Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui   2 Ottobre 2022 - 7 Tishrì 5783

L'ANTOLOGIA CURATA DA DAVID BIDUSSA

Rileggere Mussolini, capire l'Italia

Un grande fermento editoriale sta accompagnando l’Italia verso l’appuntamento del 28 ottobre, data in cui ricorreranno i cento anni dalla Marcia su Roma. Saggi, romanzi e inchieste: sono decine i titoli già usciti o di prossima distribuzione nelle librerie.
L’anno della svolta. Quello in cui il fascismo da movimento “anti-Stato” decide di “farsi stato”. Intendendo con ciò non soltanto l’andare al governo nel segno di quella prova di forza. Ma, come ha scritto lo storico sociale delle idee David Bidussa sul Sole 24 ore, anche l’idea di “farsi accettare dallo Stato, ossia eliminare tutte le ambiguità precedenti” in grado di “suscitare diffidenza, perplessità e opposizione” da parte di una pluralità di soggetti. Dalla monarchia all’esercito, dalla magistratura all’apparato burocratico.
A Bidussa si deve la pubblicazione di un testo di fondamentale importanza per cogliere le diverse fasi di quella stagione. Quasi 800 pagine compongono la raccolta di scritti e discorsi elaborati da Mussolini di cui è stato il curatore per Feltrinelli. Una fotografia diacronica che mette al centro la figura del dittatore e le sue scelte retoriche e al contempo fa luce su alcuni snodi relativi alle vicende dell’Italia contemporanea “nel passaggio dalla società uscita dal Risorgimento, ordinata e governata dalla classe dirigente piemontese, a una realtà costretta a misurarsi con le sfide del Novecento”. D’altronde, evidenzia il curatore, “Mussolini non nasce ‘già fatto’ così, ma sta dentro un secolo col quale si confronta e dal quale apprende”. Per capirne di più è andato alle radici, avviando la sua indagine nel lontano 1904. L’anno in cui un giovane Mussolini si trova a discutere, in quel di Losanna, con il pastore Alfredo Taglialatela. Il tema è l’esistenza di Dio. Una “storia italiana” che, tra continuità e scarti profondi, si dipana fino all’ultimo comizio. È il tardo pomeriggio del 23 aprile 1945. Inesorabili ormai si avvicinano la Liberazione e per lui la fine. Un epilogo che s’immagina in Valtellina, che come noto mai raggiungerà, “per l’ultima e disperata difesa”. Nel mezzo trascorrono quarant’anni di cui magistralmente Bidussa, operando le sue scelte, decostruisce i codici culturali e linguistici.
La prima parte del libro è dedicata a tre “autoritratti”. A tre momenti, cioè, in cui Mussolini prese le misure della sua dimensione politica. Guardando alle esperienze del passato, ma proiettandosi anche nel futuro. Nel novembre del 1913, con il lancio del periodico Utopia: nell’inverno del 1922, quando si pose il problema “di quale Europa” si stesse ricostruendo e di quale ruolo accreditarsi; e nel 1932 in un dialogo con Emil Ludwig significativo perché in esso “traccia il bilancio di un decennio” e “affronta le trasformazioni in atto sul piano internazionale”. La seconda parte si articola invece in cinque sezioni, ciascuna delle quali individua una fase definita con lo scopo di delineare “sia la sua parabola sia il lascito culturale” derivante dalla sua azione. La prima è incentrata sull’iniziale militanza socialista. La seconda sulla virata a destra. La terza è dedicata alla costruzione del regime. La quarta all’elaborazione di un sistema totalitario. La quinta e ultima sul suo tragico compimento. Un processo graduale. Come graduale, ma pochi seppero vedere, e quasi nessuno contrastare, furono l’avanzare del razzismo e dell’antisemitismo di Stato. “La intera razza bianca, la razza dell’Occidente, può venire sommersa dalle altre razze di colore che si moltiplicano con un ritmo ignoto alla nostra” declamava già nel 1928, molti anni prima della campagna d’Etiopia e delle infami leggi razziste.
Nell’antologia curata da Bidussa non poteva mancare, tra tanti, un discorso. Ed è quello che il dittatore pronunciò a Trieste, il 18 settembre del ’38, annunciando l’emanazione dei provvedimenti antiebraici. Il discorso, tristemente celebre, dell’ebraismo mondiale come “nemico irreconciliabile del fascismo” e della necessità di una “separazione”. Persecuzione dei diritti prima e persecuzione delle vite poi. Ricorda Bidussa, a tal proposito, che l’antisemitismo fascista “nasce da un’idea complottista e vittimaria della politica”. Politica che si incontra con quella nazista, ma che nella storia culturale del fascismo ha radici più antiche del ’38. E, per rivendicazione stessa di Mussolini, non è da considerarsi “una copia del nazismo”.
La storia non è però finita, ammonisce lo studioso. Parole d’ordine come quella della “nazione da salvare” dagli stranieri e dunque nella difesa dell’italianità si sono infatti riverberate nell’Italia repubblicana nel linguaggio politico a destra, in quell’immaginario “che oggi denominiamo sovranismo”, ma anche in certe aree di sinistra “unite dall’esaltazione della nazione in funzione antiglobalista”. Bene quindi tenere gli occhi aperti, leggere, informarsi.

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IL LIBRO-INTERVISTA 

"Farò e capirò", il racconto di una vita

“Esiste un dovere che accomuna tutti gli esseri umani ed è quello della memoria. Il ricordo è una esigenza naturale dell’uomo, insita dentro di lui, che lo aiuta a sopravvivere, ma soprattutto a salvaguardare la propria esistenza. Oggi più che mai fare memoria di chi siamo e della nostra storia diventa non solo un diritto ma anche un dovere civile”.
È la premessa con cui si apre Farò e Capirò (ed. Efesto), libro-intervista a cura della giornalista Francesca Baldini nelle cui pagine si racconta l’esperienza di vita di una delle figure più rappresentative dell’ebraismo italiano e romano: Franca Eckert Coen.
Già delegata del sindaco Veltroni per le Politiche della Multietnicità ed Intercultura e artefice della trasformazione dell’Orfanotrofio Israelitico Pitigliani in Centro comunitario, scelta che ha reso il Pitigliani una realtà di riferimento in campo culturale e sociale, è ancora oggi protagonista in molti ambiti. A partire dall’impegno per rafforzare il Dialogo nel segno di una più solida consapevolezza reciproca cui si sta dedicando attraverso l’associazione Religions for Peace (di cui è vicepresidente). Proprio in questo contesto è maturata la conoscenza con Baldini, studiosa di Dottrina Sociale della Chiesa e tematiche di genere e religioni.

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L'ALLESTIMENTO NELLA SINAGOGA DI SIENA

Da Avila a Toledo, le giudecche spagnole in mostra

La forza evocativa delle immagini per comprendere l’importanza della cultura ebraica nella penisola iberica prima e dopo l’espulsione decretata dai re cattolici nel 1492, ma anche l’impatto esercitato dalla diaspora successiva a quei provvedimenti sulla Toscana. Duplice scopo per la mostra fotografica “Alla scoperta di Sefarad” inaugurata presso la biblioteca di Area Umanistica di Siena e alla sinagoga di Vicolo delle Scotte. Tra le città su cui l’allestimento si sofferma, proponendoci una visione delle sue giudecche, ci sono Ávila, Barcelona, Cáceres, Calahorra, Córdoba, Estella-Lizarra, Hervás, Jaén, León, Monforte de Lemos, Oviedo, Plasencia, Ribadavia, Segovia, Tarazona, Toledo e Tudela. Tutte parte della “Red de Juderías de España/Caminos de Sefarad”, associazione dal venticinquennale impegno che si è posta l’obiettivo di preservare l’eredità storica e culturale di questa presenza. Presente a Siena, per parlarne, la direttrice Marta Puig Quixal.

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Nove ottobre 1982
«Attentato alla sinagoga. Roma, 9 ottobre 1982» di Arturo Marzano e Guri Schwarz (Viella 2013) è un libro che stanotte ho riaperto. Le voci di chi c’era sono importanti, la storia senza i testimoni non si fa, si dice giustamente. Ma anche «solo» con i testimoni non si fa. Perciò non basta guardare un docufilm per «farsi un’idea». Per capire le cose bisogna anche leggere. Non basta né ascoltare, né guardare.
 
David Bidussa
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La profezia  
Tempo verrà per analisi approfondite. Anche perché la situazione politica (e istituzionale) è, e rimarrà per più aspetti, imprevedibile. Comunque fluida, almeno per un po’ di tempo. Risparmiamoci i tormentoni sulla «crisi della sinistra» (un colloquialismo che è nato con la stessa area politica alla quale si rivolge, essendo un classico del nonsense) così come il dibattito sul «ritorno del fascismo», qualcosa che così formulato azzera qualsiasi ipotesi di riflessione sulle molteplici trasformazioni del nostro Paese. 
 
Claudio Vercelli
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