offerta culturale, ampliarla, renderla più appetibile e dunque anche più conveniente. Senza lasciare nessuno indietro, con lungimiranza. Come in ogni famiglia ebraica – è questa la mia convinzione personale - sul futuro dei figli non si fa economia.

Tobia Zevi, Coordinatore del Consiglio della Comunità Ebraica di Roma




mazzahSpeciale Pesach 5769

Un pensiero rabbinico: una libertà eterna
Una delle domande fondamentali che si pone a proposito della celebrazione di Pesach, come ricordo della liberazione dalla schiavitù, è che senso abbia dichiararsi liberi, come popolo ebraico, quando si è assoggettati a poteri estranei. Ogni sera nella tefillà di Arvit (preghiera della sera) diciamo che il Signore colpì i primogeniti egiziani, e ci fece uscire di mezzo a loro, conducendoci lecherut ‘olam  “a una libertà eterna”; ma che libertà è senza indipendenza? Oggi la metà del popolo ebraico, in Israele, gode finalmente di indipendenza (anche se non perfetta), mentre la maggioranza degli ebrei della Diaspora vive in paesi democratici godendo di pieni diritti di cittadinanza. Ma la storia fino a pochissimo tempo fa è stata diversa, e malgrado tutte le oppressioni, spesso peggiori di quella egiziana, non si è smesso mai di ricordare l’uscita dall’Egitto. Una possibile risposta è che il ricordo abbia valore di speranza, come dice all’inizio del Seder il brano dell’ Ha lachma ‘ania: “quest’anno siamo qui schiavi, l’anno prossimo liberi..”. In un’altra prospettiva, come spiega il Maharal, bisogna tener presente che non si parla (solo) di una liberazione fisica, ma di una realtà spirituale: il popolo ebraico era assoggettato a quello egiziano soprattutto da un punto di vista spirituale, e la liberazione significa il raggiungimento di un diverso grado di coscienza, di disposizione, di non dipendenza dal condizionamento esterno. E’ ciò che rende il popolo ebraico capace di accettare la Torà. Nel corso della storia in ogni momento, dalla stessa stagione dell’Esodo ai nostri giorni, questo grado di libertà raggiunta può essere messo in discussione. Ma siccome “in ogni generazione ciascuno deve considerarsi come se fosse personalmente uscito dall’Egitto”, la libertà conseguita è il modello con cui misurarsi e sfidarsi per non regredire.

Haggada






(immagine tratta 
dall' Haggadà di Pesach curata da Lea Campos e Riccardo Di Segni, Carucci Editore)


Nel sito moked.it una pagina speciale, costantemente aggiornata, dedicata a Pesach, con istruzioni, pensieri e link.
 
 
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  L'anniversario della Guerra civile spagnola
e il ruolo dei combattenti ebrei

Il 31 marzo di sessanta anni fa finiva la Guerra civile spagnola, tre giorni dopo l’ingresso di Franco a Madrid.
L’anniversario è l’occasione per rammentare il ruolo giocato dai combattenti ebrei soprattutto sul fronte repubblicano ma anche, in misura molto minore, nelle milizie a sostegno di Franco.
L’apporto ebraico alle brigate internazionali fu rilevantissimo: oltre 7 mila furono i volontari ebrei su un totale di circa 35 mila ed ebrei furono anche due dei più famosi corrispondenti di guerra: Robert Capa e la sua compagna Gerda Taro, morta nel corso del conflitto. 
Lapidi commemorative in loro omaggio sono presenti sia nel mausoleo barcellonese di Fossar de la Pedrera, dove Francisco Franco fece inumare in una grande fossa comune i cadaveri di moltissimi combattenti repubblicani, sia nel cimitero madrileno di Fuercarral.
Anche dalla parte opposta non mancarono i combattenti ebrei, come l’ufficiale di stato maggiore Giorgio Morpurgo, morto il 23 dicembre 1938 nel corso di un attacco suicida effettuato immediatamente dopo aver appreso che, in base al regio decreto-legge 22 dicembre 1938, n. 2111, sarebbe stato espulso dall’esercito.
Molti dei reduci della Guerra di Spagna vissero poi la tragica esperienza dei campi di sterminio nazisti; Carlo Rosselli trovò la morte con il fratello Nello per mano di sicari fascisti.
La Guerra di Spagna rappresentò per molti il terreno di scontro con i nazi-fascisti, l’occasione di levare le armi anche contro chi – in Italia ed in Germania – conculcava le libertà di tutti e perseguitava gli ebrei. E’ forse per questo che tanti ebrei accorsero in Spagna, anche nella speranza esternata da Carlo Rosselli e fatta propria – come motto – da tutti gli antifascisti italiani: “Oggi qui, domani in Italia”. Un domani che tragicamente tardò ad arrivare.

Valerio Di Porto, Consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
 
 
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rassegna stampa    
 
 
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Vorrei far partire questo commento alla rassegna stampa da una notizia che i giornali italiani non danno e che è stata pubblicata sul Jerusalem Post.
L’inchiesta interna dell’esercito israeliano ha stabilito che le “denunce” attribuite da Haaretz ai soldati della scuola Oranim, e rilanciate in tutto il mondo (ancora ieri ci speculava sopra la nostra democratica Unità) di atrocità che sarebbero state commesse ai danni dei civili durante l’operazione di due mesi fa a Gaza, sono del tutto infondate. I soldati interrogati hanno ammesso di non aver affatto visto di persona gli episodi di cui parlavano, di non conoscere testimoni diretti, di averne sentito dire da “voci”, o addirittura di aver ricavato parte di quel che denunciavano (per esempio i famosi proiettili al fosforo bianco) da notizie di stampa. Una riflessione si impone. Le calunnie immotivate di questi personaggi, montate ad arte da un “pacifista” odiatore di Israele, ex ufficiale condannato per aver disobbedito ad ordini legittimi, di nome Dany Zamir, che stranamente dirige una scuola premilitare dei Kibbutz, sono state riprese senza alcun controllo e “strillate” in prima pagina da Haaretz per tre giorni a fila, fino a ottenere che tutta la stampa internazionale si scagliasse contro Israele. Chi riparerà l’immenso danno all’immagine di Israele? Lasciamo stare i ragazzi montati dal “refusnik” Zamir. Ma che cosa bisogna pensare dello “scoop” falso di Haaretz, che pretende di essere un giornale di qualità, ma mette aventi la propria linea politica non solo all’interesse del proprio paese e all’onore di chi rischia la vita per esso, ma anche alla verità?
L’Avvenire (notizia siglata R.E.), Liberal (Pierre Chiartano) La Repubblica (Alberto Stabile) Il Riformista (Anna Momigliano) e molti altri giornali danno notizia, in genere con toni piuttosto critici, della composizione del nuovo governo Netanyahu, che sarà presentato oggi alla Knesset. Ai giornali italiani non piace un governo troppo largo (avete presente i nostri?) e naturalmente non gradiscano che Netanyahu sia un “falco” e il ministro degli Esteri Lieberman ancora peggio. Non capiscono perché Barak abbia deciso di entrare nel governo, insomma avrebbero preferito tutt’altra soluzione. Più interessante l’analisi di Adrien Jaulmes sul Figaro.
Giulio Meotti sul Foglio ricostruisce la storia dell’orchestra di ragazzini di Jenin sciolta dai palestinesi perché aveva tenuto un concerto in Israele per un gruppo di reduci dalla Shoà. Storia triste e istruttiva.
C’è stata un’inedita visita al Parlamento di Londra di un esponente di Hezbullah (lo stesso al braccio del quale si era fatto fotografare D’Alema). Guido Olimpio sul Corriere sostiene che si tratta del prezzo che il governo inglese paga per cercare di recuperare i propri rapiti in Iraq: cosa che fa riflettere sul vero carattere terrorista e sulle relazioni del gruppo libanese.
A Doha, durante la riunione annuale della Lega Araba, i capi di Stato dei paesi arabi hanno espresso il proprio appoggio al presidente sudanese Bashir, su cui pende un mandato d’arresto del tribunale internazionale per genocidio, stupori multipli e altre atrocità (nota non firmata sul Corriere, Roberto Bongiorni sul Sole). Gli amici di un personaggio del genere, smetteranno di fare scandalo per la guerra di Gaza? Ne dubitiamo. Un’altra cosa che i giornali italiani non dicono o cui non danno rilievo è che a Doha c’era il segretario generale dell’Onu, che ha criticato Bashir, ma non se n’è andato per protesta contro l’ospitalità a un ricercato da un tribunale della sua organizzazione, come qualunque persona per bene avrebbe fatto.

In Italia. Un allarme sulla ripresa della attività neonaziste a Roma è stato lanciato dal Presidente della Comunità Ebraica Romana, Riccardo Pacifici, durante il viaggio di 240 studenti ad Auschwitz, organizzato dalla Provincia di Roma. La sua denuncia è stata ripresa e avvalorata dal sindaco della Capitale, Alemanno (Maria Rosaria Spadaccino sulle pagine romane del Corriere, Giampiero De Chiara su Libero, Rory Cappelli su Repubblica). Nella stessa occasione Alemanno è stato criticato da Piero Terracina per aver creato un “assessorato alla memoria”, dato che “la Shoà e le foibe non sono la stessa cosa” (notizia su Repubblica di Rory Cappelli, intervista di Paola Natalicchio sull’Unità) e Vera Salom dell’Aned ha paragonato ai lager nazisti i campi rom di oggi (nota non firmata sul Messaggero). Queste sì che sono cose che non c’entrano: i campi rom sono luoghi inospitali e spesso vergognosi, ma ovviamente non fanno parte di un’organizzazione per uccidere chi vi vive e non sono neanche dei luoghi di reclusione come i centri per gli immigrati clandestini. Certamente bisognerebbe protestare anche contro questi paragoni forzati da una volontà politica e davvero insensati, che banalizzano la Shoà.
Gianfranco Fini, ricevendo il premio “Le eccellenze per Israele” (cronaca di Salvatore Taverna sul Messaggero) dal Presidente dell’Ucei Renzo Gattegna, ha dichiarato che spesso sotto l’antisionismo si nasconde l’antisemitismo, riprendendo una dichiarazione di alcuni mesi fa del presidente Napolitano (notizia sul Messaggero).
All’interno della Comunità ebraica romana è stato scoperto e denunciato un giro di usura (notizia sul Corriere, Gianluca Mancuso su Dnews).

Ugo Volli 

 
 
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notizieflash    
 
 
Roma, il premio 'Le Eccellenze per Israele'                                        
conclude le celebrazioni per i 60 anni dello Stato ebraico          
Roma, 30 mar -
"Oggi l'antisemitismo si nasconde sotto il volto apparentemente meno pericoloso dell'antisionismo, e per questo va combattuto", lo ha affermato il Presidente della Camera Gianfranco Fini intervenendo alla cerimonia per la consegna delle 'Eccellenze per Israele' che conclude l'anno di iniziative per i 60 anni dello Stato di Israele, in corso al teatro Valle a Roma. Nel ricevere il premio dal Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Renzo Gattegna, Fini ha ricordato di aver "chiesto e ottenuto dalla destra politica di fare i conti con il proprio passato, di pronunciare parole chiare di condanna del fascismo e delle leggi razziste e di alzare la bandiera della solidarietà contro ogni forma di discriminazione". Questa, ha spiegato il Presidente della Camera, "é stata una precisa e doverosa scelta di campo", perché "se si parte dalla consapevolezza che non ci può essere nessuna discriminazione si è impegnati automaticamente contro l'antisemitismo". Il Presidente Renzo Gattegna nel consegnargli il premio, ha di nuovo ribadito come Fini si sia impegnato per lunghi anni nella "riconciliazione tra destra italiana e mondo ebraico". Nel sottolineare lo spirito di grande collaborazione fra Israele e Italia, l'ambasciatore israeliano in Italia, Gideon Meir, ha affermato "sono contento dell'amicizia di tanti italiani con Israele" e ha poi aggiunto "diciamo grazie agli italiani per l'amicizia fra i nostri due Paesi". Nel ricevere il premio il ministro degli Esteri Franco Frattini, ha affermato "l'Europa molte volte si è dimostrata essere "silenziosa" nei confronti di accuse contro il governo israeliano che "sconfinavano nell'antisemitismo", e la Conferenza Onu sul razzismo, cosiddetta Durban II, "é la cartina di tornasole di un'Europa ancora troppo poco attenta a reagire con forza". "Se si è silenziosi si è complici e il governo italiano non ha voluto essere complice" ha proseguito il ministro che ha ribadito come "il diritto alla sicurezza e alla pace di Israele non si può negoziare mai": non si può immaginare - ha spiegato - di confondere la critica legittima a uno stato democratico come è Israele con offese a un popolo e lo sconfinamento nel negazionismo". Frattini ha poi espresso la convinzione che i Giochi del Mediterraneo debbano comprendere la partecipazione di atleti israeliani e palestinesi: "quello che il governo italiano può fare, nel rispetto delle regole dello sport e del Cio - ha detto Frattini -, è di portare i Comitati olimpici di Israele e Palestina a Pescara a dire che non ci dovranno essere altri Giochi del Mediterraneo senza israeliani o palestinesi, oppure non ci saranno più i Giochi del Mediterraneo". Il Sindaco di Roma, Gianni Alemanno, anch'egli premiato, ha annunciato che è già stata preparata una mozione che sarà presentata al consiglio comunale per dare la cittadinanza onoraria  di Roma al soldato israeliano prigioniero di Hamas Gilad Shalit.


Israele: al via il nuovo governo Netanyahu                                        
Gerusalemme, 31 mar -
Sarà presentato oggi alla Knesset il nuovo governo israeliano. La stampa locale lo ha già definito un “governone” sarà composto da 37 ministri e viceministri. Si prevede che il dibattito parlamentare di oggi, che inizierà nel pomeriggio, si protrarrà fino a tarda notte. Nel frattempo si registrano già i primi screzi nel Likud, il principale partito di governo. Sono oggetto di critica da parte dei dirigenti del Likud alcune decisioni del premier designato Benyamin Netanyahu, fra le quali la decisione di affidare il ministero della Finanza a Yuval Steinitz, un parlamentare che non risulta essere uno specialista di questioni economiche, e la decisione relativa al futuro dell'ex ministro degli Esteri Silvan Shalom, per il quale non sembra essere stato trovato un incarico soddisfacente all'interno del futuro governo. Shalom potrebbe restare fuori dal governo e costituirebbe un elemento di disturbo per Netanyahu in seno al Likud. La coalizione di Netnyahu si avvarrà del sostegno dei laburisti di Ehud Barak, degli ortodossi di Shas, dei radicali di Israel Beitenu e dei nazional-religiosi di Focolare ebraico. Non solo.. il Likud in queste ore sta lavorando per accaparrarsi anche il sostegno degli ortodossi ashkenaziti del Fronte della Torah.


Governo tedesco: al bando un'organizzazione neonazista
Berlino, 31 mar -
Germania - Heimattreue Deutsche Jugend questo è il nome dell'organizzazione, con base a Kiel, messa al bando dal governo tedesco. Questo gruppo è sospettato di diffondere illegalmente fra i giovani e giovanissimi “l'ideologia razziale e il nazional-socialismo”. La decisione è stata presa oggi dal ministro dell'Interno  Wolfgang Schaeuble dopo una vasta operazione di polizia che questa mattina ha portato alla perquisizione di numerose abitazioni dei membri della Hdj, in Bassa Sassonia, nel Brandeburgo e nella capitale e al sequestro dei fondi del gruppo.
Il ministro in un comunicato ha spiegato che tra il materiale trovato durante le perquisizioni, c'erano opuscoli e materiale educativo per bambini sul tema della "purezza del sangue" e la "minaccia alla sopravvivenza del popolo tedesco da parte degli ebrei e degli stranieri" e ha sottolineato che durante le loro riunioni "apparentemente senza fini politici, la Hdj diffondeva una visione nazional-socialista del mondo" a un'audience di "bambini e adolescenti"

 
 
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