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    24 maggio 2010 - 11 Sivan 5770  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
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  Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma Riccardo
Di Segni,

rabbino capo
di Roma
Lo scorso venerdì Alberto Cavaglion ha riproposto in queste pagine il tema del rapporto tra antifascismo ed ebraismo, partendo dall'epistolario di Vittorio Foa. Perché c'erano tanti ebrei nelle file antifasciste? E come era determinante in loro l'origine ebraica? La valutazione degli storici che hanno studiato le biografie dei personaggi è che "la religione della libertà, alla quale i protagonisti dell'antifascismo ebraico si convertiranno, ..., sarà sempre quella di Croce, non la narrazione di Esodo". L'ebraismo sarà per loro una scoperta tardiva nel corso di un "itinerario a ritroso". Eppure questo non spiega ancora perché tanti ebrei siano andati controcorrente - e continuino a farlo -. E allora non si può fare a meno di considerare cosa significhi essere ebreo anche se si fa di tutto per cancellare la propria identità o sublimarla in ideali considerati superiori, significa, anche se non si è religiosi, appartenere a un gruppo religioso che rifiuta di accettare i dogmi e gli idoli della maggioranza e che quindi si pone criticamente rispetto alla realtà convenzionale; non recepire l'idea per cui il messianesimo si è realizzato, e pensare invece al mondo come a qualcosa che deve essere riparato; portare la memoria di persecuzioni del proprio gruppo e quindi la rabbia per l'intolleranza; avere a che fare ogni giorno con qualcuno che non ti capisce; avere un'ansia di giustizia sociale. Mettete tutti questi ingredienti nella famiglia giusta, al posto giusto e al momento giusto, e avrete un bel gruppo di rivoluzionari ebrei. E sono ingredienti decisamente ebraici. Solo che se vengono usati in un contesto di sradicamento e di incoerenza perdono identità e spesso diventano anche autodistruttivi.
 
Conoscete i librini di Sipintegrazione, con la collana Minima diretta da Adelia Battista? Curato da Laura Quercioli Mincer è uscito Cosa leggevo ai morti, del poeta in lingua polacca Wladyslaw Szlengel, morto nel maggio 1943 nella rivolta del ghetto di Varsavia, un poeta all'epoca assai noto che sta ora riemergendo da tanti decenni d'oblio. Scritte mentre man mano i suoi lettori venivano avviati verso lo sterminio, le sue poesie volevano, lo scrive, risvegliare "un'ira caparbia e giusta, il desiderio di sopravvivere". Ed emoziona veder riemergere, insieme con il poeta dimenticato dalla storia, anche i suoi ascoltatori destinati alla morte, le serate "letterarie" nel ghetto, l'assenza di chi c'era. Scoprire che chi leggeva ai morti riemerge nei suoi versi insieme con questi morti, che i suoi versi e le sue parole riescono ancor oggi a riportarli in vita.    
Anna Foa,
storica
Anna Foa, storica  
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  Qui Pisa - Un libro per raccontarsi e per dialogare

PisaIl Museo Nazionale di Palazzo Reale, splendido edificio che si affaccia sui Lungarni densi di vita (almeno nei giorni di mercato) della città della Torre pendente, diventa nel primo weekend di caldo estivo il luogo del rilancio mediatico di una comunità piccola nei numeri ma grande nella storia. Gli ebrei di Pisa, la cui presenza dalle parti di piazza dei Miracoli prosegue senza interruzioni da circa 1150 anni (anche questo è in fondo un miracolo), decidono di comunicare e dialogare con la società esterna attraverso uno strumento informativo e divulgativo ulteriore: un volume ricco di contenuti e dalla veste grafica accattivante. Millecentocinquanta anni - Un nuovo ritratto di famiglia: ebrei ed Ebraismo nelle provincie di Pisa e Lucca (859-2009) va approcciato, spiegano i due autori Paolo Orsucci e Chiara Giannotti, “come un testo autobiografico”. Nelle quasi 300 pagine di cui il libro si compone la Comunità ebraica pisana decide di aprire le porte del suo fornito archivio storico e di raccontare le vicende che l’hanno finora interessata, partendo dal lontanissimo 859 con l’arrivo a San Miniato del proprietario di beni immobili Donato (i documenti dell’epoca lo definiscono “ex genere ebreorum”) per arrivare alle difficoltà del presente, con crisi demografica e problemi strutturali che rappresentano le due principali sfide da vincere per un futuro meno incerto.
 “Si legge tutto di un fiato”, spiega Gabriela Todros in rappresentanza della Soprintendenza Archivistica per la Toscana. Merito degli autori, “molto bravi a trattare un argomento serio con leggerezza e coinvolgimento emotivo”.

PisaStile narrativo incalzante, immagini d’archivio, stralci di giornale, approfondimenti su aspetti e curiosità ai più sconosciuti e massime tratte dal Pirkè Avot: il libro è un complesso e riuscito mosaico di molteplici elementi. “Ed è anche il frutto di un lavoro in parte collettivo”, ricordano Orsucci e Giannotti. Molti gli ebrei pisani (e non) che hanno dato il proprio contributo nella stesura del testo, finanziato dall’Unione Comunità Ebraiche Italiane e patrocinato sia dal Comune che dalla Provincia di Pisa. Sfogliandone le pagine si scoprono aneddoti che rivelano il peso notevole avuto da questa minoranza nelle dinamiche politiche e culturali di quella che è stata una delle più importanti potenze marinare al mondo. Gli autori riescono inoltre a ribaltare la prospettiva che vede, in molti lettori, il popolo ebraico solo come vittima di persecuzioni e non come soggetto attivo nella società di cui è parte. Invece, per la più antica Comunità della Diaspora (in Italia da oltre 2000 anni) c’è tanto da dire e da raccontare: il libro di Orsucci e Giannotti e tante altre iniziative intraprese negli ultimi tempi lo dimostrano.
Non è pertanto un caso che tra i vari ospiti di questo intenso pomeriggio di studi organizzato grazie alla collaborazione di alcuni enti pubblici e del Dec (Dipartimento Educazione e Cultura) Ucei e in cui sono stati affrontati temi che spaziavano dalla bioetica (con l’intervento tra gli altri di Cesare Efrati, medico dell’Ospedale Israelitico di Roma e maskil del Collegio Rabbinico Italiano)  alla comunicazione, sia stato invitato a parlare anche Guido Vitale, direttore del Portale dell’Ebraismo Italiano e del mensile Pagine Ebraiche. Due iniziative editoriali (recentemente affiancate dal giornale dei giovani HaTikwa e a breve anche da David, pubblicazione dedicata ai più piccoli in rotativa a fine estate) che sono la riprova ulteriore della ricchezza di voci e contenuti che la collettività ebraica è in grado di proporre ad un pubblico vasto, curioso e attento agli stimoli.

Adam Smulevich


Qui Milano - Shorashim, vent’anni che sono… uno spettacolo

concertoCompie vent’anni quest’anno Shorashim. L’associazione che organizza incontri di cultura e tradizione ebraica per piccoli tra i quattro e i dieci anni per raccontare a chi non frequenta la scuola ebraica chi è e da dove viene (shorashim in ebraico significa appunto radici) ha festeggiato al teatro Franco Parenti con i suoi bambini nuovi e vecchi.
La musica del trio Nefesh (fusione) ha accolto genitori e figli per un pomeriggio di spettacolo, sotto lo sguardo orgoglioso della signora Rosita Luzzati, fondatrice e animatrice di questa organizzazione, un po’ nonna di tutti i bambini che passano per Shorashim. L’idea le è venuta proprio pensando ai suoi nipotini “perché volevo che l’ebraismo per loro fosse qualcosa che potevano vivere davvero, non soltanto il racconto della nonna”. E così ai bambini, in media una sessantina all’anno, divisi per età in quattro gruppi, si racconta il significato delle feste ebraiche e la storia dello Stato d’Israele, si insegnano canzoni e spettacoli, si spiega anche cos’è l’antisemitismo.
E i risultati si vedono nelle foto scattate durante le attività, nei disegni, nei collage esposti nella mostra dei “lavoretti” allestita in una sala del teatro.
“Sono molto felice di questi primi vent’anni di Shorashim - ha raccontato la signora Luzzati - Pensiamo che sia un progetto molto importante, e vogliamo continuare a crescere”.

Rossella Tercatin


Qui Venezia - Al via la mostra “Elevazioni e Permutazioni”

mostraMistica ebraica, filosofia, arte e scienza nella mostra “Elevazioni & Permutazioni”, inaugurata ieri allo spazio espositivo PaRDeS di Mirano, laboratorio di ricerca e sperimentazione sull’arte contemporanea.
L’esposizione nasce dalla collaborazione tra Maria Luisa Trevisan e Nadine Shankar, docente di filosofia all’Accademia di Belle Arti Bezalel di Gerusalemme e coinvolge più di 34 artisti italiani e stranieri che interpretano i concetti cabalistici con installazioni ambientali, opere di pittura, scultura, fotografia, video: Ariela Böhm, Giovanni Bonaldi,  Mirta Carroli, Robert Carroll, Alberto Di Fabio, Belu Fainaru, Dorit Feldman, Franco Gazzarri, Giorgio Griffa, Esther Guenassia, Emilio Isgrò, Anselm Kiefer, Jiri Kolar, Frank Lalou, Tamara e Jean Pierre Landau, France Lerner, Yeudà Nathan Lev, Gabriele Levi, Giorgio Linda, Sirio Luginbühl, Gabriel Mandel Khan, Marino Marinelli, Aldo Mondino, Barbara Nahmad, Pain Azyme, Giampiero Poggiali Berlinghieri, Fishel Rabinowicz, Tobia Ravà, Raphael Reizel, Robert Sagerman, Sarah Seidmann, Hana Silberstein, Carla Viparelli.
Il titolo “Elevazioni & Permutazioni” si riferisce al fatto che nella lingua ebraica ogni lettera è allo stesso tempo numero, segno e suono. La mostra sviluppa un percorso che analizza le possibili relazioni tra arte, mistica, filosofia e scienza: dallo studio delle lettere ebraiche e arabe nel loro valore numerico, ai principali concetti di mistica ebraica come l’Etz Chaim, l’albero della vita, le Sephirot, le dieci emanazioni divine o gli Hekhalot, i setti palazzi celesti. Vengono poi esplorate le possibili correlazioni tra Kabbalah e scienza, tra lo Tzimtzum di Itzhak Luria e l’origine dell’universo passando per la teoria del Big Bang. Un possibile esempio in questo senso è rappresentato dal numero 137 il valore ghematrico di Kabbalah (kuf 100, bet 2, lamed 30, hei 5) che in fisica corrisponde alla costante di struttura fine, indicata con α. Un parametro che mette in relazione le principali costanti fisiche dell’elettromagnetismo, la capacità di un elettrone di assorbire un fotone e produrre energia. [...]

L'articolo prosegue sul Portale dell'ebraismo italiano moked.it


OyOyOy!:
il gran finale con Jonathan Kashanian

OyOyOy“Chiudiamo l’edizione 2010 di OyOyOy! con la voglia di ricominciare, pensando già al prossimo anno” spiega Elio Carmi, vicepresidente della Comunità ebraica di Casale. Cala, dunque, il sipario sulla quinta edizione del Festival internazionale di cultura ebraica. La oramai celebre rassegna monferrina si è conclusa ieri, domenica 23 maggio, con due protagonisti d’eccezione: il vino, “medicina e succo della vita”, dal titolo della conferenza della dottoressa Victoria Acik, e Jonathan Kashanian, vincitore dell’edizione 2006 del Grande Fratello e noto showman televisivo.
“Secondo quanto si legge nel Talmud” ha spiegato la Acik durante il primo incontro della giornata, organizzato nel cortile delle Api della comunità di Casale “al mondo non vi è nulla che abbia dato tanti dispiaceri all’uomo come il vino. Dall’altra parte i maestri ricordano anche come non vi sia gioia nella festa senza vino”. Vino e tradizione ebraica hanno un legame profondo quanto antico “Noè” racconta la dottoressa “portò nell’arca alcuni tralci di vite. Purtroppo, al momento di piantarli, spuntò il perfido Satan che riuscì a sacrificare sul terreno un agnello, un leone, una scimmia e un maiale. Da allora se si beve un bicchiere di vino si diventa mansueti come agnellini; due, coraggiosi come leoni; tre, ci si scatena come scimmie; quattro, ci si rotola come maiali”. Anche nella tradizione ebraica, inoltre, si fa riferimento alla loquacità che il vino porta con sé: il celebre aforisma latino “in vino veritas”, infatti, corrisponde all’ebraico “nichnas yayn, yotzè sod”(entra vino, esce un segreto).
Di kasherut ha parlato Roberto Robotti, cuoco e cofondatore dell’Associazione Gan Ha Gefen, che ha poi guidato il pubblico nella  degustazione di vini e assaggi kasher.
Ultimo atto del festival è stato l’incontro dal titolo “Essere giovani a Gerusalemme oggi” con l’artista Jonathan Kashanian e la professoressa Sarah Kaminski, docente di ebraico all’università di Torino. Prendendo spunto dalla pubblicazione di La vita graffiata (edizioni Sonda) della scrittrice israeliana Tamar Verete-Zehavi, diario di un’adolescente vittima di un attentato terroristico, i relatori hanno dialogato sulla complessità della società israeliana, dinamica, vitale ma lacerata da un conflitto interminabile. “In Israele, i miei amici e coetanei” sostiene Jonathan, israeliano di nascita ma in Italia dall’età di tre anni “hanno un incredibile fede nel futuro, hanno voglia di vivere e sperimentare. Dopo l’esercito, passaggio obbligato per qualsiasi diciottenne, i ragazzi israeliani raggiungono una consapevolezza diversa della vita: sanno quanto è prezioso il tempo a nostra disposizione e sembrano non volerne sprecare nemmeno un minuto. Carpe diem dicevano i latini”. Dietro al cappello e l’abito elegante, Jonathan sfodera una capacità e lucidità di analisi che nell’immaginario, forse pregiudizio, comune non si addice a un ex grandefratelliano. “Cultura e intelligenza non hanno confini” racconta lo showman “non importa dove ti trovi, che tu sia al Gf o alla conferenza intellettuale, non puoi cambiare ciò che sei”. Anzi con un sorriso confessa “nel mio piccolo sono riuscito a portare nelle case degli italiani un’idea diversa di Israele e del mondo ebraico. La risposta del pubblico è sempre stata di grande curiosità e forse ho contribuito al venir meno di alcuni pregiudizi”. Poi un sguardo al libro della Zehavi “in La vita graffiata” spiega Kashanian “emerge la normalità della società israeliana, così vicina e allo stesso tempo così lontana dalla nostra. I giovani di Tel Aviv, Haifa, Eilat leggono i Viaggi di Gulliver o Harry Potter, ascoltano Bob Marley ma dall’altra parte si confrontano con un conflitto duro e doloroso”. Su questa contraddizione riflette anche la professoressa Kaminski “nel libro viene presentata la realtà israeliana, lacerata dalla guerra ma allo stesso tempo viva, allegra. Si parla di una ragazza adolescente, della sua voglia di innamorarsi ma anche della difficoltà di superare la perdita di un amica (ndr uccisa nell’attentato), della ricerca sofferta e tumultuosa di comprendere, della fatica di perdonare”. Sono le difficoltà, i graffi di una società che vive il presente intensamente, non si perde mai d’animo: “dopo uno degli attentati a Tel Aviv” ricorda Jonathan “moltissimi soldati furono dispiegati nelle strade della città. Dovevano pattugliare uffici, discoteche, autobus con orari massacranti. Bene, in quei giorni anche le mamme scesero nelle piazze per portare a questi soldati cibo e sostegno. Un esempio di solidarietà e di coesione sociale. Perché la vita va avanti”. Israele è questo ed è molto di più “è il paese in cui centinaia di culture convivono e si influenzano” spiega entusiasta Jonathan “è il paese dei profumi, delle spezie, dei sapori conditi dal calore mediorientale. Io vado in Israele circa cinque volte l’anno e ogni volta me ne innamoro. Vi sfido ad andarci e rimanere indifferenti davanti alla sua bellezza”. 

Daniel Reichel

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  Sostenere Israele con parole, gesti e azioni

donatella di cesareNon si aiuta Israele parlando in prima persona, con tanti “io” e molti aggettivi possessivi - come se la questione fosse una faccenda personale. E tanto più grave è che in questi interventi di Ugo Volli, che si ripetono oramai da mesi, più o meno sempre uguali, vengano usati toni irritantemente vittimistici e viscerali. Sembra che le parole non siano il risultato di una riflessione, ma vengano lanciate contro l’interlocutore o il lettore. Mirare alle viscere, piuttosto che al cuore e alla ragione, non è solo rischioso, ma è anche profondamente deleterio.
Imprudenti e inappropriati sono termini come “pazzo criminale dalle parti di Teheran”, “matti in giro” per i neonazisti o addirittura “dementi” per i fascisti che hanno minacciato Riccardo Pacifici. Perché vuol dire già in qualche modo assolverli escludendoli dall’universo della ragione. La sconsideratezza arriva poi a tirare in ballo Umberto Eco che nella “Bustina di Minerva”, pubblicata nell’Espresso del 20 maggio 2010 prende posizione contro il manifesto, firmato da Gianni Vattimo, per boicottare le università israeliane. Accusare qui Eco che motivo avrebbe? Questi interventi non servono a pensare; sono solo distruttivi.
Difendere, sostenere, aiutare Israele è tutt’altro. Lo si può fare con parole, gesti, azioni. E forse i modi meno chiassosi e appariscenti sono anche i più preziosi ed efficaci. Basterebbe che ciascuno, e ciascuno a proprio modo, realizzasse ogni giorno una piccola cosa per Israele. Oppure raccontasse di Israele - per spiegare anche a chi non lo sa (o non lo vuol sapere) quanto sia fondamentale per il mondo la sua presenza.

Donatella Di Cesare, filosofa
 
 
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Bartali potrebbe trovare posto tra i Giusti della Shoah
Roma - È giunto in questi giorni allo Yad Vashem di Gerusalemme una prima testimonianza dell'impegno del grande ciclista Gino Banali nel salvataggio di alcune centinaia di ebrei italiani dall'Olocausto, un'informazione sulla quale da tempo sta lavorando la storica Sara Funaro, ma che finora non era stata suffragata da riscontri diretti. Il bollettino dell'Unione delle Comunità ebraiche italiane, ventila la possibilità che Bartali possa trovare posto tra i Giusti del museo dell'Olocausto. Giulia Donati, fiorentina residente in Israele, ha ricordato, in una memoria inviata allo Yad Vashem, che il ciclista avrebbe aiutato la sua famiglia recapitando, nascosti nella bicicletta, documenti falsificati. Il ciclista avrebbe approfittato dei giri di allenamento tra Toscana e Umbria per fare la sua parte in una rete che portò in salvo circa 800 ebrei, con base al convento di suore di san Quirico.
Corriere dello Sport, 24 maggio 2010  

Bartali fu un giusto salvando centinaia di ebrei
E' arrivata la prima testimonianza a Gerusalemme

E' giunto allo Yad Vashem di Gerusalemme una prima testimonianza dell'impegno di Gino Bartati nel salvataggio di alcune centinaia di ebrei italiani dall'Olocausto, un'informazione sulla quale da tempo sta lavorando la storica Sara Funaro, ma che finora non era stata suffragata da riscontri diretti. Lo riferisce il bollettino dell'Unione delle Comunità ebraiche italiane, ventilando la possibilità che un domani Gino Bartali possa trovare posto tra i Giusti del museo israeliano. La testimonianza è a firma di Giulia Donati, fiorentina residente in Israele.
La Nazione di Firenze, 24 maggio 2010  

Shoah: testimone, Gino Bartali aiutò centinaia ebrei a fuggire
E' giunto in questi giorni allo Yad Vashem di Gerusalemme una prima testimonianza dell'impegno del grande ciclista Gino Bartali nel salvataggio di alcune centinaia di ebrei italiani dall'Olocausto, un'informazione sulla quale da tempo sta lavorando la storica Sara Funaro, ma che finora non era stata suffragata da riscontri diretti. Lo riferisce il bollettino dell'Unione delle Comunità ebraiche italiane, ventilando la possibilità che un domani Gino Bartali possa trovare posto tra i "Giusti" del museo israeliano dell'Olocausto. La testimonianza è a firma di Giulia Donati, fiorentina residente in Israele, la quale ha ricordato, in una memoria inviata allo Yad Vashem, che il ciclista avrebbe aiutato la sua famiglia recapitando, nascosti nel sellino e nel manubrio della sua bicicletta, documenti falsificati. Secondo quanto risulta dalle ricerche della Funaro, riportate da 'Moked', il ciclista avrebbe approfittato dei suoi giri di allenamento tra Toscana e Umbria per fare la sua parte in una rete di salvataggio che portò in salvo circa 800 ebrei, con base al convento di suore di san Quirico.

Ansa, 23 maggio 2010

Ebrei: masce 'David', periodico per comunità' che cresce
Una nuova testata diretta alle generazioni più giovani delle comunità ebraiche italiane sta per nascere a cura di "Pagine Ebraiche", mensile dell'Ucei, al quale sarà allegato. Lo ha annunciato il direttore di Pagine ebraiche, Guido Vitale, dalle colonne dell'Osservatore romano, con il quale il mensile ha da tempo un rapporto di scambio e reciproca ospitalità. L'allegato per i giovanissimi - ha spiegato Vitale - dovrebbe intitolarsi "David" e già si sta lavorando al numero zero, con la prospettiva di lanciarlo a fine agosto, prima dell'inizio dell'anno scolastico 2010-2011. "Avrà un piede nella fantasia e un piede nell'informazione", ha affermato il direttore, aggiungendo che "l'iniziativa non vuole essere solo un gesto concreto di attenzione per le giovani generazioni e un 'investimento' sul futuro, ma anche segnare l'inizio di un più ampio lavoro di coordinamento tra le scuole ebraiche italiane e le ventuno comunità ebraiche, grandi o piccolissime, presenti in Italia".
Ansa, 23 maggio 2010

A settembre il giornale per i piccoli delle comunità ebraiche
'Pagine ebraiche', il mensile delle comunità ebraiche italiane, lancia una versione per bambini - 'David' il nome provvisorio - e a parlarne per primo è l''Osservatore romano'. "L'appuntamento è per settembre, in tempo per l'apertura del prossimo anno scolastico", si legge sul prossimo numero di 'Pagine ebraiche'. "Numeri zero, ipotesi grafiche, e docenti, rabbini, giornalisti, dirigenti scolastici, esperti di pedagogia e i formidabili disegnatori che già collaborano con il giornale dell'ebraismo italiano sono a confronto per ragionare su cosa questa nuova testata avrà da dire". "Avrà un piede nella fantasia e un piede nell'informazione", ha spiegato all''Osservatore Romano', il giornale vaticano, Guido Vitale, direttore del mensile dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. "L'iniziativa - aggiunge - non vuole essere solo un gesto concreto di attenzione per le giovani generazioni e un 'investimento' sul futuro, ma anche segnare l'inizio di un più ampio lavoro di coordinamento tra le scuole ebraiche italiane e le ventuno comunità ebraiche, grandi o piccolissime, presenti in Italia".
             
Apcom,
23 maggio 2010

Gaza, trenta miliziani dal volto coperto 
devastano il campo Onu per bambini

Gaza - Un attacco sferrato la scorsa notte da un commando di una trentina di miliziani contro le infrastrutture di un campo estivo dell'Unrwa (l'agenzia dell'Onu per i rifugiati palestinesi) su una spiaggia di Gaza ha provocato nella Striscia un'ondata generale di esecrazione. Un esponente dell'Unrwa l'ha definito «un attacco contro la felicità dei bambini» e ha assicurato che la sua organizzazione non si lascerà comunque intimidire. Giunti sulla spiaggia di Sheikh Ajalin, alla periferia di Gaza City, alcune decine di uomini dal volto coperto hanno immobilizzato il guardiano e hanno appiccato il fuoco ai giochi e alle tende già erette per ospitare fra alcune settimane i bambini in vacanza. Al guardiano hanno anche lasciato una lettera minatoria indirizzata ai responsabili dell'Unrwa in cui, a quanto pare, l'ente delle Nazioni Unite viene accusato di «invasione culturale» fra i giovanissimi di Gaza. […]
Il Messaggero, 24 maggio 2010

Cinque per mille, la grande corsa. La posta in gioco 400 milioni
La torta è allettante: può arrivare fino a 400 milioni di euro. E' quanto la finanziaria 2010 ha stabilito che possa essere ripartito quest'anno con il meccanismo del «cinque per mille». I contribuenti, in occasione della prossima dichiarazione dei redditi, potranno esprimere la preferenza su come, e a chi, destinare il cinque per mille della loro Irpef (imposta sul reddito delle persone fisiche). In sostanza, ogni mille euro di Irpef, cinque devono andare al destinatario indicato dal contribuente. L'entità della torta e la sua ripartizione dipenderà quindi da due elementi: il totale delle imposte (su cui si calcola il cinque per mille); le scelte dei cittadini. Se il contribuente non fa nessuna scelta (non è obbligatoria), il cinque per mille confluisce nelle casse statali. Lo Stato, con la finanziaria 2010, ha comunque garantito se stesso, indicando nel limite massimo di 400 milioni di euro la somma massima da erogare con il cinque per mille. La cifra sarà raggiunta? Difficile dirlo perché dipende dall'incasso totale delle imposte che, quest'anno, rischia di non essere esorbitante considerando che la prossima dichiarazione dei redditi è relativa all'anno fiscale 2009. Ossia, un anno non certo felice vista la crisi economica che vi è stata. […]
Nuccio Natoli, Nazione-Carlino-Giorno, 24 maggio 2010

 
 
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Barak: “Egitto colonna portante del Medio Oriente”
Tel Aviv, 24 mag -
Il responsabile dei servizi di sicurezza egiziani Omar Suleiman si è incontrato oggi con il ministro della difesa israeliano Ehud Barak. "L'Egitto è la colonna portante della realtà in Medio Oriente e in Africa", ha affermato il ministro israeliano in occasione dell'incontro, e ha aggiunto parole di elogio per il ruolo regionale di guida mantenuto dall'Egitto che, ha ricordato, è stato il primo Paese arabo a firmare la pace con Israele. Suleiman, da parte sua, ha precisato di essere giunto nella fiducia di poter dare impulso ai negoziati indiretti israelo-palestinesi la cui riuscita, ha precisato, è legata al mantenimento della stabilità regionale facendo riferimento alle recenti tensioni fra Israele, da un lato, e Libano e Siria dall'altro.


Legge Shalit per inviare un segnale forte ad Hamas,
che detiene il soldato israeliano privandolo di ogni diritto

Gerusalemme, 23 mag -
Una nuova proposta di legge che ha popolarmente assunto il nome “Shalit” ha ricevuto l'assenso della commissione ministeriale israeliana per le questioni legislative. La legge vuole limiterà i diritti di visita ai detenuti palestinesi, a eccezione degli incontri con i legali e delle ispezioni della Croce Rossa Internazionale.  Ovvio il riferimento al soldato Shalit, prigioniero di Hamas da quattro anni senza poter ricevere visite della Croce Rossa, senza alcun contatto con altri organi indipendenti che possano verificare le sue condizioni di salute e di detenzione e senza poter comunicare con la famiglia. La proposta che gode di un sostegno bipartisan per diventare legge dovrà essere votata alla Knesset in prima, seconda e terza lettura. Il deputato Danny Danon (Likud), uno dei firmatari dell'iniziativa, ha detto che la legge intende lanciare a Hamas un "chiaro messaggio: il trattamento da Vip per i palestinesi nelle carceri israeliane sta per finire".

 
 
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