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2 dicembre 2010 - 25 Kislev 5771
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Riccardo Di Segni
Riccardo
Di Segni,
rabbino capo
di Roma

La storia di Chanukka la dovrebbero conoscere tutti, come una cosa semplice e scontata, eppure l'esame delle fonti rivela delle forti contraddizioni. Il miracolo dell'olio viene fuori quasi dal nulla in un brano del Talmud Babilonese, mentre i miracoli di cui si parla nella formula 'al hanisim della Tefillà, l'aggiunta che recitiamo in questi giorni, non comprendono quello dell'olio. Come se ci fossero due diverse feste, due motivi di istituzione in conflitto piuttosto che in associazione. Da una parte c'è la storia di una guerra di indipendenza, dall'altra il tema della restaurazione del Tempio e della riaccensione miracolosa della lampada. Sembra, almeno così è per qualcuno, un conflitto tra l'anima militare di Israele e quella religiosa. Quella che dovrebbe essere la festa della resistenza ebraica per l'affermazione della propria tradizione, cultura e principi, davanti a una cultura estranea differente, seducente e aggressiva, rischia di diventare una lotta interna tra diversi modi di identificarsi con l'ebraismo. E' il paradosso dell'esperienza ebraica, che vive e sopravvive malgrado, o forse invece grazie alla continua discussione interna.
Sergio
Della Pergola,
Università Ebraica
di Gerusalemme

Della Pergola
Ugo Volli su questa colonna domenica scorsa stigmatizzava chi ha criticato la decisione della Knesset di istituire un referendum nel caso Israele decidesse di cedere territori attualmente in suo possesso in vista di un futuro possibile accordo di pace. Mi sono sembrati davvero ingenui i riferimenti alla costituzione norvegese o australiana, o al caso italiano delle scelte della repubblica e del divorzio, o magari alla tradizione elvetica delle assemblee di cantone. È chiaro che lo scopo della maggioranza della Knesset non era quello di trasformare l'agitata democrazia israeliana in un blando, nevoso, e forse noioso paese nordico. Lo scopo vero del voto della Knesset era di mettere ulteriori bastoni fra le ruote di Benyamin Netanyahu nel caso questi decidesse di seguire la strada di David Ben Gurion, Menahem Begin, Izhak Rabin e Ariel Sharon i quali, tutti, hanno accettato di ritirare la presenza di Israele da territori che erano in suo possesso. Ma il referendum popolare su questioni tanto delicate sarebbe un grave errore perché porterebbe il paese a un confronto frontale interno, laddove la mediazione della politica ha per lo meno il pregio di svolgersi all'interno delle istituzioni e non per le strade. Inoltre, anche se può essere spiacevole riconoscerlo, i recenti sondaggi di opinione dimostrano che una decisione popolare che passasse con il volto determinante degli elettori arabi non sarebbe considerata legittima e finirebbe con l'acuire le tensioni interne. E poi provi Volli a immaginarsi la controparte politica palestinese che si rivolge al suo pubblico e chiede il consenso popolare alle decisioni di vertice su una ipotetica pace con Israele. Resta da vedere se Bibi avrà la forza, la voglia, la capacità, o perfino la fortuna di trovarsi di fronte all'occasione storica dell'accordo politico, e di carpirla al volo nell'attimo fugace in cui gli passa davanti.

davar
30 novembre, per non dimenticare
Dal campo di Fossoli furono deportati 2mila 802 ebrei. Otto morirono all’interno, un prigioniero morì prima di farvi ingresso perché colpito alle spalle in un tentativo di fuga, tre furono spostati al campo di Bolzano e da lì deportati mentre 31 persone riuscirono a evadere durante l’evacuazione. I loro nomi tornano nell’appendice al volume L’alba ci colse come un tradimento di Liliana Picciotto presentato martedì 30 novembre a Roma, dall’Istituto dell’Enciclopedia italiana in un incontro che ha visto la partecipazione di Lutz Klinkhammer (Istituto storico germanico e Fondazione Fossoli); David Meghnagi (Master in didattica della Shoah, Università di Roma3); Marcello Pezzetti (Fondazione Museo della Shoah) e dell’autrice, storica della Fondazione Centro documentazione ebraica contemporanea.


Fossoli, l’alba li colse come un tradimento

cover libroEra la sera del 30 novembre 1943 quando tutte le Prefetture d’Italia ricevettero dal ministero dell’Interno un ordine che i Prefetti impiegarono solo poche ore a diramare alle Questure. Si trattava delle circolari esecutive per la ricerca, il rintraccio, la cattura degli ebrei che di fatti iniziarono subito. La creazione del campo di concentramento per ebrei a Fossoli di Carpi fu l’immediata conseguenza dell’arresto generalizzato, destinato a tutti gli ebrei, che non si erano ancora ripresi dallo shock delle retate tedesche realizzate nelle principali città tra il 16 ottobre e la fine di novembre di quel terribile autunno del 1943. Ben duemila 845 ebrei passarono da quel campo di concentramento dopo essere stati arrestati ovunque nell’Italia centrosettentrionale dalle autorità di polizia italiane. E’ l’argomento del mio ultimo lavoro L’alba ci colse come un tradimento. Gli ebrei nel campo di Fossoli 1943-1944 (Mondadori, 294 pp.) che reca come frontespizio una lettera di partecipazione del presidente Napolitano. Se è vero che le deportazioni verso i lager furono attuate dagli occupanti, qui si tocca con mano che i primi mattoni della strada lastricata per Auschwitz furono posti dalle autorità italiane. A partire dal 30 novembre, le ricerche casa per casa degli ebrei, il loro arresto, il loro imprigionamento furono questione italiana; solo allora le autorità di occupazione poterono servirsi dei prigionieri di Fossoli, offerti loro su di un piatto d’argento, per organizzare i trasporti verso Auschwitz e altri lager. Le deportazioni iniziarono a partire dalla fine di gennaio del 1944 con una cadenza che dipendeva dal numero delle persone raccolte a Fossoli in quel dato momento, dalla capienza massima del campo, dalle condizioni di viabilità delle strade ferrate e, non ultima, dalla capacità assassina del momento delle attrezzature di Auschwitz. La situazione era talmente disperata che alcune madri si consegnarono spontaneamente con i loro figli alle autorità italiane, sperando in un barlume di umanità. Carabinieri, polizia, e guardie carcerarie non furono inumani ma eseguirono gli ordini. Non possiamo quindi definire tutte queste persone come “brava gente”, brava gente furono coloro che misero a repentaglio la loro sicurezza per soccorrere gli ebrei in pericolo. Non sono pochi ed è in corso un progetto di ricerca della Fondazione Cdec, da me diretta, per mettere in luce la loro generosità e il loro contributo alla crescita civile dell’Italia. Allo stesso modo, non si può ignorare  il comportamento di quegli abitanti del circondario di Fossoli che videro aumentata la loro possibilità di scambi positivi di merci e vettovaglie alla vigilia delle partenze dei convogli. Per non parlare delle forniture di cibo e di trasporti da e per il campo richieste a ditte di commercio della zona. La domanda spontanea è: con il gran movimento che si creò intorno al campo, possibile che nessuno si sia chiesto mai chi fossero tutti quei civili portati là alla spicciolata con le loro famiglie, che cosa fossero quei vagoni fermi a Carpi con paglia per terra e un bidone, perché partissero con treni merci inchiavardati dall’esterno come animali, dove fossero diretti? La ricerca, condotta su nuova documentazione, offre un altro elemento di riflessione grazie alle fatture che registrano le razioni, distribuite prima delle deportazioni, di pane, di formaggio fuso e di marmellata. I conti erano presentati al Comune di Carpi e il Comune li girava alla Prefettura per il pagamento. Tutto regolare, come se si fosse trattato di forniture per una colonia marittima o qualsiasi altra comunità. Ma se una qualche sorpresa per ciò che stava accadendo avrebbero potuto provarla funzionari di basso livello, stessa sorpresa non provavano certo il Questore di Modena né tantomeno il Prefetto, al corrente che qualcosa di gravissimo si stava preparando per gli ebrei dopo l’ordine di arresto del 30 novembre. Benchè non si sia ritrovato il documento formale dell’accordo tra i vertici italiani e i vertici tedeschi, risulta evidente dall’analisi del meccanismo messo in atto che agli italiani toccavano le ricerche, gli arresti, il concentramento nel campo degli ebrei scovati, ai tedeschi la loro spedizione verso i lager. Un’ultima annotazione sul titolo: “l’alba ci colse come un tradimento” è il grido di dolore lanciato da Primo Levi alla fine del suo viaggio da Fossoli ad Auschwitz. Nulla di più pertinente si poteva trovare per intitolare questo libro.

Liliana Picciotto, Pagine Ebraiche, dicembre 2010


Boicottaggi accademici: "Opposizione e maggioranza unite"
montecitorioUn segno di attenzione  durante i giorni più difficili della politica italiana. Il governo italiano si è impegnato ad assumere ogni iniziativa che ritenga utile per impedire manifestazioni di boicottaggio accademico nei confronti del mondo della cultura dello Stato d’Israele, attraverso un ordine del giorno presentato durante l’esame del disegno di legge sulla riforma dell’università. L'onorevole Emanuele Fiano (Pd) ha presentato la proposta con Walter Veltroni, Piero Fassino e Dario Franceschini e l'iniziativa è stata fra gli altri poi sottoscritta anche dei parlamentari Alessandro Ruben e Fiamma Nirenstein. Alla luce di alcuni avvenimenti degli ultimi mesi, tra cui l’adesione di alcuni atenei italiani alla Israeli Apartheid Week, si tratta di un documento che ha richiamato consensi su fronti diversi.

Onorevole Fiano, come nasce l’idea di questo ordine del giorno, e cosa comporta la sua approvazione?
In Parlamento quando si arriva all’approvazione di un disegno di legge, ciascun parlamentare può presentare un impegno per il governo collegato al tema del provvedimento in esame. Poiché io ritengo che il principio della libertà di espressione e di insegnamento venga calpestato dal boicottaggio accademico delle università israeliane, penso che la discussione della riforma dell’università fosse il momento giusto per intervenire su questo tema. La mia proposta è stata firmata da molti parlamentari, e poi approvata senza passare attraverso alcuna votazione, il che equivale a dire che maggioranza e opposizione sono state unanimemente concordi nell’appoggiarla. È un risultato molto importante.
Quali sono le iniziative che potranno essere adottate?
Spetterà al governo il compito di valutare di volta in volta quali azioni concrete intraprendere e, grazie a questo ordine del giorno, avrà il mandato parlamentare per farlo. Dal mio punto di vista per esempio, se si dovessero ripetere episodi di adesione a manifestazioni di boicottaggio, il governo potrà chiederne conto alla conferenza dei rettori o agli altri organi direttivi dell’università, ovviamente mantenendo il pieno rispetto per la sua autonomia.
Secondo lei c’è il rischio che in Italia la situazione diventi come in Inghilterra, dove per un accademico israeliano parlare in un college è un'azione a rischio?
Il rischio esiste soltanto se coloro che si impegnano per la difesa della libertà d’espressione decidono di non alzare più la voce quando questa libertà viene messa in pericolo. Ma questo non accadrà. Noi non staremo mai zitti.
Qualche tempo fa lei ha espresso delle perplessità circa la proposta di una legge che punisca il negazionismo. Ritiene invece che uno strumento come quello dell’ordine del giorno potrebbe funzionare? Oppure secondo lei è meglio che il Parlamento non intervenga sulla materia?
La questione è molto complessa. Penso che sicuramente l’individuazione di un reato penale non sia lo strumento giusto per combattere il negazionismo, pur essendo totalmente convinto che vada portato avanti ogni sforzo per contrastarlo.

Rossella Tercatin


Hanukkah 5771 - Luce sull'Italia
torino chanukkàLa prima luce di Hanukkah è stata accesa ieri sera al tramontare del sole con cerimonie ufficiali che si sono svolte in molte Comunità ebraiche: da Torino a Milano a Firenze, Siena, Pisa e Livorno (nella Capitale la cerimonia, alla presenza del rabbino capo rav Riccardo Di Segni, del presidente della Comunità Riccardo Pacifici e dell'assessore alle politiche educative del Comune di Roma Laura Marsilio avrà luogo questa sera alle 18.30). Adulti e ragazzi di ogni età hanno intonato benedizioni e canti celbrativi di questa gioiosa festa, che ricorda la rivolta maccabaica sui greci e l'inaugurazione del Bet Hamikdash, dopo il miracolo dell'olio che doveva durare un solo giorno e che invece  durò per otto giorni.

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Aria
immagineDal viceministro per l'informazione dell'Autorità Palestinese, Al-Mutawakil Taha, giunge l'utile informazione che il Muro Occidentale, superficialmente chiamato per secoli Muro del Pianto, non è ebraico. E' meramente induttivo che Gerusalemme non è ebraica, né sono ebraiche Tel Aviv e Haifa; come è fluidamente chiaro che il deserto del Negev non è ebraico, pur essendo deserto e quindi una concessione che poco impegna. Andando di seguito e spicciandoci, non è effettualmente ebraica la lingua ebraica, e non possono costituirsi come ebraici  i titoli letterari che seguono e che riportiamo in lingua non ebraica per restaurare un minimo di chiarezza: il Genesi, il Patto di Abramo con il Creatore, subdolamente chiamato con nome ebraico. Non sono ebrei Isacco  e Giacobbe. E Giuseppe, è inutile sottolinearlo, non è certo un nome ebraico, se no lo è anche Roberto. Non sono ebraici, non scherziamo, il Levitico, il Deuteronomio, le leggi che vi sono contenute, e i Comandamenti non se ne parla (NdA: i Comandamenti sono probabilmente turchi) . E  figuriamoci se sono ebraici i Re, i Giudici, i Profeti, ebraiche le Haftarot, ebraici il Talmud, la Mishnà, e a proposito, i Proverbi. I Salmi poi sono tipicamente non ebraici. Ne segue, ed è assiomatico, che gli ebrei insediati nel territorio chiamato con espressione ebraicizzante Israel, così come i loro consanguinei sul  pianeta, non costituiscono ad alcun titolo soggetto giuridico e non possono detenere una proprietà ebraica, essendo nell'insieme un soggetto sia a-storico che a-utistico. E dunque, e men che meno, gli ebrei sono o possono definirsi ebrei, posto che non esiste una reale ebraicità: essa è una mera rappresentazione onirica e questa gente dovrebbe curarsi in massa. Gli ebrei sono senza terra, sono senza lingua e sono senza sé. Per questo non si sono mai accorti di non esistere. Non esistono. Siamo un'altra volta uomini d'aria.  

Il Tizio della Sera

Hatzer - Ebrei professionisti
luzzatto voghera“Ebreo professionista”: con questo scherzoso appellativo un amico descrive le molteplici attività che caratterizzano il vissuto quotidiano di gran parte dei rappresentanti delle piccole comunità sparse sul territorio nazionale. La società italiana ci tira per la giacca e chiede – a volte pretende – il nostro intervento e la nostra partecipazione. Vogliono sapere, conoscere, incontrare, dibattere, visitare, partecipare, donare, ricevere. E un ufficio di comunità (quando c’è) o un presidente, o un rappresentante, è costretto a mettersi e togliersi il cappello cento volte al mese nel disperato tentativo di rappresentare al meglio un ebraismo che è nel medesimo tempo vita vissuta, tradizione, e storia (tanta, e importante). E lasciamo perdere la vita professionale di ognuno di noi, che il più delle volte diventa un accessorio necessario ma secondario. Il nostro multiforme protagonista in una settimana tipo fa di tutto: interviste a stampa e tv su antisemitismo, Israele, cultura ebraica (a volte tutti e tre i temi nella medesima intervista), conferenze letteralmente su tutto, incontri ecumenici, riunioni organizzative con diversi comitati comunali che richiedono la presenza “degli ebrei”, viaggi didattici. Ma poi partecipa alle lezioni del rabbino, scrive il bilancio della comunità, si occupa delle richieste di finanziamenti, risponde a lettere e telefonate sugli argomenti più svariati, scrive articoli, fa la guardia fuori dal tempio, firma contratti, vigila sui lavori di restauro. Se volesse far bene tutto questo dovrebbe essere pluri-specializzato, mentre il più delle volte è costretto a improvvisarsi e a chiedere aiuto. Nel vecchio statuto dell’UCEI, così come nella bozza del nuovo, tutto ciò non risulta e non viene codificato. Ma se l’Otto per mille fornisce ancora un gettito sostanzioso (e temo che non durerà molto), lo si deve in gran parte all’attività di questi piccoli supereroi di un ebraismo diffuso nel territorio nazionale e caparbiamente impegnati a rappresentare in forma degna una tradizione storica, a organizzare la vita ebraica del presente e a progettarne le forme per il futuro.

Gadi Luzzatto Voghera

Terra nostra, terra straniera
rabelloIl racconto della lotta maccabaica e della festa di Chanuccà è riportato in particolare nei libri dei Maccabei, nel trattato di Shabbat del Talmud e nella preghiera "al hanissim" che fa parte della Amidà e, più tardi, nella Meghillat Antiocus riportata, per esempio, nel Machazor di Shadal. Quello che è interessante notare - e desideriamo farlo presente in particolare ai signori vescovi mediorientali che hanno partecipato al Sinodo dello scorso ottobre, è che "Il Primo libro dei Maccabei ...è un testo contenuto nella Bibbia cristiana (Settanta e Vulgata) ma non accolto nella Bibbia ebraica (Tanakh). Come gli altri libri deuterocanonici è considerato ispirato nella tradizione cattolica" (dalla voce Primo libro dei Maccabei di Wikipedia) onde anche le Bibbie cattoliche, come quella curata dall'abate Giuseppe Ricciotti o da Angelo Penna, per esempio, lo riportano e, se ci pensiamo, non è a caso dato che è risaputo che se la guerra maccabaica avesse avuto un esito diverso il Cristianesimo non avrebbe potuto nascere. Nel capitolo 15 leggiamo di un dialogo fra Atenobio, messo del re Antioco, e Shimon il Maccabeo (-142/-134) sul diritto ad Erez Israel: «Simone gli rispose: "Non abbiamo occupato terra straniera né ci siamo impossessati di beni altrui ma dell'eredità dei nostri padri, che fu posseduta dai nostri nemici senza alcun diritto nel tempo passato. Noi, avendone avuta l'opportunità, abbiamo ricuperato l'eredità dei nostri padri. ..». Cfr. R. Fontana nel suo "Gerusalemme e dintorni. Per una teologia cristiana della Terra di Israele", 2009, p. 27 notando che "la Terra di Israele è stata al centro dell'intera storia ebraica…".

Alfredo Mordechai Rabello, Università Ebraica di Gerusalemme

notizieflash   rassegna stampa
Israele: telefonini in tilt,
lo Shin Bet indaga
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Uno dei tre principali gestori di telefonia mobile in Israele, Cellcom, ieri è rimasto paralizzato dalle prime ore della giornata per un guasto di natura ancora non accertata. 
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