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22 novembre 2010 - 15 Kislev 5771
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Riccardo Di Segni
Riccardo
Di Segni,
rabbino capo
di Roma

Ma come è possibile fare una scuola con soli 8 bambini, tutti di età diverse? Guardate questa foto fatta in una stanzetta attigua alla sala della Sinagoga di Carmagnola a pochi chilometri da Torino, dove ci sono stati al  massimo un centinaio di ebrei. E' una fila di panchette di grandezza a  scalare fino a quella per bambini di uno-due anni. Si può fare una scuola per otto bambini tutti di diversa età. Si deve fare.



Anna
Foa,
storica
   

Anna Foa
Proprio all'ultimo momento il 9 novembre l'Unesco ha comunicato la decisione di cancellare la sua sponsorizzazione alla giornata mondiale  della Filosofia, prevista in questi giorni a Teheran, e di tenere invece una manifestazione alternativa a Parigi. Una decisione presa in seguito all'intensificarsi delle protesta in tutto il mondo. Che un paese retto da un regime sanguinario, dove chi pensa con la propria testa marcisce in galera, come il filosofo Jahanbegloo, dove si susseguono le condanne a morte, dove gli omosessuali vengono perseguitati e imprigionati e dove numerose donne, oltre a Sakineh, aspettano nelle prigioni che venga eseguita la loro condanna alla lapidazione,  potesse ospitare nientedimeno che una riunione di filosofi, sembrava un'incredibile assurdità. Per ora, degli illustri pensatori previsti, solo il filosofo Gianni Vattimo ha riaffermato la sua volontà di recarsi a Teheran a sostenere la propaganda del regime. Ma senza le proteste e le reazioni che ci sono state, l'Unesco non si sarebbe smossa dalle sue decisioni. Questo vuol dire che le proteste servono, anche se abbiamo ormai la convinzione profonda, quando leviamo la voce a protestare, di unire soltanto la nostra ad altre voci che gridano nel deserto. Forse non è così. In ogni caso, per quanto tardiva e non spontanea, questa decisione dell'Unesco è una vittoria della civiltà.  

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davar
Qui Napoli - Cinque secoli dall'espulsione
Facciata palazzo du MesnilCinquecento anni fa, il 23 novembre 1510, il viceré Raimondo de Cardona promulgava l'editto di espulsione per gli ebrei dal Regno di Napoli. Cinquecento anni dopo, un convegno internazionale promosso dal Centro di studi ebraici dell'Università di Napoli L'Orientale e patrocinato dalla Comunità ebraica di Napoli e dalla UCEI ricorda l'evento,oggi e domani, nella sede di Palazzo du Mesnil in via Chiatamone, con undici studiosi provenienti da Italia, Regno Unito e Israele. La cacciata degli ebrei colpì migliaia di persone sull'intera Italia meridionale, interessando soprattutto le fasce deboli della popolazione: solo alle famiglie in grado di versare ogni anno tremila ducati fu infatti permesso di restare. Nel giro di pochi anni, tuttavia, anche i superstiti furono costretti a partire o a integrarsi convertendosi al cattolicesimo. In programma oggi le relazioni di Lida Vagnoni, rettore dell'Orientale, Gadi Piperno dell'UCEI e dei professori Giancarlo Lacerenza e Francesco Lucrezi.

Di seguito l'intervento di saluto di Gadi Piperno del Dipartimento educazione e cultura dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane:

“Sono qui a portarvi il saluto dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, e il ringraziamento sentito all’istituzione che ci ospita e in particolare ai professori Lucrezi e Lacerenza per l’organizzazione di questo magnifico convegno.
L'espulsione degli ebrei dalla Spagna, dalla Sicilia e successivamente dall'Italia meridionale è stata una ferita profondissima per il mondo ebraico ma lo è stata allo stesso modo per l'Italia meridionale.
Per gli ebrei che vivevano in questi luoghi il decreto di espulsione ha causato morte, esilio, conversioni forzate o quanto meno indotte. Il fenomeno del cripto-giudaismo è una storia di sofferenze, di sdoppiamento di identità, una storia di persone che hanno dovuto mostrare all'esterno ciò che non erano ed essere sé stessi solo nelle quattro mura della propria casa. E nonostante tutto molte famiglie sono riuscite a tramandare per mezzo millennio, a rischio della loro vita, preziosi frammenti di vita ebraica evitando così un'assimilazione definitiva.
Per il Meridione la perdita della componente ebraica ha significato lo sradicamento di una fetta importante della propria identità culturale. La convivenza di etnie diverse, di culture diverse, di religioni diverse ha fatto di queste terre un luogo di accoglienza, di cultura e di prosperità. Il tentativo di forzare la creazione di un monolite culturale e religioso ha tolto al Sud quella marcia in più che aveva avuto nel medioevo e che ne aveva fatto un crocevia straordinario nelle relazioni tra Europa e Oriente.
Oggi la globalizzazione e l'utilizzo poco responsabile dei nuovi mezzi tecnologici ci pongono di fronte a un nuovo pericolo ovvero la tendenza a una standardizzazione di mode e clichè comportamentali con conseguente perdita delle specifiche identità culturali. Questa tendenza può essere per certi aspetti più pericolosa del tentativo forzato di cancellare dalla società alcune fette di identità. A breve celebreremo la festa di Chanuccà che ricorda un ben preciso momento storico. Ai tempi di Antioco IV Epifane la cultura ellenistica aveva esercitato una seduzione potenzialmente fatale anche all'interno della società ebraica. Nessuno si proponeva di distruggere fisicamente il popolo ebraico, ma l'obiettivo era di colonizzarlo culturalmente. Secondo molti studiosi questo è stato uno dei momenti in cui il popolo ebraico ha maggiormente rischiato l'estinzione, proprio perché ha corso il rischio di perdere la propria specificità in un mondo che tendeva alla standardizzazione culturale. L'Ebraismo col suo attaccamento ad una tradizione millenaria, con il suo imperativo all'educazione e all'istruzione è per la società un potente antidoto contro questo tipo di tendenze.
L'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, con il patrocinio a questo straordinario evento e con la presenza di due assessori della Giunta, è qui oggi a testimoniare la determinazione a far sì che il matrimonio tra Sud ed Ebraismo riscopra le sue antiche radici. E' un cammino che abbiamo intrapreso già da qualche anno con alcuni risultati di eccellenza. Vorrei qui menzionare a titolo di esempio la Giornata Europea della Cultura Ebraica del 2009 che ha avuto come capofila Trani ed il successivo festival Negba (trad. verso sud) che hanno visto la partecipazione di più di 12 mila persone, e un seminario di approfondimento sul marranesimo tenutosi lo scorso maggio.
Negli scorsi anni abbiamo definito un protocollo d’intesa con la Regione Sicilia per la promozione ed il sostegno ad iniziative culturali, alla conservazione ed alla tutela di beni artistici e monumentali, alla collaborazione con le Università e molto altro.
Il Meridione è ricco di testimonianze dell’antica e numerosa presenza ebraica. Giudecche, cimiteri, sinagoghe, bagni rituali. Ma non è sui resti che dobbiamo porre la maggiore attenzione. Abbiamo oggi alcuni importanti segnali di risveglio provenienti da diverse regioni del Sud, dalle macerie di un ebraismo esiliato, ma anche occultato, dissimulato, quasi soffocato ma mai spentosi definitivamente. La cosa ha quasi dell’incredibile dopo tutto questo tempo, eppure nelle regioni del mondo in cui è stato attuato il decreto di espulsione del 1492, abbiamo diversi esempi di clamorosi ritorni all’ebraismo di intere comunità.
Ci stiamo facendo promotori di iniziative educative e culturali, e viene altresì richiesta la nostra partecipazione ad eventi organizzati da vari enti locali.
E' una sfida non semplice, ma abbiamo la consapevolezza che mai come oggi il momento sia propizio per ricucire lo strappo creatosi 500 anni fa e ricreare quel profondo legame da cui sia il Meridione che l'Ebraismo trassero in passato straordinari benefici.
Un’interessante coincidenza. Lo scorso sabato abbiamo letto nelle sinagoghe il brano della bibbia in cui Giacobbe ed Esaù si ritrovano dopo tanti anni, seguiti alla separazione scaturita da un conflitto. Alla vigilia dell’incontro i timori erano tanti, e lunga è stata la preparazione all’evento, ma alla fine il tutto si è concluso con un grande abbraccio e con l’appuntamento per la fine di un percorso, con tempi diversi, con strade diverse, ma che secondo i maestri punta dritto a Gerusalemme alla fine dei tempi verso l’era messianica. Il percorso che abbiamo intrapreso dobbiamo intenderlo quindi in un’ottica midor ledor, di generazione in generazione, un percorso a lungo termine transgenerazionale che porti Meridione ed Ebraismo a un futuro prospero, pacifico e soprattutto condiviso”.


Qui Torino - "Quali rabbini nel nostro domani?"
Miriam HaiunSei relatori e un pubblico numeroso hanno contrassegnato ieri a Torino al museo di Scienze naturali il dibattito “Quali rabbini nel nostro domani?” organizzato da un gruppo di ebrei torinesi per confrontarsi su alcuni temi caldi del dibattito ebraico italiano. A pochi giorni dal Congresso UCEI, alcuni iscritti alla Comunità piemontese (fra gli altri Daniele Segre, David Sorani, Lea Voghera Fubini, Mara Di Chio, Shemuel Lampronti) hanno voluto organizzare un'occasione pubblica di confronto sulla bozza di modifiche dello Statuto UCEI, sulla prospettiva di un cambio strutturale del rabbinato italiano e, più in generale, sul futuro della più antica realtà ebraica della Diaspora. Fra gli intervenuti rav Alfonso Arbib, rabbino capo della Comunità ebraica di Milano, rav Riccardo Di Segni, rabbino capo della Comunità di Roma, Dario Calimani, Consigliere UCEI, Amos Luzzato, presidente della Comunità ebraica di Venezia e Maurizio Piperno Beer, che in passato fu presidente della Comunità ebraica di Torino.
Autonomia di scelta della Comunità e indipendenza del rabbino. Questo il primo tema all’ordine del giorno. Partendo dalla proposta di modifica dello Statuto con l’ipotesi di un meccanismo a tempo nella durata dell’incarico del rabbino, rav Di Segni ha sottolineato la legittimità per una Comunità di sostituire il proprio rabbino se venisse meno il necessario rapporto di fiducia, ma d’altra parte ha sottolineato “la necessità di tutelare il suo diritto fondamentale a svolgere il proprio magistero in modo indipendente e libero da eventuali pressioni politiche”. “Non dobbiamo declassare il ruolo di rabbino a semplice impiegato comunitario - ha affermato Dario Calimani - Non dobbiamo risolvere la questione di questo complicato rapporto con semplici tecnicismi, ma è necessario che amministratori e rabbini si confrontino apertamente. Siamo un ebraismo in crisi e senza il confronto rischiamo di andare alla deriva”. Preoccupazione condivisa da Piperno Beer, che ha parlato di “pericolo di una profonda modifica culturale, in caso si metta a rischio l’indipendenza dei rabbini, assoggettandoli alla predominanza dell’organo amministrativo”. D’accordo anche Amos Luzzatto secondo il quale “vi è un vuoto culturale nella realtà ebraica italiana che non può essere superato con semplice ingegneria statutaria. Arriviamo a questo Congresso con le idee confuse; sarebbe stato opportuno portare avanti un profondo progetto di ricerca storica, sociologica per comprendere realmente qual è la nostra situazione”. Sul problema delle conversioni si è soffermato il rav Arbib. Sarebbe inaccettabile, secondo il rabbino capo di Milano, immaginare un possibile ruolo della dirigenza comunitaria nel complicato e faticoso processo che deve portare avanti il gher. Punto che ha trovato la condivisione di tutti i relatori presenti. “Il ghiur - ha spiegato rav Arbib - non può essere il risultato di un bilanciamento di poteri; se così fosse si metterebbe in pericolo la persona e questo non è accettabile”. La questione dei Ghiurim, però, espone la realtà ebraica ad un altro problema. “L’ottanta per cento delle persone che si rivolgono a me - ha riferito rav Arbib - pone questioni attinenti al ghiur. Ma non dovrebbero essere le conversioni la prima preoccupazione di un rabbino. Questo argomento rischia di assorbire interamente le energie dell’ebraismo italiano. L’urgenza è l’educazione ebraica, la trasmissione delle tradizioni, della cultura. Il pericolo per la nostra sopravvivenza è l’assimilazione; è necessario lavorare perché vi sia un ritorno alla vita ebraica”.
Sulla presunta latitanza dell’Assemblea rabbinica si è soffermato, dopo alcuni interventi del pubblico, rav Riccardo Di Segni. “Non è vero che non vi sia stata una risposta dell’Assemblea in merito alle modifiche dello Statuto; è vero che esiste un problema di leadership unificata e che forse ci sia stata una certa latitanza nella risposta a determinate questioni. Ma non vi è un’assenza dei rabbini come singoli, che si impegnano quotidianamente nell’educazione o sono responsabili dei diversi Bet HaKnesset; questo è giusto sottolinearlo”.
Prima dell’inizio dei lavori, Dario Disegni, presidente della Fondazione Scuola Rabbinica Margulies-Disegni e moderatore dell’incontro, aveva riferito del rammarico degli organizzatori per una polemica sorta in questi giorni nell'ambito della comunità torinese. Gli organizzatori, infatti, avevano ritenuto di invitare il presidente della Comunità Tullio Levi e il rabbino capo di Torino Eliahu Birnbaum solo a cose fatte e quando gli inviti ufficiali alla manifestazione erano stati già composti e diffusi. "Gli organizzatori - ha detto Disegni - sono dispiaciuti per questo disguido”. In ogni caso il rav Birnbaum ha inviato i suoi auguri ai partecipanti del convegno. Altri messaggi sono fra l'altro pervenuti dal vicepresidente UCEI Claudia De Benedetti, dal Consigliere di amministrazione della Fondazione “De Levy” di Torino Ermanno Tedeschi e da Rossella Bottini Treves, presidente della Comunità ebraica di Vercelli.
In chiusura, dopo un breve giro di repliche dei relatori alle osservazioni del pubblico su questioni come la Kasherut o il problema della realizzazione di un Beth Din nazionale, Dario Disegni si è augurato che il confronto possa proseguire fra le Comunità.

Daniel Reichel

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pilpul
l'Unione in forma - Contreccezione
Gadi Polacco
seCONDOMè, in certi casi si deve...
 

Resh Nullius

Logica talmudica
Donatella Di Cesare - Due tizi scendono da un camino. Uno ne esce pulito, l’altro sporco. Chi va a lavarsi?
- Semplice! Lo sporco.
- Sbagliato. A lavarsi ci va il pulito. Ed è logico: lo sporco vede il pulito e pensa di essere pulito anche lui; quindi non va a lavarsi. Il pulito vede lo sporco e pensa di essere sporco anche lui; dunque è il pulito che va a lavarsi.
- Logico, in effetti. Credo di aver capito.
- Verifichiamo. Due tizi scendono da un camino. Uno esce pulito, l’altro sporco. Chi va a lavarsi?
- Mi hai appena dato la risposta: il pulito!
- Falso! Si lavano entrambi. Ed è logico: il pulito vede lo sporco e pensa di essere sporco anche lui; quindi va a lavarsi. Ma chi è uscito sporco vede chi è uscito pulito lavarsi e allora va a lavarsi anche lui. Dunque si lavano entrambi.
- Non ci avevo pensato. Ora fammi un’altra domanda per vedere se ho capito bene il metodo.
- Due tizi scendono da un camino. Uno esce pulito, l’altro sporco. Chi va a lavarsi?
- Tutti e due; è la conclusione a cui siamo appena arrivati.
- Falso! Nessuno dei due va a lavarsi. Ed è logico: lo sporco vede il pulito, pensa di essere pulito anche lui, e quindi non si lava. Il pulito vede lo sporco che non si lava, e nemmeno lui si lava. Non si lava nessuno.
- Logico! Ora sono sicuro d’aver capito bene; dai, fammi un’ultima domanda.
- Due tizi scendono da un camino. Uno esce pulito, l’altro sporco. Chi va a lavarsi?
- Nessuno dei due…
- Falso! La risposta è che si tratta di una domanda sciocca. Com’è possibile che due tizi che passano attraverso lo stesso camino possano uscirne uno sporco e uno pulito? Chi non lo capisce al volo, non ha lo spirito adatto all’insegnamento del Talmud.

Donatella di Cesare, filosofa

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notizieflash   rassegna stampa
La replica degli ebrei americani
al nuovo libro di Benedetto XVI

New York, 21 novembre
 
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“Pio XII ha salvato tanti ebrei come nessun altro”, questo scrive Benedetto XVI nel suo ultimo libro Luce del mondo. L'American Jewish Committee protesta: "Ci sono certamente molte argomentazioni per respingere le accuse di immobilismo da parte di Pio XII mentre la vita degli ebrei e di altri era in pericolo”, ha detto all'Agence France-Presse il rabbino David Rosen, direttore degli affari inter-religiosi dell'Ajc. "Tuttavia non solo Pio XII non ha mai direttamente interpellato il regime nazista sulla questione dello sterminio degli ebrei ma, cosa ancora più grave, non ha mai espresso pubblicamente né una condanna né rimorso dopo la fine della Seconda guerra mondiale", ha precisato.
 
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